Equitalia e pignoramento di conti correnti: strumento sempre più diffuso
di Cristoforo Florio
Il pignoramento dei conti correnti bancari rientra nel più ampio
genus della
espropriazione dei crediti presso terzi e rappresenta uno strumento di riscossione coattiva dei crediti erariali che Equitalia sta utilizzando, con
sempre maggiore frequenza, nell’esercizio della sue funzioni di recupero dei crediti erariali.
La disciplina che ci accingiamo ad esaminare è rinvenibile nell’art. 72-bis del D.P.R. n. 602/1973 che ricalca, pur se con alcune importanti differenze che vedremo nel prosieguo, le disposizioni contenute negli artt. 543 e ss. c.p.c.
In sintesi e senza pretese di esaustività, in ambito civilistico il pignoramento presso terzi si attua mediante la notifica al terzo e al debitore di una ingiunzione che contiene:
- l’indicazione del credito per il quale si procede nonché gli estremi identificativi del relativo titolo di legittimazione;
- l’indicazione, anche generica, del credito o del bene in possesso del terzo ma dovuti al debitore;
- l’intimazione al terzo di non disporre dei beni o dei crediti nella titolarità del debitore senza l’ordine del giudice e
- la citazione del debitore e del terzo a comparire davanti al giudice ordinario per rendere la dichiarazione in ordine alla effettiva natura ed entità dei diritti vantati.
Una volta notificato l’atto di pignoramento, si apre una prima fase giudiziale che potrebbe concludersi con il riconoscimento del debito da parte del terzo e, quindi, con la pronuncia del giudice di assegnazione del bene o del credito in favore del creditore procedente. Se invece il terzo non rende alcuna dichiarazione oppure dichiara di non possedere alcun bene o diritto di spettanza del debitore si apre, normalmente su istanza del creditore, un processo di cognizione, finalizzato ad accertare l’esistenza del bene o del credito pignorato.
In ambito tributario, invece, l’art. 72-bis sopra citato semplifica notevolmente la procedura civilistica precedentemente descritta. Infatti, la norma attribuisce all’Agente della riscossione il potere di ordinare al terzo di versare direttamente nelle casse di Equitalia l’importo delle somme dovute al debitore, fino a concorrenza del debito iscritto a ruolo, il tutto senza alcun coinvolgimento del giudice dell’esecuzione. In buona sostanza, nell’ambito alla riscossione tributaria, la normativa vigente autorizza Equitalia ad una sorta di espropriazione immediata dei crediti del debitore verso terzi; se nel processo esecutivo ordinario l’effetto traslativo del credito deriva dall’ordinanza di assegnazione di un giudice, nel procedimento di riscossione tributaria esso è imputabile esclusivamente all’ordine di pagamento nei confronti dell’ente di riscossione, senza alcun intervento da parte del magistrato.
Solo nel caso di inottemperanza all’ordine di pagamento da parte del terzo, si applicheranno le disposizioni di cui all’art. 72, comma 3, del D.P.R. n. 602/1973, ovvero l’Agente della riscossione dovrà procedere secondo le regole ordinarie del codice di procedura civile (citazione del terzo con l’invito dello stesso a comparire davanti al giudice dell’esecuzione).
La disciplina in esame trova applicazione per la generalità dei crediti vantati dal debitore iscritto a ruolo, a prescindere dal titolo degli stessi. Restano esclusi dalla pignorabilità tributaria i crediti pensionistici e quelli di cui all’art. 545, commi 4, 5 e 6, c.p.c., a mente del quale sono impignorabili i crediti alimentari (tranne che in alcuni specifici casi) ed i crediti per sussidi per maternità, malattie e funerali da casse di assicurazione. Restano, invece, pignorabili – nei limiti di un quinto – i crediti per stipendi e indennità per cessazione del rapporto di lavoro, sia per i rapporti di diritto pubblico che di diritto privato.
Secondo le disposizioni contenute nell’art. 72-bis in esame, il terzo (nella nostra analisi, l’istituto di credito) deve provvedere al pagamento a beneficio del creditore (Equitalia) nel termine di sessanta giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica; per le somme il cui diritto alla percezione sia maturato, invece, successivamente, il terzo sarà obbligato al versamento nei confronti del creditore alle rispettive scadenze.
Con specifico riferimento al pignoramento del conto corrente bancario, Equitalia (creditore) ha pertanto il potere di ordinare alla banca (terzo) di versare nelle casse erariali le somme di denaro depositate dal contribuente (debitore) sul proprio conto corrente, fino a concorrenza del credito per cui si è proceduto.
Al riguardo giova da subito evidenziare che è esclusa la pignorabilità delle c.d. “rimesse”, ossia quei versamenti che, nel contratto bancario di apertura di credito, vengono effettuati dal titolare del conto corrente “affidato” per ridurre o estinguere il saldo debitore del conto medesimo. Tali versamenti, infatti, hanno funzione meramente ripristinatoria della provvista e, pertanto, non rappresentano un obbligo restitutorio della banca verso il titolare del conto.
Ma quali sono le tutele del contribuente dinanzi a tale azione coattiva proposta dall’Agente della riscossione?
Non di rado, infatti, accade che l’atto di pignoramento non sia notificato al contribuente/debitore oppure non sia notificato tempestivamente e la banca si affretti nell’ottemperare all’ordine di pagamento impartito da Equitalia. Da più parti è stato già proposto di modificare la normativa vigente, prevedendo che il pignoramento presso terzi sia inefficace sino a quando non venga notificato al debitore iscritto a ruolo, obbligando così il terzo (banca) a richiedere all’agente della riscossione la prova dell’avvenuta notifica nei confronti del contribuente, prima di darvi esecuzione. Trattandosi, infatti, di un rapporto diretto fra Agente della riscossione e terzo, senza un obbligo specifico per questo ultimo di informare preventivamente il suo creditore, c’è il pericolo che l’istituto di credito paghi per un debito ormai estinto (si pensi all’ipotesi in cui sia intervenuta una sentenza favorevole al contribuente non tempestivamente seguita dallo sgravio ad opera dell’Agenzia delle Entrate). Circa la mancanza di obblighi specifici di comunicazione al cliente si vedano anche le interessanti pronunce dell’Arbitro Bancario e Finanziario – Collegio di Roma (Decisione n. 2813 del 03 settembre 2012 e Decisione n. 252 del 7 febbraio 2011), in cui viene chiarito che il formale rispetto della disposizioni in tema di pignoramento presso terzi ex D.P.R. n. 602/1973 non esaurisce il panorama degli obblighi gravanti sulla banca, atteso che il rapporto negoziale in essere con il cliente impone alla medesima doveri di trasparenza e informazione e, pertanto, non può escludersi a priori una responsabilità dell’istituto di credito discendente dal dovere generale di diligente e corretta esecuzione del mandato ai sensi dell’art. 1856 cod.civ.
Va inoltre rilevato che, in caso di conti correnti cointestati, Equitalia non può procedere al pignoramento “extragiudiziale” ma dovrà agire secondo la procedura “ordinaria”, con il necessario coinvolgimento di un giudice. Il conto bancario o postale “cointestato” rientra, infatti, nella nozione di “bene comune indiviso”, la cui espropriazione è disciplinata dalle regole generali del codice di procedura civile; in tale ipotesi e in mancanza di una prova contraria, gli intestatari del conto corrente – ai sensi degli artt. 1852 e ss. cod.civ. – sono considerati creditori solidali della banca e le rispettive quote si presumono uguali. Ne consegue che l’istituto di credito non potrà automaticamente eseguire le istruzioni impartite dall’Agente della riscossione in merito all’apposizione del vincolo sul conto corrente; se Equitalia procedesse, infatti, secondo la normale riscossione esattoriale pignorerebbe l’intero saldo di conto corrente, il cui 50% appartiene, invece, a un soggetto diverso (non debitore). Solo una volta ottenuta la divisione del bene comune (conto corrente) diventerà possibile l’assegnazione al creditore pignorante.
È facile intuire che, in questa ipotesi, il procedimento di recupero coattivo diverrà molto più lungo, pur se le somme depositate sul conto corrente resteranno indisponibili, in attesa dell’udienza dinanzi al giudice.