27 Febbraio 2016

Errore scusabile: alla ricerca di una estensione

di Comitato di redazione
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L’introduzione nell’articolo 15-ter del DPR 602/1973 del concetto di errore scusabile rappresenta, certamente, una testimonianza di ragionevolezza, senso di praticità e volontà di recuperare serenità nel rapporto tra Fisco e contribuente.

Poco importa se il limite di tolleranza sia giudicato ampio o risicato, sufficiente o carente; ciò che pare davvero importante è l’avere codificato un principio di buon senso che consente di ritenere tempestivo un adempimento che, formalmente, sia stato posto un essere poco dopo lo spirare del termine, oppure per un importo di poco inferiore rispetto a quello dovuto.

Insomma, chi paga con poche ore di ritardo o con pochi euro di differenza non dà certo dimostrazione di non voler adempiere alla pretesa; casomai potrà essere tacciato di essere sbadato o distratto, ma per questo esiste una specifica sanzione che punisce i ritardi e non vi è certo bisogno di escluderlo dal regime premiale che gli avrebbe assicurato una maggiore tempestività o precisione.

Come noto, il richiamato concetto di errore di lieve entità (e, come tale scusabile) interessa i versamenti rateali con l’Agenzia, in modo da tollerare ritardi temporali nel pagamento della prima rata (7 giorni) ed errori sugli importi (3% del dovuto con un massimo di 10.000 euro).

Tali disposizioni sono state rese applicabili alle rateazioni disposte a seguito:

  • delle comunicazioni degli esiti derivanti da controllo automatizzato o formale (c.d. avvisi bonari);
  • dell’accertamento con adesione;
  • della definizione per omessa impugnazione (c.d. acquiescenza);
  • della mediazione;
  • della conciliazione giudiziale.

Medesimi effetti benefici si producono nel caso di patologie verificativi laddove il contribuente scelga di effettuare il versamento in unica soluzione.

Si poneva allora il dubbio in merito al fatto che tale agevolazione fosse estendibile ad altre forme di pagamento, quale quella della definizione agevolata delle sole sanzioni.

L’Agenzia delle entrate, durante i Forum dello scorso mese di gennaio, ha manifestato parere negativo.

Il Legislatore delegato, a parere delle Entrate, avrebbe inteso circoscrivere la disciplina del lieve inadempimento ai soli istituti in precedenza menzionati.

Quindi, tutto ciò che non è richiamato esplicitamente risulterebbe escluso dal beneficio.

Tale concetto, a nostro avviso, andrebbe diametralmente rimeditato, per il semplice fatto che pare poco logico limitare la tolleranza ad alcune casistiche, discriminandone delle altre che, nella sostanza, si pongono nel medesimo senso verso il contribuente.

Perché si deve tollerare il lieve ritardo sull’acquiescenza e non sul provvedimento di definizione delle sanzioni?

Nel primo caso, vengono contestate imposte e sanzioni, nel secondo solo queste ultime.

E quale sarebbe, allora, la ratio di tale discrimine?

Forse che deve solo imposta appare più meritevole di chi l’imposta ha versato regolarmente?

Come si ha modo di apprezzare da una riflessione rapida sul tema, le conclusioni cui giunge l’Agenzia non paiono per nulla condivisibili, pur consci che il riferimento letterale sembra deporre per una chiave di lettura di natura restrittiva.

Ma il Fisco, così come ogni altra cosa, deve essere guidato innanzitutto dal buon senso.

La norma collocata nel DPR 602/1973 pare piuttosto essere assimilabile ad un concetto generale che ben meglio sarebbe stato inseribile nello Statuto dei diritti del contribuente; non può che trattarsi di un principio di portata generale che, se così non letto, finisce per essere poca cosa.

Non possiamo dimenticare, peraltro, che prima ancora del varo della disposizione, talune DRE (prima fra tutte quella della Lombardia) aveva invitato i Direttori Provinciali ad applicare con buon senso la norma sulla decadenza dai piani rateali, riconoscendo la necessità di distinguere tra caso e caso, premiando il contribuente che, seppur non “perfetto” avesse dato prova e dimostrazione nei fatti di volere adempiere.

L’esempio che qui abbiamo riportato rischia, allora, di minare l’intera credibilità delle Istituzioni, assimilandole a meri automi che applicano la norma senza alcun raziocinio.

Ancora, la risposta fornita pare porsi in aperto contrasto con i proclama che sono stati diramati a livello locale, rischiando di mettere in imbarazzo (anziché spronare) coloro che si sono fatti promotori di tentativi di evoluzione del Fisco.

Alla luce di quanto sopra esposto, dunque, e con tutti i condizionali del caso, a noi pare che si debba concludere per una applicabilità ad ampio raggio della norma sull’errore scusabile, senza alcun timore che ciò determini una sorta di spirito di disattenzione in capo al contribuente che, sapendo dell’esistenza della tolleranza, intenda approfittarsene.

Così non è per il semplice fatto che il suo ritardo trova già un contraltare nella sanzione per la tardività e questo basta per scoraggiare qualsiasi tentazione di disobbedienza.

Un po’ di buon senso, crediamo, possa valere più di mille norme punitive.

Vediamo quale sarà, nei fatti, la dimostrazione che darà di sé l’Agenzia delle entrate, magari sollecitando il Legislatore, come spesso fa, all’introduzione di norme di chiarimento che servano a superare senza indugi il guado.