27 Gennaio 2022

Esclusa la responsabilità professionale se l’incarico non si estende alla specifica attività

di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365
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Quando un professionista decide di accettare un incarico sarebbe sicuramente buona prassi formalizzare dettagliatamente le attività che formano oggetto del mandato e quelle, che, invece, devono ritenersi escluse, per evitare di correre il rischio (frequente nella prassi) di vedersi ritenuto responsabile di qualsiasi adempimento cui risulta essere obbligato il cliente.

Da questo punto di vista, diciture ampie come “adempimenti contabili e fiscali”, spesso contenute nei preventivi di spesa e nei mandati professionali, possono generare forti contrasti a causa dell’indeterminatezza che comportano.

Anche i modelli di mandato predisposti, ad esempio, dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili, riportano nel dettaglio le attività che possono ritenersi ricomprese nell’ambito delle più generali prestazioni richiamate, e, soprattutto, recano un dettagliato esempio di “attività escluse”, prevedendo la necessità di uno specifico incarico e preventivo per le stesse.

Queste considerazioni assumono particolare rilievo nell’ambito di fattispecie come quella analizzata dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2349, depositata ieri, 26 gennaio.

La vicenda, fortunatamente, si è conclusa con il rigetto della domanda di risarcimento danni avanzata dalla società cliente, ma la circostanza che il professionista abbia dovuto “subire” un così lungo iter giudiziario, giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, lascia comprendere l’importanza della questione in esame.

Una società aveva conferito, nel 2011, mandato professionale ad un commercialista per la tenuta della documentazione contabile e fiscale della società e per gli adempimenti relativi. Ad avviso degli amministratori della società, l’incarico comprendeva anche la trasmissione di tutte le comunicazioni previste nei confronti degli organismi di vigilanza, e, in particolare, della Banca d’Italia (operando la stessa società nel settore finanziario).

Sennonché, nell’anno 2021, la società riceveva comunicazione di un procedimento sanzionatorio da parte della Banca d’Italia, non essendo stata comunicata la composizione degli organi sociali. Sempre lo stesso anno, poi, alla società veniva notificata una sanzione dalla Camera di Commercio, per non essere stato tempestivamente depositato il bilancio.

Tenuto conto anche della mancata alimentazione dell’archivio unico antiriciclaggio, la società veniva cancellata dall’albo speciale delle società autorizzate al credito.

Alla luce degli eventi appena richiamati la società richiedeva un risarcimento danni al commercialista.

Il professionista si difendeva evidenziando che i rapporti con la Banca d’Italia non rientravano nel suo mandato e i giudici di primo e secondo grado rigettavano le richieste della società.

Ad avviso della società queste difese non apparivano condivisibili, considerato che il contenuto degli incarichi era stato ricostruito interamente sulla base dei preventivi rilasciati dal professionista, i quali non comprendevano alcun richiamo alle comunicazioni alla Banca d’Italia.

Secondo l’interpretazione prospettata dalla società, pertanto, i suddetti preventivi potevano rappresentare un indizio, ma non una prova dell’effettivo incarico conferito.

La Corte di Cassazione, però, non ha accolto le ragioni della società, dichiarando inammissibile il ricorso e non ritenendo pertanto sussistente alcuna responsabilità in capo al professionista.