Esenzione da imposta di donazione su quote e aziende: un ritorno alle origini
di Ennio VialIl comma 4 ter, dell’articolo 3, D.Lgs. 346/1990, reca la disciplina di esenzione relativa al passaggio di aziende e partecipazioni societarie al coniuge e ai discendenti a seguito di donazioni o successioni. La norma, tradizionalmente, subordina la misura agevolativa ad un periodo di detenzione di 5 anni da parte degli aventi causa. Qualche aspetto, tuttavia, è stato sempre fonte di dubbi applicativi.
Ad esempio, la norma prevede come requisiti la prosecuzione dell’attività di impresa o la detenzione del controllo per un periodo quinquennale da parte degli aventi causa. In prima battuta, gli operatori avevano ritenuto che la prosecuzione dell’attività d’impresa fosse un requisito relativo al trasferimento di azienda, mentre la detenzione del controllo sembrava essere una prerogativa dei trasferimenti di partecipazioni. Nel corso degli anni, tuttavia, i due requisiti si sono spesso confusi e, soprattutto in relazione alle quote di società di persone, si è assistito ad una certa commistione.
L’esenzione in relazione alle quote di soci accomandanti, ad esempio, ha trovato giustificazione non tanto con il controllo quanto con una prosecuzione in qualità di soci dell’attività di impresa della società.
Ad ogni buon conto, la normativa era stata interpretata in modo molto aperto dall’Amministrazione finanziaria, in quanto l’esenzione era riconosciuta senza particolari condizioni in relazione alla attività svolta dalla società oggetto di trasferimento.
Del resto, la norma non impone alcun requisito in ordine alla concreta attività svolta dalla società che ben avrebbe potuto essere una holding, una liquidity company o un a immobiliare di gestione.
Nel corso degli ultimi anni, tuttavia, si è assistito ad un cambiamento di rotta sia da parte degli Uffici che da parte della giurisprudenza, per cui sono risultati non agevolabili i trasferimenti di società immobiliari di gestione o di holding, nel caso in cui queste non detenessero il controllo di una società dotata di un’azienda.
Si tratta di un approccio discutibile che non trova riscontro, oltre che nella lettera della norma, anche in eventuali ragioni di ordine logico sistematico.
La nuova formulazione del comma 4 ter, dell’articolo 3, D.Lgs. 346/1990, rappresenta, per certi versi, un ritorno alle origini, in quanto viene razionalizzata la disciplina applicabile a seconda dei singoli casi, ossia:
- il passaggio di aziende;
- il passaggio di quote di società di capitali;
- il passaggio di quote di società di persone;
- il passaggio di società estere.
Per le aziende è richiesta la prosecuzione dell’attività di impresa. Per le società di capitali, invece, è richiesto il controllo inteso come maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria (controllo di diritto).
Per le società di persone è richiesta la mera detenzione della quota societaria. Viene finalmente posto fine a quell’ambiguità e inadeguatezza che i criteri della prosecuzione dell’attività di impresa e del controllo portavano in caso di quote di società di persone. Ora, come già segnalato, è sufficiente la mera detenzione della partecipazione.
In caso di società estere, infine, è previsto che siano rispettati i medesimi requisiti richiesti per le partecipazioni domestiche.
Nessun requisito è chiesto dalla norma in relazione alla attività della società oggetto di trasferimento che ben potrebbe essere una società holding, senza necessità di indagare la natura delle partecipazioni da essa detenute.
Seppur timidamente, quindi, si coglie nella nuova norma un rifiuto delle recenti tesi restrittive sviluppate dall’Agenzia delle entrate e avallate da taluna giurisprudenza. Il trasferimento di una holding, pertanto, richiederà solamente la detenzione quinquennale da parte dei donatari o discendenti. Se si tratta di una società di capitali, questi dovranno detenere il controllo di diritto (articolo 2359, comma 1. cod. civ.), mentre se si tratta di una società di persone sarà sufficiente detenere la partecipazione.
Nessuna indagine sarà dovuta sulla attività svolta dalle partecipate.