Esiste un limite temporale per l’introduzione temporanea di beni UE?
di Marco PeiroloPer i beni di origine intracomunitaria introdotti temporaneamente in Italia, l’articolo 38, comma 5, lett. a), del D.L. n. 331/1993 prevede un regime di sospensione dell’imposta, di regola dovuta per i trasferimenti di beni per le esigenze dell’impresa a norma dell’articolo 38, comma 3, lett. b), dello stesso D.L. n. 331/1993, se ricorrono determinate condizioni.
Non dà, infatti, luogo ad un acquisto intracomunitario l’introduzione nel territorio nazionale di:
- beni oggetto di perizie o di operazioni di perfezionamento o di manipolazioni usuali, a condizione che i beni siano successivamente trasportati o spediti al committente, soggetto passivo d’imposta, nello Stato membro di provenienza;
- beni temporaneamente utilizzati per l’esecuzione di prestazioni;
- beni che, se importati, beneficerebbero dell’ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi doganali.
Con particolare riguardo alle ultime due ipotesi, si pone il problema di stabilire se la sospensione d’imposta sia subordinata al rispetto di uno specifico limite temporale, nella specie quello – di matrice doganale – di 24 mesi previsto dall’articolo 140, par. 2, del Reg. CEE n. 2913/1992 (Codice doganale comunitario), successivamente “rifuso” nell’articolo 251, par. 2, del Reg. UE n. 952/2013 (Codice doganale dell’Unione).
In via di principio, tale termine dovrebbe applicarsi per le sole introduzioni di beni che, se importati, beneficerebbero dell’ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi doganali (es. fiere mercato) e non anche per quelle aventi per oggetto beni temporaneamente utilizzati per l’esecuzione di prestazioni (es. locazioni e noleggi).
La durata di 24 mesi prevista dalle disposizioni richiamate si riferisce, infatti, al regime doganale dell’ammissione temporanea ed, inoltre, il corrispondente articolo 17, par. 2, della Direttiva n. 2006/112/CE – nell’elencare le fattispecie che non danno luogo ad un “trasferimento a destinazione di altro Stato membro” – limita espressamente il suddetto termine alle introduzioni di beni vincolati al regime di ammissione temporanea.
La lacuna della normativa interna, che non fa espresso riferimento ad alcun limite temporale per nessuna delle due tipologie di introduzioni, è stata colmata dall’Amministrazione finanziaria.
La C.M. n. 13/1994, al punto B.1.3, ha precisato che, ove sia superata la durata temporale di permanenza nel territorio dello Stato prevista dalle disposizioni comunitarie che definiscono il regime dell’ammissione temporanea, “si realizza un’operazione assimilata ad un acquisto intracomunitario, con l’obbligo da parte del soggetto comunitario di assolvere i relativi adempimenti, anche mediante l’eventuale nomina di un rappresentante nel territorio dello Stato”.
Dal tenore letterale del chiarimento si desume che, per i beni temporaneamente utilizzati per l’esecuzione di prestazioni, l’acquisto intracomunitario non è configurabile indipendentemente dalla durata del relativo contratto (inferiore o meno a 24 mesi).
E, nello stesso senso, depone la R.M. n. VII-15-112 del 1993, ove in merito al noleggio temporaneo di imbarcazioni da diporto battenti bandiera britannica ha affermato che “l’introduzione in Italia dei menzionati mezzi di trasporto non dà luogo ad operazione rilevante ai fini doganali, per cui gli stessi possono liberamente circolare indipendentemente da limiti temporali e da vincoli di natura fiscale”.
Sennonché, con la risoluzione n. 252/2008, avente per oggetto l’introduzione in Italia di un simulatore di volo di proprietà del Ministero della Difesa dei Paesi Bassi concesso in locazione ad una società residente, l’Agenzia delle Entrate ha fornito una diversa interpretazione.
Viene puntualizzato, infatti, che “pur non essendo specificamente individuato dalla norma un termine temporale che definisca il concetto di «temporaneo utilizzo» può farsi utile riferimento ad una durata di 24 mesi utilizzata per definire la durata della ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi doganali, prevista come fattispecie di esclusione dell’acquisto intracomunitario dallo stesso comma 5, lett. a), dell’articolo 38 del D.L. n. 331 del 1993, nel quale è disciplinata anche la fattispecie dei beni introdotti nel territorio dello Stato ai fini di un temporaneo utilizzo”.
La tesi dell’Agenzia, oltre a porsi in contrasto con il dato letterale dell’articolo 17, par. 2, lett. g), della Direttiva IVA, risulta smentita dalla posizione del Comitato IVA dell’Unione europea.
Nel Working Paper n. 636 del 1° settembre 2009, l’organismo consultivo della Commissione europea, sollecitato dalle stesse Autorità fiscali italiane in merito alla corretta interpretazione dell’eventuale limite temporale per le introduzioni di beni da utilizzare per l’esecuzione di prestazioni, è pervenuto ad una soluzione diversa da quella contenuta nella risoluzione n. 252/E/2008. In pratica, il termine di 24 mesi si applica soltanto per i beni che, se importati, beneficerebbero dell’ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi, siccome l’intenzione del legislatore comunitario è quella di evitare che i beni provenienti da altri Paesi UE siano sottoposti a condizioni peggiori di quelle previste per i beni di origine extracomunitaria, in violazione del principio della parità di trattamento e, quindi, della neutralità dell’IVA.
A ben vedere, l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate si pone in contrasto con la normativa comunitaria anche sotto un ulteriore profilo.
L’articolo 17, par. 3, della Direttiva n. 2006/112/CE, nel regolare la cessazione della sospensione d’imposta prevista per i beni oggetto del trasferimento “senza vendita”, dispone che al venir meno delle condizioni alle quali è subordinato il regime sospensivo occorre provvedere alla regolarizzazione dell’invio dei beni nello Stato membro di destinazione, precisando che il trasferimento ha luogo nel momento in cui tali condizioni cessano di essere soddisfatte.
In buona sostanza, la regolarizzazione deve essere effettuata ex post, ma con effetti ex tunc, previa apertura di una posizione IVA in Italia al fine di rilevare l’acquisto intracomunitario “per assimilazione” dei beni oggetto dell’originario trasferimento.
L’Agenzia, invece, ha qualificato l’invio dei beni in Italia come acquisto intracomunitario “per assimilazione” non al momento in cui le condizioni sospensive cessano di essere soddisfatte, ma ab origine. Ed infatti nella risoluzione n. 252 del 2008 si afferma che, “non potendosi considerare l’introduzione finalizzata ad un’utilizzazione temporanea del bene, deve ritenersi che nella fattispecie in esame si realizzi un’operazione assimilata ad un acquisto intracomunitario (…)”.
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