18 Luglio 2015

Esportazioni a cura del cliente non residente privo di “VAT number”

di Marco Peirolo
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Una questione che le imprese si pongono nell’ambito delle cessioni all’esportazione riconducibili alla lett. b) dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972 è la possibilità di applicare il regime di non imponibilità quando il cliente del fornitore nazionale sia un operatore comunitario non residente privo di “VAT number.

In via preliminare, è opportuno puntualizzare che l’esportazione di cui alla citata lett. b) implica che l’invio dei beni al di fuori del territorio doganale comunitario debba essere curato direttamente dal cessionario non residente o da un trasportatore/vettore per suo conto e che, pertanto, i termini di resa ricompresi nei gruppi E ed F, fatta eccezione per la clausola FOB, consentono di ricondurre l’operazione nella previsione di non imponibilità in esame (si veda “L’esportazione in triangolazione con la clausola FOB”).

Per beneficiare dell’agevolazione, non è richiesto che il cessionario sia extracomunitario. Ciò che, infatti, rileva, a tal fine, è il luogo di consumo finale dei beni, necessariamente collocato al di fuori dell’Unione europea, quand’anche i beni siano ceduti ad un cliente di altro Paese membro che si occupi dell’organizzazione del loro trasporto/spedizione all’estero (C.M. 23 luglio 1994, n. 13-VII-15-464, § B.16.3 e R.M. 17 giugno 1994, n. VII-15-302).

Lo stesso tenore letterale della norma conferma la correttezza di questa conclusione, anche alla luce della corrispondente disposizione comunitaria, cioè l’art. 146, par. 1, lett. b), della Direttiva n. 2006/112/CE, il quale – peraltro – non prevede alcun termine entro il quale l’esportazione deve essere eseguita per non perdere il beneficio della non imponibilità. In proposito, la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 98 del 10 novembre 2014, recependo le indicazioni rese dalla Corte di giustizia nella causa C-563/12 del 19 dicembre 2013, ha chiarito che l’agevolazione si applica sia quando i beni sono stati esportati entro i 90 giorni, ma il cedente ne ha acquisito la prova oltre il termine dei 30 giorni previsto per eseguire la regolarizzazione, sia quando i beni sono usciti dal territorio comunitario dopo il decorso del termine di 90 giorni, purché sia acquisita la prova dell’avvenuta esportazione.

Ipotizzando, come anticipato, che il cessionario non residente sia un operatore comunitario privo di “VAT Number, occorre verificare se sia applicabile il regime non imponibilità o se, al contrario, la cessione debba essere fatturata con IVA.

Nel caso considerato, il cliente estero non risulta registrato ai fini IVA perché beneficia del regime speciale delle piccole imprese, disciplinato dagli artt. 281 ss. della Direttiva n. 2006/112/CE.

La franchigia d’imposta è riconosciuta al ricorrere di diverse situazioni.

Per esempio, gli Stati membri che hanno aderito all’Unione europea dopo il 1° gennaio 1978 possono esonerare dall’applicazione dell’IVA i soggetti passivi con volume d’affari annuo non superiore alla soglia stabilita dall’art. 287 della Direttiva. Ci sono, però, Stati membri che, avendo ottenuto una “misura speciale di deroga”, applicano una soglia maggiore. È il caso della Romania, per la quale opera il “VAT registration threshold” di 35.000,00 euro, ma che, con decisione n. 2012/181/UE, è stata autorizzata ad adottare il limite di 65.000,00 euro sino a tutto il 2014, prorogato sino al 31 dicembre 2017 dalla decisione n. 2014/931/UE.

Il regime speciale delle piccole imprese è ammesso anche nei confronti di Stati membri diversi da quelli divenuti partner dell’Unione europea dopo il 1° gennaio 1978. Nel caso, per esempio, del Regno Unito, il numero di partita IVA è attribuito, di regola, ai soli contribuenti stabiliti con volume d’affari superiore a 81.000 sterline (soglia applicabile dal 1° aprile 2014 – cfr. Notices 700/1 e 700/11, aggiornati ad aprile 2014).

In tutti i casi in cui sia previsto l’esonero dal possesso del “VAT number”, l’operatore non residente risulta equiparato ad un soggetto privato.

Ai fini della non imponibilità della lett. b) dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, questa circostanza non rappresenta comunque un ostacolo per il fornitore italiano, anche perché, a ben vedere, né la norma nazionale, né quella comunitaria di riferimento, richiedono che il cliente non residente sia in possesso di uno specifico status (nella specie, di soggetto passivo titolare di un numero di partita IVA).

Ovviamente, la non imponibilità presuppone la dimostrazione dell’avvenuta esportazione. Sul punto, nonostante l’introduzione del sistema informatico di controllo delle esportazioni ECS (Export Control System), la prova dell’esportazione di cui alla lett. b) continua ad essere costituita da un esemplare della fattura munita del timbro apposto dall’Ufficio doganale.

 

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