21 Ottobre 2022

Esportazioni di beni ed onere della prova di uscita

di Clara PolletSimone Dimitri
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La scheda di FISCOPRATICO

Come noto le esportazioni di beni, ai fini Iva, trovano la propria disciplina nell’articolo 8 D.P.R. 633/1972. In particolare, costituiscono cessioni all’esportazione non imponibili:

  1. le cessioni, anche tramite commissionari, eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi. I beni possono essere sottoposti per conto del cessionario, ad opera del cedente stesso o di terzi, a lavorazione, trasformazione, montaggio, assiemaggio o adattamento ad altri beni (comma 1, lettera a);
  2. le cessioni con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunità economica europea entro novanta giorni dalla consegna, a cura del cessionario non residente o per suo conto (comma 1, lettera b).

In ottica di tracciato xml della fatturazione elettronica, tali operazioni, se oggetto di comunicazione volontaria, richiedono l’esposizione della natura operazione N3.1.

Sul punto si ricorda che, in base all’articolo 1, comma 3-bis, D.Lgs. 127/2015, vanno comunicate allo SdI le operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale.

L’esistenza di una bolletta doganale esclude quindi che vi sia un ulteriore obbligo di assolvere alla trasmissione dei dati. Ciò anche al fine di evitare duplicazioni delle informazioni trasmesse e poi messe a disposizione dei contribuenti (come previsto, ad esempio, dall’articolo 4 D.Lgs. 127/2015); al rischio di duplicazione si sottopone chi invia nuovamente i dati, nonostante la non obbligatorietà della trasmissione degli stessi (circolare 26/E/2022).

L’emissione di una fattura non imponibile Iva ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a) oppure b) comporta, in capo al cedente nazionale, l’onere di reperire idonea documentazione probatoria dell’avvenuta esportazione: a tal fine, occorre possedere una copia della bolletta doganale di export per effettuare la verifica del codice MRN (Movement Reference Number), riscontrando la regolare uscita della merce dal territorio comunitario. Il controllo della notifica di esportazione può essere effettuato dal sito dell’Agenzia delle dogane, interrogando il sistema informativo nazionale delle dogane A.I.D.A. in tempo reale (solo in presenza di MRN rilasciati da uffici doganali italiani).

L’assenza della documentazione doganale relativa ad ogni singola esportazione non può essere giustificata dalla mancata collaborazione del trasportatore – magari incaricato dal cessionario extra comunitario – né tantomeno sostituita integralmente da mezzi probatori alternativi di origine privata, quali le fatture o la documentazione bancaria attestante il pagamento.

A tal fine, infatti, la normativa doganale richiede mezzi di prova certi ed incontrovertibili come, ad esempio, le attestazioni di pubbliche amministrazioni del Paese di destinazione dell’avvenuta presentazione delle merci in dogana (ai sensi dell’articolo 346 D.P.R. 43/1973), o la vidimazione apposta dall’ufficio doganale sulla fattura, o anche i documenti internazionali di trasporto e gli altri documenti previsti dall’Amministrazione finanziaria; purché risulti la documentazione comprovante l’uscita della merce dal territorio doganale dell’Ue, o quella delle autorità pubbliche dello Stato estero importatore (sentenza della Corte di Cassazione n. 11112/2022).

Recentemente la CTR Friuli Venezia Giulia (sentenza n. 155/2022) è tornata sull’argomento, in merito ad un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate ed impugnato dal contribuente, avente ad oggetto il recupero dell’Iva su alcune operazioni di esportazione, sprovviste di idonea documentazione probatoria.

Perso il primo grado di giudizio, la società proponeva appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale, ritenendo l’addebito di natura meramente formale, il cui rilievo è stato causato dalla mancata restituzione delle bollette doganali da parte del trasportatore.

La difesa dell’appellante, pertanto, si è spesa in un’attività documentale volta a dimostrare l’effettività delle esportazioni (esistenza dei bonifici, fatture e corrispondenza con i clienti) e la sua non colpevolezza circa l’assenza di tali documenti, da ricondurre alla ditta che all’epoca curò i trasporti nonché all’Ufficio doganale, che non sarebbe stato in grado di reperire traccia degli sdoganamenti.

La CTR friulana conferma la fondatezza dell’accertamento erariale, ricordando che l’assenza della documentazione probatoria in argomento non può essere addebitata agli Uffici dell’Amministrazione Finanziaria né a terzi, poiché è onere del contribuente attivarsi tempestivamente e diligentemente per acquisire le prove del caso, anche promuovendo presso i competenti Uffici doganali la relativa procedura (cfr. Corte di Cassazione, Sez. 5, sentenza n. 958/2015); si ricorda, infatti, che la procedura di richiesta di informazioni (follow-up) è attivabile su iniziativa degli uffici di esportazione oppure dal soggetto che ha presentato la dichiarazione di esportazione (esportatore o dichiarante).