Qualche spiraglio, al riguardo, era lecito nutrirlo dopo che, con la risposta all’interpello n. 238/2020, l’Agenzia delle entrate aveva ritenuto applicabile la non imponibilità anche in relazione ai beni trasferiti in un magazzino di proprietà di terzi situato in uno Stato extra-UE, in attesa di essere venduti a clienti non ancora individuati e che, quindi, non si erano impegnati al relativo acquisto.
Tale circostanza deve essere opportunamente rimarcata, in quanto, prima della citata risposta all’interpello n. 238/2020, la prassi amministrativa aveva costantemente chiarito che, come regola generale, la cessione di beni che si manifesta, con il passaggio di proprietà, in territorio extracomunitario, siccome non soddisfa il presupposto territoriale dell’articolo 7-bis, D.P.R. 633/1972, è esclusa da Iva, senza possibilità di beneficiare della non imponibilità dell’articolo 8, D.P.R. 633/1972.
Dunque, la cessione in territorio estero non rileva ai fini della formazione del plafond per l’acquisto di beni e servizi senza Iva e dell’acquisizione dello status di esportatore abituale.
In via di eccezione, la prassi amministrativa, avallata dalla giurisprudenza (Cassazione n. 5894/2013 e sentenza n. 23588/2012), ha ammesso il beneficio della non imponibilità esclusivamente nelle ipotesi in cui la cessione in territorio estero abbia per oggetto:
- beni esportati in dipendenza di un accordo di call-off stock (risoluzione n. 28/E/2005); oppure
- beni vincolati, sin dalla spedizione dall’Italia, all’esclusivo trasferimento in proprietà a favore dell’acquirente, che oltre ad essere già individuato si sia impegnato “ab origine” all’acquisto secondo le tempistiche concordate (risoluzione n. 94/E/2013).
Nelle ipotesi indicate, l’operazione si qualifica, unitariamente, come una cessione a titolo oneroso secondo un procedimento che si perfezionerà solo in un secondo momento, cioè all’atto del prelievo delle merci dal deposito, giustificando l’applicazione del regime di non imponibilità.
Nel caso oggetto del nuovo intervento dell’Agenzia delle entrate, l’istante, che svolge attività agricola e produce vini confezionati di pregio, commercializzati direttamente anche all’estero, al fine di rendere più veloce ed economica l’esportazione dei propri vini verso gli Stati Uniti, vorrebbe effettuare l’operazione con una fattura pro forma “in franco valuta” intestata all’importatore, tramite cui la merce verrebbe sdoganata con una bolla collettiva e, solo in seguito, emettere, a nome dei singoli clienti, le fatture non imponibili Iva ex articolo 8, D.P.R. 633/1972.
Nell’attesa di essere vendute, le bottiglie saranno stoccate presso un magazzino in Usa riferibile all’importatore, sulla base di un contratto di logistica preventivamente concluso tra le parti.
L’istante ha chiesto conferma, anche ai fini doganali, della possibilità di effettuare l’esportazione con fattura pro forma in regime “franco valuta” intestata all’esportatore, tramite cui la merce verrebbe sdoganata con una bolla collettiva, emettendo solo in un secondo momento le fatture a nome dei singoli clienti, da inviare tramite Sistema di Interscambio in regime di non imponibilità Iva.
Nella fattispecie in esame, oltre a non essere stato stipulato un accordo di call-off stock, non risulta neppure esistente, in capo all’istante, l’obbligo di vendere i beni ai singoli clienti, con la conseguenza che l’eventuale cessione delle merci esportate durante la loro permanenza all’estero non assume rilevanza ai fini Iva per difetto del requisito della territorialità, non essendo più i beni nel territorio dello Stato, ex articolo 7-bis, D.P.R. 633/1972.
In definitiva, l’operazione in esame non presenta i caratteri propri di una cessione all’esportazione, per cui, all’atto della cessione nei confronti dei clienti americani, l’istante è tenuto ad emettere fattura non soggetta a Iva, ai sensi dell’articolo 21, comma 6-bis, lett. b), D.P.R. 633/1972.
Il nuovo intervento dell’Agenzia è significativo, perché – come sopra anticipato – implica che gli operatori non possono applicare il titolo di non imponibilità ai beni ceduti in territorio estero soltanto in considerazione della finalità dell’operazione che ha avuto origine con l’esportazione doganale, volta alla successiva vendita dei beni.