Esterovestiti … Anzi … Nudi
di Massimiliano Tasini
Non v’è chi non veda che una parte davvero importante delle risorse di cui gli organi di verifica (tributaria) dispongono sono destinati al contrasto dell’evasione internazionale. Fioccano gli accertamenti in materia di costi da Paesi black list, di rettifica di costi e di ricavi da transfer pricing, e, con una percentuale rilevante, da contrasto a fenomeni di esterovestizione o di stabile organizzazione occulta.
Il primo dato interessante è che le pronunce della giurisprudenza di legittimità e di merito su queste problematiche sono obiettivamente poche, il che suggerisce – ma è un dato da verificare – che le parti in causa riescono a trovare “la quadra” a tavolino, o che si tratti di istituti deflativi, o, a monte, che la “compliance” fra le parti abbia comunque portato buoni frutti (ed il legislatore, ma anche la prassi, qualche strumento lo ha approntato).
Se questo è vero, non è men vero però che la mancanza di una diffusa giurisprudenza rende difficile la diagnosi sull’eventuale buon esito di una controversia insorta con il fisco; e questo non è un bene per nessuno, poiché molti contribuenti, già duramente provati da una oramai endemica involuzione dell’economia reale spesso non sono in condizione di ragionare come in passato spesso hanno ragionato: e cioè, volendo evitare la lite, pagavano, seppure obtorto collo. Senza voler – anche in questo caso – peccare di eccessivo romanticismo, ci pare infatti che il contribuente non dovrebbe “autotassarsi” più del dovuto, ed allora conoscere il possibile esito di una controversia, a maggior ragione ai tempi d’oggi, di certo sarebbe un fattore decisivo.
Chissà che l’Ufficio del massimario della Suprema Corte non si senta di approcciare la questione.
Detto questo, si diceva sopra che molte controversie si radicano sull’esterovestizione e sull’esistenza di stabili organizzazioni occulte.
Rispetto a questo punto, ci pare intanto utile segnalare il progressivo aumento delle pronunce rese in sede penale, e tra queste quelle relative ai procedimenti di sequestro. Non può sfuggire che:
- da un lato, la giurisprudenza penale sempre più tende ad allinearsi a quella tributaria, ricorrendo all’uso di presunzioni che, ci sia permesso, talora superano la barriera dell'”oltre ragionevole dubbio” posto a presidio del sistema penale;
- dall’altro che dette presunzioni sembrano legittimare pienamente l’adozione di provvedimenti di sequestro ex art. 322 ter Cp, e di riflesso introducono un sostanziale blocco alla possibilità di aderire agli istituti deflativi, a tutto scapito dell’Erario.
Sotto altro profilo, è sempre più diffusa in giurisprudenza la tesi secondo cui il fenomeno della esterovestizione è null’altro che uno dei figli e figliastri del fenomeno dell’abuso del diritto, che però nel caso specifico assume una particolare conformazione; ed invero, per Cass. civ. Sez. V, 07-02-2013, n. 2869, ai fini della configurazione di un abuso del diritto di stabilimento, nell’ipotesi di esterovestizione di società, non è necessario accertare la sussistenza di ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, bensi occorre verificare se il trasferimento in realtà vi è stato, o no, cioè se l’operazione sia meramente artificiosa.
Per la Suprema Corte, il criterio decisivo per individuare la residenza fiscale è dato dalla nozione di “sede dell’amministrazione“, che, in quanto contrapposta alla “sede legale”, deve ritenersi coincidente con quella di “sede effettiva” (di matrice civilistica), intesa come il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente, e dove si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento – nei rapporti interni e con i terzi – degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente.
L’individuazione del luogo della “sede effettiva” richiede un’indagine esaurientemente motivata in relazione ai vari elementi indizianti, il cui onere della prova spetta agli Uffici.
Si può pertanto concludere sul punto, osservando che:
- da un lato trattasi di una indagine di merito rimessa alla valutazione degli organi giudicanti di primo e di secondo grado;
- dall’altro che occorrerà porre grande attenzione alla governance di società eventualmente costituite, magari in perfetta buona fede, all’estero, così da evitare fenomeni di eterogestione che disvelino realtà esterovestite.