Esterovestizione societaria: l’importanza delle delibere assembleari
di Marco BargagliL’articolo 73, comma 3, Tuir illustra i requisiti giuridici, alternativi tra di loro, che consentono di riqualificare la residenza fiscale in Italia di un soggetto non residente che formalmente ha stabilito all’estero la propria sede legale.
Il legislatore, a livello domestico, ha previsto che le società, gli enti ed i trust sono considerati residenti in Italia quando, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni), hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.
In ambito internazionale – per evitare fenomeni di doppia imposizione economica – l’articolo 4, paragrafo 3, del modello Ocse di Convenzione prevede che, nell’ipotesi in cui una società sia considerata residente in due diversi Stati, la residenza fiscale della persona giuridica sarà individuata sulla base di un accordo tra le autorità competenti (denominato mutual agreement), che dovrà tenere conto del luogo di direzione effettiva (place of effective management), del luogo di costituzione (the place where it is incorporated or otherwise constituted) e di ogni altro fattore rilevante (any other relevant factors).
Sul punto, giova ricordare che l’Italia, formulando specifiche osservazioni all’articolo 4 del modello Ocse di Convenzione, ha introdotto una particolare riserva per effetto della quale, nel determinare la residenza fiscale di una società, oltre alla “sede della direzione effettiva”, dovrà essere attribuita estrema rilevanza anche al luogo nel quale viene svolta l’attività principale dell’impresa: “25. As regards paragraphs 24 and 24.1, Italy holds the view that the place where the main and substantial activity of the entity is carried on is also to be taken into account when determining the place of effective management of a person other than an individual”.
Anche sulla base del consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, per individuare la residenza fiscale di una società o di un ente estero, occorre fare riferimento al criterio della “sede effettiva”.
Sul punto, è stato affermato che:
- la sede dell’amministrazione, contrapposta alla sede legale, coincide con la “sede effettiva” dell’impresa estera, la quale deve essere intesa come il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le assemblee. Quindi, la sede effettiva può essere definita come quel luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente. Di contro l’oggetto principale è il luogo ove si concretizzano gli atti produttivi e negoziali dell’ente, nonché i rapporti economici che il medesimo intrattiene con i terzi;
- per determinare il luogo della sede dell’attività economica di una società occorre prendere in considerazione un complesso di fattori, al primo posto dei quali figurano la sede statutaria, il luogo dell’amministrazione centrale, il luogo di riunione dei dirigenti societari e quello, abitualmente identico, in cui si adotta la politica generale di tale società.
Sul punto, possono rilevare anche altri elementi, quali il domicilio dei principali dirigenti, il luogo di riunione delle assemblee generali, di tenuta dei documenti amministrativi e contabili e di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie e bancarie.
Con riferimento all’importanza del luogo ove vengono formalizzate le delibere assembleari e societarie, si cita il recente orientamento espresso dalla suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 14527/2019 del 28.05.2019, che si è espressa proprio su un caso di esterovestizione societaria.
La controversia risolta in apicibus é scaturita da un controllo sostanziale nel corso del quale l’Agenzia delle entrate ha constatato che una società di diritto olandese fosse stata fittiziamente costituita all’estero, al solo scopo di beneficiare del regime agevolato di tassazione favorevole dei dividendi (previsto dalla Convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi stipulata tra l’Italia e Paesi Bassi) e, simmetricamente, del regime di esenzione dei dividendi dalle imposte vigente in Olanda.
In merito, il giudice di appello ha ritenuto non provata l’effettiva residenza all’estero della società olandese, tenuto conto che:
- dalle indagini risultava che la stessa non era effettivamente residente nei Paesi Bassi;
- gli amministratori risultavano essere residenti in Italia o nel Regno Unito;
- l’impresa non svolgeva alcuna attività economica e non aveva la sede di direzione effettiva in Olanda, non risultando sufficiente il fatto che la società fosse stata costituita secondo le Leggi di uno Stato estero, non implicando automaticamente che dovesse considerarsi residente anche ai fini fiscali, in quanto mancava la direzione effettiva (elemento probante del luogo dove vengono adottate le decisioni strategiche e la prova della prevalente attività svolta dalla società).
In buona sostanza, il giudice del gravame ha basato l’assunto che la società non avesse sede effettiva in Olanda sul fatto che gli amministratori della stessa fossero residenti in Italia o nel Regno Unito e che l’attività dell’impresa estera consistesse nella mera gestione dei pacchetti azionari.
Tuttavia, a parere degli Ermellini, tale motivazione è carente perché la residenza italiana o inglese degli amministratori della società di diritto olandese non è sintomatico dell’ubicazione della sede dell’amministrazione effettiva sul territorio italiano, più di quanto non lo sia della ubicazione della sede amministrativa effettiva sul territorio inglese.
Inoltre, lo svolgimento di una mera attività di gestione dei pacchetti azionari risulta connaturata alla natura di holding della società olandese.
In estrema sintesi è emerso che l’effettiva amministrazione della società si svolgeva in Olanda, ove avevano luogo i consigli di amministrazione e le assemblee dei soci, dove la società aveva la materiale disponibilità dei locali necessari ai fini dello svolgimento delle attività di amministrazione e gestione; tutti elementi, insieme considerati, idonei ad escludere l’ipotesi di esterovestizione societaria.
16 Giugno 2019 a 16:31
Buona sera,
Complimenti per il chiaro e ben articolato articolo.
Cordiali saluti,
Goffredo Caverni