Estrazione di beni da deposito Iva e autofattura elettronica
di Clara PolletSimone DimitriDal 1° gennaio 2019 per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato vanno emesse esclusivamente fatture elettroniche utilizzando il Sistema di Interscambio (SdI); l’introduzione di tale obbligo ha creato qualche perplessità tra gli operatori circa il trattamento delle autofatture emesse per l’estrazione dei beni da un deposito Iva.
Con la nota n. 73328/RU del 12.07.2019 l’Agenzia delle dogane fornisce ulteriori chiarimenti in materia. In linea generale, viene ribadito che i depositi Iva e l’estrazione dei beni dagli stessi non si sottraggono alle regole generali in materia di fatturazione elettronica, fatta eccezione per i rapporti con soggetti non residenti o non stabiliti in Italia, i quali possono procedervi su base volontaria. Ma andiamo con ordine.
Occorre preliminarmente ricordare che l’articolo 50-bis, comma 4, D.L. 331/1993, prevede che siano effettuate senza pagamento dell’imposta le seguenti operazioni:
a) gli acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in un deposito Iva;
b) le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito Iva, previa prestazione di idonea garanzia commisurata all’imposta;
c) le cessioni di beni eseguite mediante introduzione in un deposito Iva;
e) le cessioni di beni custoditi in un deposito Iva;
f) le cessioni intracomunitarie di beni estratti da un deposito Iva con spedizione in un altro Stato membro, salvo che si tratti di cessioni intracomunitarie soggette ad imposta nel territorio dello Stato;
g) le cessioni di beni estratti da un deposito Iva con trasporto o spedizione fuori del territorio UE;
h) le prestazioni di servizi, comprese le operazioni di perfezionamento e le manipolazioni usuali, relative a beni custoditi in un deposito Iva, anche se materialmente eseguite non nel deposito stesso, ma nei locali limitrofi sempreché, in tal caso, le suddette operazioni siano di durata non superiore a 60 giorni;
i) il trasferimento dei beni in altro deposito Iva.
Le operazioni elencate, che rimangono comunque oggetto di documentazione propria – ad esempio (quelle di cui alla lett. b) con un documento doganale di importazione, mentre le cessioni di beni già presenti nel deposito tra due soggetti passivi italiani (di cui alla lett. e) con fattura elettronica – non sono soggette ad imposta, mentre l’estrazione dei beni dal deposito Iva, anche se ad opera dello stesso soggetto che li ha introdotti, comporta l’assolvimento dell’Iva.
L’articolo 50-bis, comma 6, D.L. 331/1993 dispone che “l’estrazione dei beni da un deposito Iva ai fini della loro utilizzazione o in esecuzione di atti di commercializzazione nello Stato può essere effettuata solo da soggetti passivi d’imposta agli effetti dell’Iva e comporta il pagamento dell’imposta”. Per l’estrazione dei beni introdotti nel deposito Iva, l’imposta è dovuta dal soggetto che procede all’estrazione, a norma dell’articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972: possono procedere all’estrazione solo i soggetti passivi Iva, identificati in Italia direttamente o per mezzo di un rappresentante fiscale, ovvero ivi stabiliti per il tramite di una stabile organizzazione.
Trattasi di ipotesi di reverse charge che possono dar luogo, a seconda dei casi, all’emissione di una autofattura o all’integrazione della fattura ricevuta dal cedente; il documento, integrato con i dati della sua registrazione, deve essere consegnato in dogana al fine di ottenere lo svincolo della garanzia prestata (nota dell’Agenzia delle dogane n. 113881 del 5 ottobre 2011).
Quando il soggetto estrattore non è stabilito in Italia – identificazione diretta o rappresentante fiscale italiano – non sussiste l’obbligo di emettere l’autofattura elettronica tramite SdI; tale autofattura può essere trasmessa facoltativamente al Sistema di Interscambio. Al tal proposito si ripropone la risposta alla Faq n. 36 dell’Agenzia delle entrate, pubblicata il 27 novembre 2018 e aggiornata il 19 luglio 2019: “…non deve essere obbligatoriamente inviato al SdI, ma se l’operatore vuole inviarlo al Sistema di Interscambio e, qualora l’operatore usufruisca del servizio gratuito di conservazione elettronica offerto dall’Agenzia delle entrate, il documento verrà portato automaticamente in conservazione. Inoltre, si ricorda che non vi è alcun obbligo di invio del documento cosiddetto autofattura al cedente/prestatore”.
In talune ipotesi, invece, non vi è corrispondenza tra il valore del bene inserito nel deposito ed il bene estratto, in quanto quest’ultimo deve essere incrementato delle spese ad esso riferibili (così, ad esempio, nelle lavorazioni); in questi casi, l’autofattura emessa al momento dell’estrazione non è più una mera integrazione di altro documento, quanto un documento atto ad individuare il valore del bene estratto e la corretta base imponibile. Pertanto, l’autofattura deve seguire le regole generali, ossia, deve essere elettronica e trasmessa tramite SdI.
Riepilogando, possiamo concludere che le autofatture emesse per l’estrazione dei beni da un deposito Iva possono essere analogiche (o elettroniche extra SdI), con obbligo di fattura elettronica via SdI nel caso in cui il bene, estratto dall’operatore stabilito in Italia, durante la permanenza nel deposito sia stato oggetto di una prestazione di servizi, territorialmente rilevante in Italia, che ne ha modificato il valore (risposta all’istanza di interpello n. 142 del 14.05.2019).
In caso di emissione di autofattura elettronica per estrazione di beni da un deposito Iva, i dati del cessionario/committente vanno inseriti sia nella sezione “Dati del cedente/prestatore” sia nella sezione “Dati del cessionario/committente”. Resta inteso che sia nella fase di introduzione del bene nel deposito Iva, sia nel caso di cessioni all’interno del deposito, l’operazione deve essere documentata con le rituali modalità, ad esempio, bolletta doganale per l’importazione, fatturazione elettronica per cessioni tra soggetti residenti, ecc.. Qualora l’estrazione dal deposito Iva non riguardi i carburanti va utilizzato il blocco 2.2.1.3 “CodiceArticolo” ed inserito nel campo 2.2.1.3.1 “CodiceTipo” il valore “DEP” e nel campo 2.2.1.3.2 “CodiceValore” il valore “0” (circolare 14/E/2019, paragrafo 6.4).