Estromissione agevolata dell’immobile con base imponibile Iva a rischio
di Luca CaramaschiLa Legge di Stabilità per l’anno 2016 recentemente approvata (legge n.208/15) ripropone l’estromissione agevolata dei beni immobili strumentali dell’imprenditore individuale, introdotta una prima volta nell’ordinamento con la L. 413/1991, riproposta in seguito con la L. 449/1997 e L. 448/2001 e da ultimo con la L. 244/2007 (Finanziaria 2008). La nuova disposizione prevede che entro il 31 maggio 2016 l’imprenditore individuale possa estromettere in regime agevolato tutti gli immobili strumentali (sia per natura che per destinazione), con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1° gennaio 2016.
A differenza delle precedenti disposizioni che in passato hanno consentito all’imprenditore di estromettere l’immobile, l’odierna agevolazione non prevede una maggiorazione dell’imposta sostitutiva del 30 per cento con la quale definire l’Iva, che pertanto viene assoggettata alle ordinarie regole Iva previste per tali operazioni, che ai fini di tale tributo vengono sostanzialmente assimilate alle cessioni (con conseguente applicazione della disciplina recata dai punti 8-bis e 8-ter dell’art.10 del DPR 633/72).
Si tenga tuttavia presente che l’operazione di estromissione dell’immobile non è soggetta ad Iva nelle ipotesi in cui l’immobile venga acquistato da un privato o provenga dal patrimonio personale dell’imprenditore, sia stato acquisito prima della entrata in vigore dell’Iva (1° gennaio 1973) oppure non sia stata detratta l’Iva all’atto del relativo acquisto. La CM 40/E/02 ha ricordato che l’estromissione dell’immobile è esclusa dal campo di applicazione dell’Iva anche se sullo stesso sono stati sostenuti interventi di recupero edilizio, per i quali, invece, si è provveduto alla detrazione dell’imposta (in tal caso, opererà l’eventuale rettifica ai sensi dell’art.19-bis2 DPR 633/72 qualora le stesse siano incrementative del valore dell’immobile e non abbiamo esaurito la loro utilità all’atto dell’estromissione).
Vale inoltre la pena ricordare che l’estromissione non è soggetta né ad imposta di registro né ad imposte ipo-catastali, posto che a fronte dell’estromissione non si verifica alcun atto scritto né alcuna variazione o annotazione catastale.
Ai fini Iva, quindi, come ricordato anche dall’Agenzia delle entrate nella CM 40/E/02 riferita alla precedente agevolazione, l’operazione di estromissione va inquadrata tra quelle considerate di “autoconsumo” ai sensi dell’art.2 secondo comma n. 5 del DPR 633/72 e che quindi determinano la base imponibile secondo le regole previste dalla lettera c) comma 2 dell’art.13 del medesimo decreto.
È proprio in relazione a tale ultima previsione che occorre svolgere alcune importanti considerazioni, posto che il “tradizionale” criterio del valore normale ha lasciato il posto nell’oramai lontano 2009 a nuovi criteri mai chiariti fino in fondo dalla stessa Agenzia delle entrate.
In particolare tra le numerose novità recate, in materia di Iva, dalla legge 7 luglio 2009, n. 88 (meglio nota come “Legge Comunitaria 2008”), particolare rilevanza riveste la nuova modalità di individuazione della base imponibile Iva per le operazioni senza corrispettivo, in relazione alle quali si è passati dal criterio del valore normale a quello del costo. Più precisamente, in base alla novellata formulazione dell’art.13, comma 2, lett. c) del DPR 633/72 – introdotta dall’art. 24, comma 4, lettera b) della citata legge comunitaria – l’importo sul quale si determina l’Iva deve essere commisurato facendo riferimento “al prezzo di acquisto o, in mancanza, al prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento di effettuazione delle operazioni, nei casi di cessioni gratuite, di autoconsumo e di assegnazioni ai soci”.
Con particolare riferimento, quindi, a queste cessioni “senza corrispettivo” dubbi sono stati sollevati in ordine al significato da attribuire alla precisazione di ordine temporale secondo cui il prezzo di acquisto o di costo del bene, che ora costituisce la base imponibile Iva in luogo del valore di mercato, deve essere determinato “nel momento in cui si effettuano tali operazioni”. Nel caso quindi della estromissione dell’immobile da parte dell’imprenditore individuale che debba auto fatturarsi il bene, ci si interroga su quale sia il valore da prendere in considerazione in termini di base imponibile da indicare nell’autofattura.
Posto, infatti, che non è più ammesso l’utilizzo del parametro rappresentato dal valore normale determinato al momento di estromissione del bene dall’azienda, ci si chiede se rilevi il mero prezzo d’acquisto assunto tale e quale o se, invece, non si debba tener conto anche della svalutazione del valore del bene connessa all’usura, oltre che degli eventuali costi sostenuti per riparare, completare o migliorare il bene. Qualora, poi, fosse corretta quest’ultima soluzione, ci si domanda, altresì, se la grandezza in questione possa essere rappresentata
- dal valore contabile residuo del bene, ovvero
- dal costo storico assunto al netto del fondo di ammortamento (residuo valore contabile).
Nel silenzio dell’Amministrazione finanziaria, che sino ad oggi non ha emanato alcuna circolare esplicativa sulla normativa in commento (forse il ritorno di questa agevolazione ne sarà l’occasione), la soluzione dei problemi applicativi suaccennati non è agevole.
Un’utile indicazione a dissipare, almeno in parte, i dubbi sull’interpretazione del nuovo criterio viene fornita dalla sentenza della Corte di Giustizia UE, 17 maggio 2001 – procedimenti riuniti C-322/99 e C-323/99 (sentenza “Fischer”) – secondo cui la base imponibile della cessione gratuita coincide con il “valore residuo del bene al momento del prelievo”. La medesima sentenza precisa altresì che, nella quantificazione di detto “valore residuo”, occorre tener conto anche delle spese relative agli interventi consistenti nell’incorporazione nel bene principale oggetto di cessione di altri beni che ne abbiano comportato “un incremento duraturo di valore …, non interamente esaurito al momento del prelievo”. Tale affermazione consente di sostenere, da un lato, che non concorrono a formare la base imponibile del bene oggetto di cessione gratuita le spese relative agli interventi di ordinaria manutenzione, cioè agli interventi che non si traducono in un incremento di valore del bene; dall’altro, che nella determinazione del costo “attualizzato” occorre tener conto della svalutazione del valore del bene dovuta all’usura.
In dottrina, l’intervento interpretativo più importante sulla questione in esame è stato, sino a questo momento, quello di Assonime, la quale con la circolare n.42 del 13.10.2009 ha affermato che, ai fini della determinazione dell’imponibile, non può essere considerato il mero prezzo di acquisto del bene, ma dovrebbero assumere rilevanza anche tutte le spese sostenute per apportare miglioramenti al bene stesso durante la sua vita aziendale, sempreché si tratti, naturalmente, di spese relative ad acquisti di beni e servizi in relazione ai quali sia stata applicata l’imposta e sia stata operata la detrazione della medesima; cosicché, per esempio, non devono essere considerate le spese relative al personale impiegato nella manutenzione del bene, in quanto trattasi di spese escluse dal campo di applicazione dell’Iva. Assonime ha inoltre sottolineato che la previsione normativa secondo cui, per le cessioni in parola, il prezzo di acquisto o, in mancanza, il prezzo di costo devono essere “determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni”, implica che detto prezzo non può essere assunto “tal quale”, dovendosi quantificare il deprezzamento del bene dovuto all’usura.
Quindi, riassumendo, la nuova base imponibile delle cessioni senza corrispettivo corrisponderebbe alla somma dei prezzi pagati per l’acquisto dei beni e dei servizi (a Iva detratta) che hanno consentito di ottenere il bene oggetto di cessione (rectius, estromissione), assunta al netto dell’eventuale deprezzamento subito dal bene stesso nell’espletamento della propria funzione economica all’interno del processo produttivo dell’impresa.
Quindi:
Prezzo acquisto bene (a Iva detratta) + Spese relative ad interventi incrementativi (a Iva detratta) – Deprezzamento dovuto all’usura _________________________________________________________________________
Base imponibile Iva della cessione senza corrispettivo
In base al ragionamento sin qui condotto, la base imponibile Iva di un bene strumentale ceduto gratuitamente o auto consumato tenderebbe a coincidere con il valore contabile residuo (costo storico al netto del fondo di ammortamento) del bene stesso, salvo l’irrilevanza delle spese non soggette ad Iva od in relazione alle quali non è stata operata la detrazione dell’imposta, e sempreché sia corretto assumere, come valore consumato del bene, il suo valore già ammortizzato.
Se così non fosse, allora non sapremmo davvero quale criterio alternativo adottare. D’altro canto, se si valutasse il deprezzamento in un’ottica di mercato, significherebbe rimettere in gioco il criterio del valore normale, non più previsto dalla normativa vigente.