Estromissioni: base imponibile e rettifica IVA
di Giovanni ValcarenghiAbbiamo già pubblicato in un precedente articolo alcune riflessioni in merito alla corretta quantificazione della base imponibile IVA da assumere in occasione delle operazioni di assegnazione agevolata, anche alla luce dei chiarimenti forniti dall’Agenzia con la circolare 26/E/2016.
Estendiamo qui il ragionamento al caso specifico della estromissione agevolata dei beni dell’imprenditore individuale, considerando che:
- da un lato, valgono le medesime considerazioni generali svolte per le assegnazioni agevolate;
- per altro verso, la questione appare ancor più urgente, in quanto l’opzione per l’estromissione doveva essere manifestata entro lo scorso 31 maggio.
Infatti, l’articolo 1, comma 121 della legge 208/2015 prevede che: “l’imprenditore individuale che alla data del 31 ottobre 2015 possiede beni immobili strumentali …, può, entro il 31 maggio 2016, optare per l’esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell’impresa, con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1º gennaio 2016”.
Ad oggi, pertanto, sia l’opzione che la fattura relativa alla “cessione” del bene debbono essere già state materialmente poste in essere.
Si pensi allora al seguente caso che è stato oggetto di numerose riflessioni sulla stampa specializzata in questi giorni: un imprenditore individuale decide di estromettere un fabbricato strumentale per natura e destinazione a suo tempo riscattato da leasing nel corso del 2012.
La casistica impone due riflessioni che sono state già poste all’attenzione dei lettori:
- quale è la base imponibile della fattura;
- quale è il corretto ragionamento per verificare la necessità di rettificare l’IVA a suo tempo detratta.
Si “bipartisce” la questione come sopra per cogliere due spunti presenti nella richiamata circolare 26/E e per cercare di giungere ad una soluzione condivisa in merito alla loro interdipendenza o autonomia.
Ovviamente, va completato il “set” delle informazioni necessarie per precisare che il nostro imprenditore ha intenzione di porre in essere una operazione esente, al fine di evitare di essere gravato (come consumatore finale) di un inutile aggravio del 22% dell’IVA.
In merito alla base imponibile da indicare in fattura, la circolare 26/E, in relazione all’applicazione delle regole dell’articolo 13 del DPR 633/1972 al caso del leasing, precisa che “il valore dei beni deve corrispondere al valore residuo degli stessi al momento del prelievo, in modo tale che si tenga conto, come sopra precisato, dell’evoluzione del valore dei beni tra la data della loro acquisizione e quella della loro estromissione dall’attività di impresa. Attesa la necessità di rispettare le regole comunitarie, si esprime l’avviso che, ferma restando la generale qualificazione del leasing come prestazione di servizio, l’assegnazione dopo il riscatto assume, pertanto, rilevanza, ai fini dell’IVA, non già in funzione del solo prezzo di riscatto, ma di un valore che, oltre gli apprezzamenti e deprezzamenti di cui si è detto, deve essere calcolato tenendo conto anche dei canoni di leasing pagati alla società concedente prima dell’esercizio del riscatto”.
In sostanza, assumendo come corretta l’indicazione delle Entrate, la nostra fattura esente (che, peraltro, non incide sul calcolo del pro rata in quanto ha ad oggetto la cessione di un bene strumentale) dovrà portare un imponibile pari alla sommatoria tra valore del riscatto e valore dei canoni (presumibilmente al netto dell’onere finanziario implicito), nettizzata della “fantomatica” quota di deprezzamento, in merito alla quale continuiamo a mantenere le nostre perplessità sulle regole pratiche di quantificazione.
E qui abbiamo risolto la prima delle due questioni, permettendoci di riscontrare che, anche volendo essere generosi con la base imponibile, nulla accadrebbe sul versante IVA.
Veniamo ora alla rettifica della detrazione, tenendo conto che la circolare 26/E sul punto afferma che “…, in caso di assegnazione di immobili acquisiti mediante contratto di leasing per i quali sia stata esercitata l’opzione d’acquisto, ai fini del computo del periodo decennale di rettifica della detrazione occorre, di regola, fare riferimento alla data di esercizio del diritto di acquisto del bene da parte della società utilizzatrice. È da tale momento, infatti, che, a norma del suddetto articolo 19-bis 2, comma 8, del menzionato D.P.R. n. 633 del 1972, decorre il periodo decennale di tutela fiscale”.
Questa affermazione, messa in connessione con la precedente, ha generato in molti interpreti perplessità e dubbi sulla coerenza del ragionamento delle Entrate; da un lato, infatti, la base imponibile verrebbe ad essere influenzata dai canoni, dall’altro il termine decennale di tutela fiscale decorrerebbe dal momento del riscatto.
Si teme, dunque, che la rettifica possa interessare anche l’IVA detratta in relazione ai canoni, anche in forza di pronunce della giurisprudenza interna – che assimilano l’acquisto in proprietà a quello in leasing (ma, si badi bene, ai fini della spettanza del diritto al rimborso) – e di quella comunitaria, che giustificano la precedente ricostruzione della base imponibile nel caso di acquisto “mediato” con diritti reali, anziché in proprietà diretta.
A parere di chi scrive, invece, la rettifica della detrazione da operare nel nostro esempio riguarda solo ed esclusivamente l’imposta gravante sul riscatto, in relazione ai decimi mancanti all’esaurimento del periodo di osservazione fiscale.
Si crede che questa soluzione sia – oltre che conforme alla normativa interna – anche implicitamente coerente con il testo della circolare per i seguenti motivi:
- la rettifica è aspetto che riguarda l’IVA a monte detratta e prescinde dalle modalità di quantificazione della base imponibile;
- la circolare 26/E precisa che la decorrenza del periodo di osservazione decennale decorre dal momento del riscatto per i casi in cui sia stata esercita l’opzione di acquisto. Ciò parrebbe una considerazione scontata ed, invece, valorizza in modo indiretto il fatto che solo in quel momento si produce l’acquisto di un bene e, per conseguenza, scatta l’eventuale problema della rettifica;
- parlare di decorrenza del periodo di osservazione decennale dal momento di avvio del leasing (e non dal momento del riscatto) significa minare l’intera impalcatura dell’IVA, posto che – proprio nel caso di leasing immobiliari – la durata del contratto normalmente sopravanza il detto periodo di osservazione fiscale, generando un evidente “tilt” delle regole applicative;
- discutendo di rettifica, assimilare il leasing all’acquisto del bene presupporrebbe che l’intero corrispettivo fosse stato fatturato ad inizio contratto, rendendo così possibile il ragionamento in merito alla rettifica stessa. Ma poiché ciò non avviene nella pratica (per fortuna), materialmente mancano le regole per l’applicazione di un sensato ragionamento.
In conclusione, pare di poter affermare che, nel caso specifico (che, si badi bene, è il più frequente) conviene adagiarsi alle indicazioni della circolare per determinare la base imponibile della fattura esente, ancorando invece il ragionamento della rettifica alla sola IVA gravante sul riscatto e, se del caso, qualora l’esercizio dell’opzione fosse avvenuto in via anticipata, sulla eventuale quota del maxicanone ancora non maturato a tale istante.
Per eventuali ragionamenti difformi dettati dalla giurisprudenza comunitaria, vale la pena di rammentare che nessun contribuente potrebbe essere sanzionato ove applicasse comportamenti in linea con la normativa interna, quando a lui favorevole.
Certamente, però, una ulteriore (e veloce) precisazione dell’Agenzia sul punto sarebbe gradita.