23 Dicembre 2017

Per i fabbricati rurali occorre porre attenzione al classamento

di Fabio Garrini
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Con la recente sentenza n. 25936 del 31 ottobre 2017 la Suprema Corte è tornata sul tema della debenza ICI in relazione ai fabbricati impiegati in ambito agricolo. Ai fini IMU, il ragionamento è almeno in parte diverso, seppure la conclusione si dimostrerà essere la medesima: il corretto classamento catastale è fondamentale per beneficiare dell’esonero dal prelievo comunale.

Come noto, ai fini IMU, il comma 9-bis dell’articolo 13 D.L. 201/2011 (introdotto dal D.L. 102/2013) per tali immobili dispone l’esenzione; ai fini TASI il comma 678 dell’articolo 1 della L. 147/2013 ne prevede l’imponibilità, seppur con l’aliquota ridotta del 1 per mille.

Il trattamento ai fini ICI

Come noto, i fabbricati rurali strumentali, individuati dall’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. 557/1993, beneficiavano dell’esonero dal prelievo ai fini del previgente tributo comunale.

Il tema dibattuto è piuttosto noto: per ottenere tale beneficio è necessario che gli immobili siano classati nella categoria catastale D/10, oppure l’elemento rilevante è l’effettiva attività che viene svolta nell’immobile?

La sentenza richiamata si allinea in tutto e per tutto alla celebre sentenza a Sezioni Unite n. 18565/2009 (e a numerose altre che si sono succedute sul tema), bollando come del tutto minoritarie le altre pronunce di segno contrario. La Cassazione afferma infatti che, per riconoscere la sussistenza dello status di ruralità, è necessario possedere uno specifico classamento in determinate categorie (A/6 e D/10), attribuzione che è conseguente all’esistenza dei requisiti di ruralità. La situazione catastale risultava di tal rilievo che, se il contribuente riteneva di avere diritto all’esenzione ICI, doveva contestare il diverso classamento dell’immobile; analogamente, qualora fosse il Comune a non ritenere rurale il fabbricato, non poteva semplicemente accertare il contribuente, ma doveva contestare il classamento dell’immobile in D/10.

Classamento e ruralità ai fini IMU

Il tema che maggiormente interessa è invece legato al trattamento ai fini IMU. Posto che la norma che definisce i fabbricati rurali è la medesima (D.L. 557/1993), ai fini IMU e TASI è richiesto il classamento in D/10 per i fabbricati rurali strumentali?

Per quelli abitativi non si pongono problemi, posto che essi risultano ordinariamente soggetti al prelievo.

Sul punto il Ministero, nella circolare 3/DF/2012, ha affermato: “l’IMU colpisce i fabbricati rurali strumentali ricompresi anche nell’elenco di cui all’art. 9, comma 3-bis del D. L. n. 557 del 1993, a prescindere dalla categoria catastale di appartenenza, poiché, come risulta, ad esempio, nel caso di cui alla lett. f) dell’art. 9, comma 3-bis, tra gli immobili strumentali in argomento sono ricompresi anche quelli a destinazione abitativa che comunque non possono rientrare nella categoria D/10 e quelli classati, ad esempio, nelle categorie C/1, C/2, C/6 etc., in ottemperanza alle vigenti norme catastali. Si può, quindi, affermare che, anche nel caso in cui detti immobili siano accatastati in una delle categorie dei gruppi ordinari e non in D/10, si può certamente riconoscerne la strumentalità e conseguentemente l’applicazione del regime di favore ai fini IMU.”

Questo, almeno in prima battuta, porterebbe a concludere che, a partire dal 2012, ciò che rileva è l’utilizzo e non il classamento catastale; tale posizione era giustificata dal fatto che “ancorché l’art. 7, comma 2-bis del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, avesse stabilito che agli stessi dovesse essere attribuita la categoria D/10, l’abrogazione della citata norma fa venir meno la necessità dell’accatastamento in detta categoria dei fabbricati rurali strumentali che non possiedono i requisiti previsti per la stessa categoria.”

In tale documento si afferma che l’articolo 13, comma 14-bis, del D.L. 201/11 rinvia ad apposito decreto per la fissazione delle modalità per l’inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralità e questo porta ad affermare che la classificazione dell’immobile nella categoria catastale D/10 non è condizione unica per il riconoscimento dell’agevolazione in esame”.

Tale posizione pare però approssimativa e non condivisibile sulla scorta del dettato normativo e va quindi respinta. D’altro canto, anche nel passato l’Agenzia delle Entrate (C.M. 50/E/2000) aveva definito irrilevante la situazione catastale (definendo la rendita solo “inventariale”), poi sappiamo bene come la Cassazione abbia invece del tutto censurato tale opinione.

La questione deve essere valutata considerando il contenuto del D.M. 26.7.2012 (emanato ai sensi del citato comma 14-bis dell’articolo 13 D.L. 201/2011) e della circolare 2/T/2012. In base al citato decreto è consentito iscrivere i fabbricati diversi da quelli censibili nella categoria D/10, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione, a meno che la perdita dei requisiti di ruralità non faccia cambiare la destinazione del bene tanto da richiedere un nuovo classamento. Per tali fabbricati viene apposta una specifica annotazione.

Il ragionamento però è diverso per i fabbricati della categoria D: anche la circolare 3/DF/2012 esonera dalla variazione catastale gli immobili classificati nelle categorie ordinarie (mentre le categorie D/10 sono definite “speciali”). Nella circolare 2/T/2012 si legge: “si evidenzia, inoltre, che per gli immobili strumentali all’attività agricola, censiti in una delle categorie del gruppo D, diverse dalla D/10, per i quali si richieda l’attribuzione della categoria D/10 in relazione alla sussistenza dei requisiti di ruralità, è possibile utilizzare la procedura Docfa “semplificata” descritta nell’allegato tecnico, unito alla presente circolare.” Ossia se l’immobile è in categoria D diversa da D/10 occorre proporre variazione catastale e non basta la semplice annotazione della ruralità.

Quindi è del tutto errato affermare che qualunque categoria catastale dà diritto a fruire dell’esonero previsto per i fabbricati rurali strumentali; al contrario, è necessario attivarsi per ottenere il classamento in D/10 (se l’immobile è classabile in quella categoria) ovvero richiedere l’apposizione della prescritta annotazione per i fabbricati classificati in categorie catastali diverse.

Riepilogando, occorre quindi concludere:

  • per i fabbricati a destinazione abitativa non serve variare la categoria catastale (quindi potranno essere A/2, A/3, ecc.) e basta l’apposita annotazione di ruralità negli atti catastali;
  • per i fabbricati censiti nelle categorie ordinarie a destinazione strumentale non serve variare la categoria catastale (quindi l’ufficio dell’azienda agricola potrà rimanere in A/10 e l’abitazione del dipendente potrà rimanere, ad esempio, in A/3) e basta l’apposita annotazione di ruralità negli atti catastali;
  • per i fabbricati strumentali a destinazione speciale è invece necessario che l’immobile sia censito in categoria D/10 (quindi la stalla deve essere D/10, mentre se sarà D/1 o D/8 risulterà priva dei requisiti di ruralità, di fatto dovendo scontare l’IMU in misura ordinaria).
Dottryna