Fabbricato da demolire: nella cessione il registro diverge dalle dirette
di Fabio GarriniIl tema riguardante il trattamento fiscale della cessione del fabbricato da demolire è da tempo controverso. Nella sentenza n. 10113 del 21 aprile 2017 la Cassazione afferma, da un primo punto di vista, che l’imposta di registro va applicata tenendo conto delle potenzialità edificatorie che l’acquirente ottiene; al contrario, ai fini delle imposte dirette, il bene trasferito va considerato come fabbricato per valutare se sia presente o meno una plusvalenza tassabile quale reddito diverso ai fini dell’articolo 67 Tuir.
Imposta di registro
Nella sentenza n. 10113/2017 la Cassazione conferma la tesi (già espressa, ad esempio, nella precedente sentenza 24799 del 21 novembre 2014) secondo la quale si ritiene possibile riqualificare un atto di “cessione di edificio” in “vendita di terreno edificabile”. In altre parole, secondo i Giudici di Legittimità, è necessario valutare, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, il reale motivo che ha portato le parti al trasferimento degli immobili, essendo preminente l’interesse dell’acquirente all’acquisizione della potenzialità edificatoria, non ai fabbricati esistenti al momento in cui è avvenuta la compravendita.
Peraltro, la Cassazione evidenzia alcuni elementi (da intendersi ovviamente quali parametri indicativi e non esaustivi) che sono atti a rimarcare come l’interesse dell’acquirente non possa considerarsi riferito ai fabbricati esistenti, ma bensì alla potenzialità edificatoria che essi consegnano a chi ottiene il bene:
- lo stato di vetustà che rendeva commercialmente poco o nulla appetibile il fabbricato preesistente;
- la sua demolizione e ricostruzione successivamente alla compravendita;
- la presentazione, da parte dell’acquirente, dell’istanza di demolizione e ricostruzione al Comune appena tre giorni dopo la stipulazione;
- la circostanza che, già prima della compravendita, il Comune avesse emanato due pareri favorevoli di fattibilità degli interventi edilizi poi realizzati;
- la rispondenza del prezzo pattuito alla valorizzazione dello sfruttamento delle concrete potenzialità edificatorie, ovvero ri-edificatorie, del suolo.
Imposte sul reddito
A questo punto occorre osservare come la posizione della Cassazione sia diametralmente opposta quando si valuta l’operazione sotto il profilo reddituale del cedente.
Con numerose pronunce – si ricordano, in particolare, le sentenze n. 4150 del 21 febbraio 2014, n. 15629 del 9 luglio 2014 e n. 7853 del 20 aprile 2016 – i Giudici di Legittimità hanno sostenuto la tesi per cui la tassazione in capo al cedente sarà parametrata al fabbricato esistente al momento della cessione, quindi, se detto fabbricato è posseduto da oltre cinque anni, ai sensi dell’articolo 67 Tuir non vi sarà plusvalenza tassabile.
La giustificazione deriva dal fatto che la potenzialità edificatoria non è attuale ma futura; essa è “eventuale e rimessa alla potestà di soggetto (l’acquirente) diverso da quello interessato dall’imposizione fiscale.”
Risulta evidente pertanto che la medesima situazione sia valutata in maniera diversa a seconda dell’imposta considerata.
Sotto questo profilo consta l’osservazione della medesima sentenza n. 10113/2017, che non considera la riqualificazione ai fini del registro in contrasto con la posizione espressa ai fini delle imposte dirette, che invece mira a considerare l’aspetto fattuale: “Va infatti considerato che una cosa è interpretare l’atto secondo la sua intrinseca natura ed i suoi effetti giuridici, ex articolo 20 D.P.R. 131/1986, in vista della sua esatta collocazione tra i gruppi tariffari previsti ai fini dell’imposta di registro; ed altra è affermare che l’acquisto di area già edificata non dà luogo a plusvalenza tassabile (in capo al venditore) ai fini dell’imposizione sul reddito. Lo stesso orientamento di legittimità da ultimo citato individua la ratio dell’imposizione reddituale nell’emersione di una plusvalenza che trovi origine non “da un’attività produttiva del proprietario, ma dalla avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica”.
La Cassazione evidenzia infatti come le due imposte abbiano dei presupposti ben diversi che possono portare a un diverso trattamento della medesima fattispecie:
- ai fini delle imposte dirette, la tassazione è ancorata alla natura attribuita dal terreno dallo strumento urbanistico e tale area è già stata utilizzata ai fini edificatori quando venne costruito il fabbricato, indipendentemente dal fatto che successivamente detto fabbricato verrà demolito;
- ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, in forza dell’articolo 20 D.P.R. 131/1986, occorre invece andare ad esplorare l’esatto contenuto dell’operazione che la parti hanno posto in essere, indipendentemente dalla realtà formale.