Il gasolio, secondo la ricostruzione operata dall’Agenzia delle Dogane, non avrebbe mai lasciato il territorio dell’UE, integrando la fattispecie dell’immissione in consumo dei prodotti e, quindi, la fattispecie dell’esigibilità delle relative accise in Italia.
Tuttavia, nel corso di alcune indagini, i verificatori avevano accertato che lo svincolo irregolare dei prodotti era stato agevolato dall’apposizione, da parte dell’ufficio doganale competente, di “visti uscire” ideologicamente falsi per infedeltà del pubblico ufficiale.
Nonostante l’esito di tali indagini, l’Agenzia delle Dogane aveva ritenuto, comunque, di procedere con la notifica al titolare del deposito fiscale di un avviso di pagamento per mezzo del quale aveva contestato al contribuente l’omesso versamento delle accise relative al gasolio immesso irregolarmente nel territorio nazionale.
Secondo l’Agenzia delle Dogane, infatti, in caso di svincolo irregolare della merce, graverebbe sul titolare del deposito fiscale una responsabilità oggettiva per il pagamento delle accise.
La tesi dell’Amministrazione finanziaria è stata accolta dalla Corte di cassazione con la sentenza oggetto di esame. I giudici di legittimità, infatti, hanno espresso il principio secondo il quale il depositario fiscale, anche in caso di falsa esportazione, è sempre responsabile per l’immissione in consumo sul territorio nazionale.
In altre parole, secondo la Corte di cassazione, la condotta illecita di un funzionario infedele non esonera il depositario fiscale dal pagamento delle accise, anche se questi “risulti del tutto estraneo alla condotta dei terzi stessi, anche se sia in buona fede ed abbia potuto riscontrare il buon esisto delle spedizioni, qualora essa non abbia determinato la distruzione o la perdita irrimediabile dei prodotti”.
La Corte di cassazione, nell’esprimere il citato principio di diritto, ha richiamato la posizione (estremamente rigida) espressa dalla Corte di Giustizia UE (nello specifico, sentenza 07.09.2023, causa C-323/22) in materia di svincolo irregolare di prodotti assoggettati ad accisa.
Per la Corte di Giustizia UE, infatti, la responsabilità fiscale del depositario di prodotti in regime di sospensione di accisa ha natura oggettiva e può essere derogata solo ed esclusivamente in caso di “perdita” fisica del prodotto, ossia in caso di impossibilità materiale che lo stesso prodotto possa essere immesso nel consumo unionale. Nessuna deroga, invece, a detta della Corte di Giustizia UE, può essere prevista in caso di svincolo irregolare dovuto ad un atto illecito imputabile esclusivamente a un terzo e, in relazione al quale, il depositario sia totalmente estraneo.
Una diversa interpretazione, infatti, secondo la Corte di Giustizia UE, indebolirebbe il ruolo centrale che viene attribuito al depositario fiscale nella esigibilità delle accise, compromettendo l’obiettivo della lotta contro la frode e l’evasione fiscale.
In altre parole, per la Corte di Giustizia UE, è corretto sacrificare la buona fede e l’affidamento del depositario fiscale in favore di una ipotesi di responsabilità oggettiva che, tuttavia, a parere di chi scrivere, risulta essere difficilmente compatibile con i principi dell’ordinamento interno.
È bene evidenziare, in ogni caso, che l’orientamento sopra espresso è stato disatteso da una parte della giurisprudenza di legittimità che ha abbracciato la tesi secondo la quale il deposito fiscale deve essere chiamato al pagamento delle accise esclusivamente nell’ipotesi in cui non sia in buona fede.
Più nello specifico, secondo questa parte della giurisprudenza, il titolare del deposito fiscale non può essere dichiarato solidalmente responsabile per i fatti posti in essere da terzi, laddove egli abbia utilizzato tutta la diligenza di un operatore avveduto, adottando misure ragionevoli per evitare la sua partecipazione alla frode fiscale.
L’interpretazione fornita da questa parte della giurisprudenza è maggiormente condivisibile dal momento che risulta essere sicuramente più conforme al principio comunitario di proporzionalità.