Sarà poi onere dell’utilizzatore illustrare la propria estraneità, adempimento probatorio che paradossalmente è più semplice nel caso della contestazione della falsa fatturazione oggettiva rispetto alla falsa fatturazione soggettiva: nella prima ipotesi, infatti, il contribuente è chiamato a dimostrare che nei suoi confronti la prestazione fatturata è stata realmente eseguita, con dunque una prova oggettiva che si fonda su fatti certi illustrando, in maniera idonea, di aver realmente acquistato i prodotti e/o servizi per l’ottimale svolgimento della propria attività (in merito si veda anche la sentenza della Corte di Cassazione n. 17572 del 2009).
La prova difensiva deve essere “concreta”, non essendo sufficiente la dimostrazione del pagamento tracciato, potendo tranquillamente trattarsi di una prova precostituita (Corte di Cassazione, sentenza n. 1134 del 2009, concetto ribadito anche nella sentenza in commento); invero, sarà necessario illustrare l’effettivo impiego dei prodotti e/o servizi acquistati.
La prova difensiva nell’ambito delle false fatture oggettive è importantissima: in tal modo, infatti, si riescono a contestare validamente i recuperi subiti sia ai fini delle imposte sui redditi che ai fini IVA. L’approccio difensivo è del tutto diverso nel caso della falsa fatturazione soggettiva, laddove diviene fondamentale dimostrare la propria inconsapevolezza e non conoscenza della “diversità” del soggetto emittente: si tratta dunque di provare uno stato soggettivo di non facile dimostrazione, al limite della prova diabolica.
La problematica si pone esclusivamente in materia IVA, attese le modifiche normative del DL 16/12, che ormai riconoscono sempre la deduzione ai fini reddituali del costo, se inerente all’attività svolta. Esplicativa è la circolare n. 32 del 2012 dell’Agenzia delle Entrate, laddove al punto 2.3 si legge che nel caso di contestazioni di fatture soggettivamente inesistenti ormai i recuperi afferenti le imposte dirette sono da considerarsi nulli, atteso che: “(…) poiché, agli effetti della nuova disposizione, l’indeducibilità del costo opera ove vi sia stato un diretto utilizzo dei beni o servizi per il compimento dell’attività delittuosa, ne consegue che i costi relativi all’acquisizione di beni o servizi che, ancorché documentati da fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, non siano stati utilizzati per il compimento di alcun reato, sono deducibili, ove, ovviamente, ricorrano i requisiti generali di deducibilità dei costi previsti dal testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.
Tutti questi assunti sono ribaditi nella sentenza 4335 del 2016, che in maniera compiuta rimarca la ripartizione dell’onere probatorio fissando il principio basilare da tener presente quando si è in presenza di una contestazione afferente l’utilizzo di false fatturazioni: non è affatto sufficiente verificare gli avvenuti pagamenti. Serve la dimostrazione dell’effettività della prestazione fatturata ovvero, nel caso delle fatture soggettive, della capacità del soggetto emittente la fattura di poter effettuare realmente la prestazione. Solo in tal modo la fatturazione “incriminata” sarà immune da censure, potendo determinare anche la corretta detraibilità dell’IVA. Circostanza, questa, particolarmente delicata soprattutto nel caso delle prestazioni collegate a falsità soggettive. La giurisprudenza della Corte di Cassazione, nonché quella della Corte di Giustizia europea, infatti, sono constanti nel rimarcare il diritto alla detrazione dell’IVA, ogniqualvolta si sia in presenza di un contribuente totalmente estraneo all’evasione realizzata. Tra le altre, può richiamarsi la sentenza della Corte di Cassazione dell’11 aprile 2011, n. 8132, che – proprio al fine di non penalizzare in maniera eccessiva colui che, ignaro e in buona fede, ha avuto l’unico torto di rapportarsi inconsapevolmente al falso venditore – ha fornito importanti elementi per valutare la c.d. “ignoranza incolpevole”, come ad esempio l’assenza di dati e notizie per presupporre la provenienza fittizia delle fatture e la circostanza di non aver tratto alcun beneficio dalla frode fiscale. Sul fronte IVA, dunque, al contribuente spetta la dimostrazione della sua totale estraneità al disegno evasivo: se tutti questi fattori si concretizzano, la contestazione di utilizzo di false fatture sarà facilmente neutralizzata.