Finalmente la bussola fiscale sul contratto di rete in agricoltura
di Luigi ScappiniIl contratto di rete, introdotto nel 2009, è una forma di aggregazione tra imprese che ha trovato utilizzo anche nel comparto primario per il quale lo stesso Legislatore ha previsto alcune norme ad hoc per cercare di incentivarne l’utilizzo, sia di carattere giuslavoristico quali la codatorialità, sia agevolativo attraverso l’introduzione per il periodo 2014-2016 di un credito di imposta specifico.
Nella realtà, la previsione normativa più interessante è rappresentata dall’articolo 1-bis, comma 3, D.L. 91/2014 ai sensi del quale, per i contratti di rete stipulati esclusivamente tra imprenditori agricoli, singoli o associati, definibili come PMI ai sensi del Regolamento 800/2008/CE della Commissione, la produzione agricola derivante dall’esercizio in comune delle attività, secondo il programma comune di rete, può essere divisa fra i contraenti in natura con l’attribuzione a ciascuno, a titolo originario, della quota di prodotto convenuta nel contratto di rete.
È una previsione che impatta in maniera consistente sulle regole specifiche del settore in cui, nell’ambito dell’esercizio di attività agricole connesse, siano esse di prodotto o di azienda, vige la regola della prevalenza di utilizzo di prodotti e/o mezzi e forza lavoro propri.
A distanza di più di un biennio nel quale le imprese hanno navigato a vista nell’applicare le previsioni di cui sopra, è intervenuta l’Agenzia delle Entrate che con la consulenza giuridica n. 954-87/2015 resa alle associazioni di categoria ha finalmente offerto le proprie interpretazioni in merito alle ricadute fiscali, in tema di imposte dirette e indirette, che chiudono il cerchio.
Dopo aver inquadrato soggettivamente gli imprenditori interessati, il documento di prassi si sofferma sull’ambito oggettivo del contratto, evidenziando come la norma trovi applicazione quando le imprese agricole mettono in comune i fattori della produzione con l’obiettivo di ottenere una crescita imprenditoriale singola e collettiva in termini di innovazione e competitività.
Ne deriva che elemento portante del contratto è il programma di rete in cui dovranno essere individuati diritti e doveri dei retisti, modalità di realizzazione dello scopo comune nonché di ripartizione del prodotto agricolo comune. E proprio su quest’ultimo aspetto si deve evidenziare come, essendo un elemento potenziale e non caratteristico, si rientrerà nelle previsioni di cui all’articolo 1-bis, comma 3, D.L. 91/2014 solo qualora il programma di rete è finalizzato alla produzione e a ottenere tale effetto.
Il MIPAAF, interpellato sulla corretta interpretazione da fornire ha precisato che la disposizione, pur presentando carattere di specialità rispetto all’articolo 3, comma 4-ter, D.L. 5/2009 – non introduce un’ulteriore ipotesi di acquisto della proprietà a titolo originario rispetto a quelle già previste dall’articolo 922, cod. civ., con la conseguenza che non vi è trasferimento del bene oggetto di divisione.
Parimenti – continua il MIPAAF – deve escludersi l’applicazione della disposizione in parola nei casi in cui dal programma di rete emerga un assetto dei rapporti tale da escludere la pariteticità tra gli imprenditori partecipanti, in termini sia di obiettivi sia di posizioni nell’assetto produttivo. Inoltre, elemento fondamentale, il MIPAAF ha precisato come la specialità della previsione può trovare applicazione esclusivamente nell’ipotesi di contratti stipulati da imprenditori agricoli, che svolgono la medesima attività e condividono il medesimo obiettivo con la conseguenza che l’acquisto a titolo originario soggiace alle seguenti condizioni:
- che tutti i singoli retisti svolgano attività agricole di base;
- che tutti i singoli retisti mettano in comune terreni in maniera significativa;
- che l’obiettivo comune sia conseguito mediante apporti equivalenti e condivisione dei mezzi umani e tecnici, proporzionati alla potenzialità del terreno messo in comune, con divieto di monetizzazione delle spettanze;
- che la divisione della produzione avvenga proporzionalmente all’apporto offerto;
- che i prodotti oggetto di divisione non vengano successivamente ceduti tra i retisti.
In vigenza di tali condizioni non si avranno, ai fini fiscali, effetti traslativi tra le imprese, con conseguente irrilevanza Iva della ripartizione.
Ne deriva, altresì, che anche le operazioni poste in essere al fine della realizzazione della menzionata produzione agricola non assumono rilevanza ai fini dell’imposta in esame.
Per quanto concerne le imposte dirette, si renderà applicabile la previsione di cui all’articolo 33, comma 2, Tuir ai sensi del quale “Nei casi di conduzione associata, salvo il disposto dell’articolo 5, il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun associato per la quota di sua spettanza …“.
Poiché nel contratto di rete i terreni messi in comune sono più di uno, ai fini della corretta ripartizione del reddito agrario da attribuire ai singoli retisti il criterio da utilizzare sarà quello proporzionale in ragione della percentuale di quota prodotto assegnata a ogni retista.