28 Marzo 2018

“Finanziarizzazione” dei costi di transazione per tutti

di Fabio Landuzzi
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Il principale effetto dell’applicazione del criterio del costo ammortizzato, in assenza di attualizzazione – ovvero, laddove non è richiesto tenere conto del “fattore temporale” in quanto non vi è una significativa differenza fra il tasso di interesse desumibile dalle condizioni contrattuali dell’operazione ed il tasso di interesse di mercato – è quello di determinare la c.d. “finanziarizzazione” dei costi di transazione.

In altri termini, quei costi che, in assenza del criterio del costo ammortizzato, e quindi sino al bilancio 2015, venivano sostenuti e iscritti fra gli oneri pluriennali per poi essere imputati a conto economico negli esercizi successivi come ammortamenti lungo la durata del mutuo, ora, secondo il criterio del costo ammortizzato, devono essere “trasformati” in oneri finanziari. Questo processo di “finanziarizzazione” si ottiene mediante la determinazione del tasso effettivo di interesse dell’operazione che, appunto, altro non è se non quel tasso che si calcola tenendo conto del peso assunto dai costi di transazione sull’onere finanziario effettivo dell’operazione.

Pertanto, il calcolo del tasso effettivo di interesse è semplicemente l’operazione matematica necessaria per consentire la trasformazione dei costi di transazione in oneri finanziari, e per fare in modo che, in ultima analisi, anziché essere imputati a conto economico come ammortamenti, tali costi di transazione siano imputati nel corso della durata del mutuo proprio come maggiori oneri finanziari.

Se questo è il risultato a cui giungono i soggetti Oic Adopter che redigono il bilancio in forma ordinaria, vi è da domandarsi se da questo effetto di finanziarizzazione dei costi di transazione possano invece ritenersi esclusi coloro che redigono il bilancio in forma abbreviata (articolo 2435-bis cod. civ.) oppure le microimprese (articolo 2435-ter cod. civ.); per tali soggetti, infatti, è consentito derogare alla applicazione del criterio del costo ammortizzato e quindi rilevare i debiti al valore nominale.

Ebbene, occorre avere riguardo a quanto a tale scopo prescrive il principio contabile Oic 19, e precisamente:

  • al 57, in riferimento proprio a tali soggetti e con riguardo alla rilevazione originaria, si afferma che i “costi di transazione (…) sono rilevati tra i risconti attivi nella classe D dell’attivo dello stato patrimoniale”;
  • al 70, con riguardo alle valutazioni successive, si afferma che “i costi di transazione iniziali rilevati tra i risconti attivi sono addebitati a conto economico lungo la durata del prestito a quote costanti ad integrazione degli interessi passivi nominali”.

Dalle richiamate prescrizioni si evince quindi che anche per i soggetti “abbreviati” e per le “microimprese” che decidono di non rappresentare in bilancio i debiti secondo il criterio del costo ammortizzato:

  • non è più consentito capitalizzate i costi di transazione fra gli oneri pluriennali e quindi imputarli a conto economico mediante quote di ammortamento;
  • occorre utilizzate la tecnica del risconto, ai fini della loro imputazione per competenza temporale lungo la durata del prestito;
  • la loro imputazione al conto economico va ad alimentare la voce del costo per interessi, determinando così in ultima analisi l’effetto della loro “finanziarizzazione”.

E’ evidente che il risultato a cui perviene questa rappresentazione contabile, che determina in sostanza una sorta di parziale allargamento del criterio del costo ammortizzato, ha effetti sul piano fiscale con riguardo:

  • all’assoggettamento di tali oneri all’articolo 96 del Tuir, ai fini della loro deduzione Ires;
  • alla non deducibilità ai fini Irap in conseguenza della loro classificazione fra gli oneri finanziari.

Probabilmente, potrebbero rimanere esclusi da tali effetti solo quei costi di transazione che, in forza del “postulato della rilevanza”, potrebbero non essere riscontati lungo la durata del prestito.

Nullità e falsità del bilancio e delle dichiarazioni fiscali