29 Ottobre 2014

Contratto preliminare di compravendita di fabbricati – I parte

di Cristoforo Florio
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Affrontiamo in due contributi (il secondo verrà pubblicato su Euroconference NEWS di domani) il tema dei
contratti preliminari di compravendita di fabbricati e i
risvolti IRPEF con particolare riguardo al periodo di imputazione temporale della plusvalenza immobiliare.
Il Codice Civile non fornisce alcuna definizione di “contratto preliminare”; le disposizioni di cui agli artt. 1351 c.c. e 2932 c.c. si limitano a stabilire, rispettivamente, la forma che tale contratto deve avere e l’esecuzione in forma specifica. Tali norme sono state successivamente integrate dall’art. 2645-
bis c.c., che sancisce la trascrivibilità del contratto preliminare al ricorrere di determinate condizioni, senza tuttavia che fosse mai fornita una definizione normativa di tale tipologia contrattuale.
Dal complesso di disposizioni sopra citate può semplicemente dedursi l’ammissibilità, nell’ordinamento giuridico italiano, di un contratto da cui sorga l’obbligo di stipulare un successivo contratto. Il preliminare può pertanto definirsi come
l’accordo contrattuale con il quale le parti si obbligano a concludere un successivo contratto definitivo, i cui contenuti essenziali sono già stati determinati dalle parti stesse nel predetto preliminare.
Conseguentemente, sotto il profilo civilistico, il preliminare è un contratto produttivo esclusivamente di
effetti obbligatori e non reali; esso infatti “obbliga” a concludere il contratto definitivo ma
non determina effetti traslativi e/o costitutivi di diritti.
Accanto a tale configurazione classica, definita da dottrina e giurisprudenza come “preliminare puro”, esistono nella prassi commerciale molteplici “articolazioni” del contratto preliminare; talora esso è utilizzato come strumento di speculazione e, altre volte, come mezzo per ottenere anticipatamente un determinato tipo di prestazione, rinviando nel tempo la conclusione del contratto definitivo (cd. “preliminare ad effetti anticipati”). Pur potendo essere applicato a numerose tipologie di contratti (locazione, permuta, appalto, ecc.), l’accordo preliminare trova indubbiamente un
utilizzo molto frequente in relazione ai contratti aventi ad oggetto compravendite di beni immobili.
Si intende proporre un’analisi dei principali
risvolti IRPEF connessi alle diverse vicende che si possono sviluppare attorno al
contratto preliminare di compravendita di fabbricati stipulato tra persone fisiche, esaminando gli effetti tributari relativi ad alcune specifiche casistiche riscontrabili piuttosto frequentemente nella prassi delle compravendite immobiliari. È opportuno premettere che, nell’esame che segue, si farà esclusivamente riferimento alle ipotesi di
accordi contrattuali stipulati tra persone fisiche, non esercenti attività d’impresa e/o di lavoro autonomo.
Concentriamo l’attenzione su un caso piuttosto frequente: la
stipula tra persone fisiche di un contratto preliminare di compravendita di un immobile soggetto a plusvalenza IRPEF (come, ad esempio, la vendita di una “seconda casa” prima del decorso del quinquennio dalla data di acquisto), con pagamenti di somme a favore del promittente venditore. In particolare, si intende ragionare – nel prosieguo – sull’ipotesi di corresponsione di acconti prezzo e/o caparre in un anno solare diverso dall’anno di conclusione del contratto definitivo di compravendita. Si pensi, ad esempio, al caso del contratto preliminare stipulato nel 2014 con corresponsione di parte del prezzo nel medesimo anno e stipula del rogito notarile nel 2015 (o successivi anni) oppure, al contrario, al caso di stipula del rogito notarile nel 2014 con versamento del saldo del prezzo nel 2015 (o successivi anni).  
La questione merita un approfondimento alla luce del
criterio di imputazione a periodo dei redditi delle persone fisiche che è governato (salvo alcune eccezioni) dal
principio di cassa, secondo il quale un determinato reddito contribuisce a formare l’imponibile complessivo del soggetto Irpef nell’
anno d’imposta in cui viene effettivamente percepito/incassato (a differenza del regime dei redditi d’impresa, per i quali vige il principio di competenza economica, basato sulla maturazione dei corrispettivi, indipendentemente dalla loro manifestazione finanziaria).   
Dal punto di vista Irpef, In base a quanto disposto dall’art. 67, comma 1, lettera b) del Tuir, costituiscono redditi diversi (se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da s.n.c. e s.a.s. né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente) le
plusvalenze realizzate mediante
cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, con esclusione di: 1) immobili acquisiti per successione e 2) immobili abitativi che per la maggior parte del periodo intercorrente tra la data di acquisto (o di costruzione) e la data di cessione sono stati adibiti ad abitazione principale dal contribuente o dai suoi familiari.
Pertanto, se nelle ipotesi di cui ai precedenti punti 1) (immobili ricevuti per successione) e 2) (vendita infra-quinquennale dell’abitazione principale), la cessione degli immobili non genererà mai, per espressa previsione legislativa, alcuna plusvalenza imponibile, in tutti gli altri casi occorrerà attentamente valutare l’emersione del plusvalore tassabile, anche al fine di mitigare – nei limiti della legge – il carico tributario.
Alla luce del dato normativo, l’evento al ricorrere del quale va valutata la sussistenza di una plusvalenza immobiliare imponibile è il
perfezionamento della “cessione a titolo oneroso”, ovvero la
stipula di un contratto definitivo di compravendita. In buona sostanza, l’atto di compravendita definitivo rappresenta il cd. “presupposto d’imposta”, l’evento al ricorrere del quale il reddito assume rilevanza fiscale.
La stipula del contratto preliminare di compravendita, pertanto, non è suscettibile di realizzare alcun effetto tributario ai fini che qui interessano, considerato che tale accordo contrattuale non ha effetti reali ma solo obbligatori. La plusvalenza tassabile ai fini IRPEF si realizza, infatti, in conseguenza del
manifestarsi dell’effetto traslativo, e – quindi – solo della
stipula del contratto definitivo che perfezionerà e renderà efficace la cessione immobiliare.
Pertanto e indipendentemente dal principio di cassa più sopra citato, la semplice sottoscrizione di un contratto preliminare di compravendita,
pur se integrata dalla corresponsione di acconti e/o caparre (confirmatorie o penitenziali), non genera effetti di imponibilità IRPEF in capo al percettore di dette somme. Il principio di cassa sarà applicabile al fine di stabilire in quale anno imputare il reddito, ma solo ed esclusivamente dopo che si sia verificato il fatto generatore d’imposta.
A supporto della presente analisi, nel pezzo che pubblicheremo domani formuleremo alcuni esempi che possono riscontrarsi frequentemente nella pratica.