Paesi black list, via libera al raddoppio dei termini d’accertamento
di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365I capitali detenuti all’estero non trovano pace. Se già la tanto attesa norma sulla Voluntary Disclosure sembra essere incappata in delle vere e proprie forche caudine, subendo un percorso che è a dir poco definibile come “sofferto”, anche la normativa applicabile in materia di monitoraggio fiscale e le decisioni delle Commissioni tributarie sono altrettanto “controverse”. La tematica è oltremodo attuale e conosciuta, data anche l’attesa suscitata dalla nuova norma, che potrebbe rappresentare una delle ultime soluzioni per sanare le proprie posizioni rispetto ai capitali detenuti all’estero. Mediante la Voluntary, è noto, dovrebbe essere concesso ai contribuenti di rimediare ad una o tutte le seguenti violazioni:
- mancato monitoraggio fiscale;
- mancata dichiarazione dei redditi derivanti dai capitali detenuti all’estero;
- mancata dichiarazione dei redditi mediante i quali sono stati accumulati i capitali esteri.
Tanti i problemi connessi alla nuova previsione, dall’introduzione del reato di “autoriciclaggio” alla complessità della procedura prevista, fino ad arrivare al costo della stessa, che appare ancora oggi troppo elevato e non “incentivante” all’emersione. Sia chiaro, il problema si pone in prevalenza per coloro che non sono in grado di documentare compiutamente l’accumulo dei capitali all’estero, posto che per gli altri contribuenti tra la previsione della riduzione alla metà della sanzione irrogabile per il mancato monitoraggio e la possibilità di definire le sanzioni medesime, la via d’uscita dovrebbe essere abbastanza indolore. Viceversa, chi non ha contezza della formazione dei propri capitali esteri corre il rischio della completa tassazione degli stessi, con enorme aggravio del costo dell’emersione. Vedremo quali saranno le conclusioni del legislatore, posto che sull’appeal della norma si gioca una partita importante, soprattutto per il successo dell’iniziativa.
Accanto a tali dubbi ecco aggiungersi l’ultimo tassello delicato: quali e quante annualità sono interessate dall’emersione se i capitali sono detenuti nei c.d. paesi black list? Le ultime voci in materia preannunciano una limitazione al raddoppio dei termini di accertamento in sede di emersione volontaria, nel senso che la stessa dovrebbe essere riferita solo alle annualità ancora accertabili secondo i termini ordinari dell’articolo 43 del D.P.R. n. 600/1973. Il problema si pone non soltanto per le situazioni in cui è configurabile un reato tributario, ma anche relativamente all’applicazione dell’articolo 12, commi 2 e 2-bis, del D.L. n.78/2009, secondo cui, in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenuti nei paesi black list in violazione degli obblighi di monitoraggio, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso in particolare:
- i termini di accertamento e di irrogazione sanzioni sono raddoppiati;
- le sanzioni previste per omessa o infedele dichiarazione sono al pari raddoppiate.
Il principale interrogativo sorto in riferimento alla richiamata disposizione normativa è se la stessa possa subire, o meno, applicazione retroattiva. In caso di risposta negativa, sarebbero assorbite dalla disposizione di cui all’articolo 12 del D.L. n. 78/2009 soltanto le violazioni commesse a decorrere dalla relativa introduzione. In caso di risposta positiva, ossia di interpretazione della disposizione quale “procedurale” (tesi ovviamente condivisa dall’Amministrazione finanziaria), sono interessate tutte le annualità che erano ancora accertabili nell’anno 2009. Attualizzando il concetto ad oggi e considerando il termine del 31 dicembre 2014, in caso di non applicazione retroattiva comunque sarebbero in gioco le violazioni riferite all’anno 2008 (dichiarazioni prodotte nel 2009), mentre nell’ipotesi di applicazione retroattiva è necessario andare dietro nel tempo fino all’anno 2005 (dichiarazione del 2006, con termine di accertamento di 8 anni), dovendo anche rammentare che in caso di dichiarazione omessa è accertabile ancora l’anno 2003, dichiarato nel 2004 (con termine di accertamento di 10 anni). Ciò in quanto sia il 2005 che il 2003, per le omesse dichiarazioni, erano annualità ancora accertabili al momento di entrata in vigore del D.L. n. 78/2009.
Le prime valutazioni dei giudici di merito erano andate nella direzione di considerare non retroattiva la citata disposizione, posto che tramite essa è stata introdotta una vera e propria presunzione ex-lege, ossia una norma di carattere sostanziale che non appariva applicabile per il passato (tra le altre, C.T.P. Lucca, sent. n. 103/04/12, C.T.P. Vicenza, sent. n. 61/03/12 e C.T.P. Varese, sent. n. 96/12/13). Da ultimo è però giunta la sentenza n. 5626 della C.T.R. Milano, sezione 27, depositata il 31 ottobre 2014, secondo cui il raddoppio dei termini opera in riferimento a tutte le situazioni ancora accertabili nel 2009, con applicazione procedurale. Queste le motivazioni: “(…) l’articolo 12 (…) non può non ritenersi ad efficacia derogatoria e retroattiva per natura, struttura, funzione e definizione. Tale norma (…) non può che ritenersi procedimentale (né può diventare semi-sostanziale perché la superiore presunzione può, per principio generale, essere superata provandone il già avvenuto assoggettamento o l’esenzione) e non può che concernere gli anni d’imposta antecedenti la entrata in vigore, per l’accertamento dei quali è stato legittimamente e opportunamente previsto, ed applicato alla fattispecie, ancora suscettibile di controllo (…) Una retroattività giustificata anche dalla ragionevolezza di obiettivi e mezzi, nonché dal contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti, non essendolo l’irretroattività”. Certamente non una piacevole notizia, soprattutto nell’ottica della voluntary, per almeno due motivi. In primo luogo, in quanto se non giunge un “blocco” al raddoppio dei termini in sede di emersione, implicitamente il costo della sanatoria sarà più elevato; in secondo luogo, perché coloro che confidavano nei precedenti giuridici circa l’irretroattività della disposizione relativamente ai rischi accertativi devono oggi rivedere i propri calcoli (dovendo presumibilmente esplorare con maggiore convinzione proprio la disclosure).
Sul tema forse servirà una presa di posizione della Corte di Cassazione, ma i tempi saranno sicuramente biblici, al che, per l’emersione dei capitali, è opportuno fare ragionamenti completi, soprattutto se il raddoppio dei termini sarà neutralizzato dalla versione finale della norma. Non resta che attendere e confidare nel Legislatore.