10 Giugno 2021

Fondazioni: scelta tra Ets non commerciale e impresa sociale – I° parte

di Luca Caramaschi
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La scheda di FISCOPRATICO

L’ingresso nel registro unico nazionale del terzo settore (Runts) da parte delle Fondazioni (non bancarie, in quanto soggettivamente escluse), soprattutto se alle stesse è attribuita la qualifica di Onlus (il che rende un eventuale mancato ingresso foriero di conseguenze negative tra cui l’obbligo di devoluzione del patrimonio), porta con sé la delicata scelta di quale forma assumere all’interno del mondo dei nuovi enti del terzo settore.

Con il presente contributo – strutturato in tre parti – ci si propone il non agevole obiettivo di fornire alcuni elementi utili per valutare, appunto, la corretta modalità di ingresso nel mondo Ets da parte di una Fondazione, passaggio che appare indispensabile al fine di poter poi procedere all’adeguamento dello statuto sociale in ragione della specifica tipologia di Ente del Terzo Settore che la Fondazione intenderà adottare.

Nel complesso delle valutazioni, poi, appare anche utile accennare alle conseguenze derivanti da una eventuale mancata inclusione nel mondo Ets.

Laddove la Fondazione abbia la caratteristica di essere una ex Ipab, che verosimilmente all’atto della trasformazione, invenuta molti anni or sono, ha assunto la qualifica di Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale (Onlus) ai sensi dell’articolo 10 D.Lgs. 460/1997, diverse e (probabilmente) più agevoli appaiono le valutazioni da porre in essere.

In primo luogo – a seguito della intervenuta operatività del Runts ad oggi non ancora avvenuta (recenti voci di corridoio parlano del prossimo mese di settembre) – la “nostra” Fondazione sarà chiamata a scegliere se:

  1. assumere la natura di Ente del Terzo Settore, individuando la sezione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (di seguito “Runts”) nella quale iscriversi;
  2. decidere per l’esclusione dal Runts, mantenendo la qualifica di Fondazione regolata dalle sole disposizioni del codice civile (e fiscalmente disciplinata dalle previsioni contenute negli articoli da 143 a 149 Tuir).

La scelta di rimanere fuori dal mondo degli Ets, soprattutto se Onlus, comporta come detto una serie di problematiche e conseguenze tutt’altro che trascurabili.

In primo luogo, la perdita della qualifica di Onlus (per effetto della abrogazione degli articoli che vanno da 10 a 29 D.Lgs. 460/1997 disposta dall’articolo 102, comma 2, lettera a, cts, con decorrenza dal termine di cui all’articolo 104, comma 2, cts, cioè a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea e comunque non prima del periodo di imposta successivo di operatività del Runts) comporta l’effetto della devoluzione del patrimonio “incrementale” formatosi in costanza della predetta qualifica di Onlus.

A seguito quindi di tale scelta la Fondazione, nel determinare la sua qualifica fiscale post riforma, dovrà riferirsi unicamente alle disposizioni contenute negli articoli 73 e 149 Tuir, assumendo probabilmente la natura di ente commerciale regolata dalla disposizione del codice civile.

Volendo pertanto riassumere, la mancata assunzione della qualifica di Ets da parte della Fondazione determina il verificarsi dei tre aspetti di seguito evidenziati, di cui il primo certamente il più gravoso:

  1. obbligo di devoluzione del patrimonio (nel caso, ovviamente, di Fondazione Onlus);
  2. verifica della natura fiscale della Fondazione ai sensi degli articoli 73 e 149 Tuir;
  3. probabile acquisizione della natura di ente commerciale assoggettato alla normativa Ires per la determinazione del reddito imponibile.

Ai sensi dell’articolo 2 D.Lgs.117/2017 (nuovo codice del terzo settore) “Sono (elemento soggettivo) enti del Terzo Settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute e non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, (elemento oggettivo) di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti al RUNTS

Da una prima e generale riflessione, quindi, la portata delle probabili conseguenze (negative) sopra richiamate induce a ritenere che l’opzione dell’inclusione nel mondo Ets rappresenti una strada per certi versi “obbligata”. Scelta di rimanere all’interno del perimetro degli Enti del Terzo Settore che comporta, però, la necessità di porre in essere un’attenta verifica del rispetto dei requisiti soggettivi e oggettivi per l’assunzione della qualifica di Ets.

Va da ultimo tenuto presente che gli Enti di Terzo Settore potranno svolgere attività diverse, secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale (Aig), nei limiti definiti da specifico decreto del Ministero dello Sviluppo Economico (Mise), noto in bozza ma ad oggi non ancora pubblicato in via definitiva.