Forfettario senza credito per imposte pagate all’estero
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariAl contribuente in regime forfettario che riceve compensi da una società di San Marino che applica una ritenuta del 20% non spetta il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero di cui all’articolo 165 Tuir.
È quanto emerge dalla lettura della risoluzione 36/E pubblicata ieri, 15 marzo, sul sito dell’Agenzia delle entrate, riferita ad un’istanza di interpello presentata da un avvocato in regime forfettario che riceve compensi da una società con sede nella Repubblica di San Marino, subendo un prelievo del 20% in base all’articolo 14 della Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra Italia e San Marino (ratificata con L. 88/2013).
Il primo aspetto da evidenziare riguarda il contenuto dell’articolo 14 della citata Convenzione, secondo cui i redditi derivanti dall’esercizio di un’attività professionale (quale quella svolta dal soggetto istante) sono soggetti a tassazione anche nello Stato della fonte, oltre che in quello della residenza per effetto del principio di tassazione dei redditi ovunque prodotti per i soggetti fiscalmente residenti nel territorio dello Stato, con la conseguenza che è legittima e corretta l’applicazione, da parte della società di San Marino, di una ritenuta a titolo d’imposta del 20%.
Sul versante nazionale, il reddito prodotto dall’avvocato rientra nel regime forfettario per il quale il contribuente ha deciso di avvalersi, con la conseguenza che il compenso in questione, unitamente agli altri percepiti, sono soggetti ad un’imposta sostituiva del 15%, tenendo conto che il coefficiente di redditività per l’attività legale è pari al 78%.
Trattandosi di reddito soggetto ad un’imposta sostitutiva, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lett. a), Tuir, lo stesso non concorre alla formazione del reddito complessivo, con la conseguenza che non sussiste il presupposto per poter fruire, in relazione alla ritenuta subita sul compenso percepito dalla società di San Marino, del credito d’imposta per le imposte pagate all’estero di cui all’articolo 165 Tuir.
Secondo tale disposizione, infatti, “se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi di imposta ammesse in deduzione“.
Pertanto, in base alla riportata diposizione normativa (confermata anche dalla circolare AdE 7/E/2017), presupposto per poter beneficiare del credito per imposte pagate all’estero è la confluenza del reddito di fonte estera alla determinazione del reddito complessivo da assoggettare a tassazione ordinaria Irpef nel nostro Paese.
Nel caso di specie, il requisito in questione non sussiste, e tale aspetto era già stato in passato affermato dall’Agenzia delle entrate con la circolare 9/E/2015, secondo cui l’articolo 165 Tuir “non è quindi applicabile in presenza di redditi assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, a imposta sostitutiva o a imposizione sostitutiva operata dallo stesso contribuente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi“.
L’Agenzia osserva, in conclusione, che, se il contribuente avesse optato per il regime ordinario di tassazione, in luogo di quello forfettario, avrebbe potuto fruire del credito per imposte pagate all’estero in quanto il reddito in questione avrebbe contribuito alla determinazione del reddito complessivo in Italia.