11 Marzo 2015

Frontalieri all’esame voluntary

di Nicola Fasano
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Già in un precedente intervento si è avuto modo di analizzare la posizione dei lavoratori all’estero rispetto al tema della voluntary disclosure e la necessità di raffrontare i benefici di quest’ultima procedura con quelli derivanti invece dal ravvedimento operoso extralarge coniato dalla legge di stabilità 2015. Solo all’esito di tale confronto potrà valutarsi la convenienza dell’una o dell’altra procedura.

Una categoria a parte di lavoratori all’estero è quella dei frontalieri ossia, notoriamente, di quei lavoratori dipendenti residenti nel territorio dello Stato che prestano la loro attività, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all’estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi, che, secondo le Entrate, quotidianamente si recano a lavoro oltreconfine.

Tali lavoratori peraltro, ai sensi dell’art. 38, D.L. n. 78/2010, a partire dal periodo di imposta 2009, non sono tenuti agli obblighi di monitoraggio fiscale, poiché la suddetta norma esonera proprio “i soggetti residenti in Italia che prestano la propria attività lavorativa in via continuativa all’estero in zone di frontiera e in Paesi limitrofi”. In tal caso, l’esonero si applica limitatamente alle attività di natura finanziaria e patrimoniale detenute nel Paese in cui viene svolta l’attività lavorativa.

L’esonero permane fintanto che sussiste la condizione di frontaliere. Fino al periodo di imposta 2012, peraltro, come chiarito dalla R.M. n. 128/E/2010, occorreva che lo status di frontaliere risultasse verificato sia al 31 dicembre dell’anno di riferimento, sia per oltre 183 giorni nel periodo d’imposta, realizzandosi con ciò il requisito di “continuità” del rapporto lavorativo estero previsto dalla norma. Non era invece necessario che il periodo temporale fosse ininterrotto. A partire dal periodo di imposta 2013, in virtù delle nuove regole di compilazione dell’RW, invece, come chiarito dalla Circolare n. 38/E/2010, la condizione di frontaliere è sufficiente risulti verificata per oltre 183 giorni nel periodo d’imposta.  Tuttavia, qualora il lavoratore rientri in Italia dopo aver prestato la propria attività lavorativa all’estero per la maggior parte del periodo d’imposta, può usufruire del predetto esonero sempreché, entro sei mesi dall’interruzione del rapporto di lavoro all’estero, non detenga più le attività all’estero. Diversamente, se il contribuente entro tale data non ha riportato le attività in Italia o dismesso le stesse, è tenuto ad indicare tutte le attività detenute all’estero durante l’intero periodo d’imposta

Nessuna esenzione, peraltro, spetta con riferimento ai redditi che le attività estere abbiano generato (interessi su conti correnti, redditi finanziari su dossier titoli, canoni di locazione ecc.) che devono essere regolarmente dichiarati. Così come nessuna esenzione particolare spetta in relazione all’IVAFE che resta dovuta con le regole ordinarie (salvo l’ordinaria esenzione per i conti correnti e libretti di risparmio aventi una giacenza media non superiore ai 5.000 euro).

Qualora i frontalieri volessero regolarizzare le violazioni del passato, inerenti alle attività finanziarie, commesse a partire da anni recenti (dal 2010 in poi), potranno valutare la convenienza del ravvedimento prima ancora della voluntary disclosure, posto che la rilevanza penale degli inadempimenti è difficilmente configurabile, e che, in linea di principio, il versante RW non dovrebbe essere toccato dalla regolarizzazione (stante l’esonero del D.L. n. 78/2010, quanto meno per gli anni dal 2009 in poi). A fronte di sanzioni un po’ più salate, infatti, il meccanismo del nuovo ravvedimento “lungo” è senz’altro più spedito e, per certi versi, meno “evidente” agli occhi del Fisco.

Certo, se si fa riferimento alla Svizzera, e vi sono violazioni commesse in anni ante 2010, con il ravvedimento si renderebbe necessario riaprire anche le annualità da “raddoppio black list, chiuse invece nell’ambito della voluntary stante l’accordo per lo scambio di informazioni stipulato lo scorso 23 febbraio che produce i suoi effetti “benefici” in termini di annualità accertabili e di misura delle sanzioni solo nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria. Il costo del ravvedimento, in questo caso, aumenterebbe, in quanto sarebbero dovute le imposte e relative sanzioni (nella misura ordinaria) anche per gli anni dal 2006 al 2009.

Va osservato, infine, che la strada della voluntary è l’unica via d’uscita in caso di omessa presentazione della dichiarazione, fattispecie che preclude il ravvedimento, condizione questa in cui si potrebbe trovare anche il frontaliere in senso stretto con la Svizzera che non aveva altri redditi oltre a quello prodotto in Svizzera e ivi tassato in base all’accordo del 1974.

 

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