Fuori campo Iva le cessioni di partecipazioni azionarie se occasionali
di Angelo GinexLe operazioni di cessione relative ad azioni o partecipazioni in una società non rientrano nella sfera di applicazione dell’Iva, salvo che sia accertato che sono state effettuate nell’ambito di un’attività commerciale di acquisizione di titoli per realizzare un’interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società di cui si è realizzata l’acquisizione di partecipazioni o che costituiscono il prolungamento diretto, permanente e necessario, dell’attività imponibile.
È questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 5156, depositata ieri 25 febbraio, la quale richiama l’orientamento euro-unitario formatosi in materia (cfr., CGUE, sent. 29 ottobre 2009, SKF, causa C-29/08).
La vicenda trae origine dalla notifica alla società Alfa S.p.A. di un avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta 2004, con cui veniva accertata un’indebita detrazione dell’Iva, dal momento che detto sodalizio aveva detratto l’intero ammontare dell’IVA sugli acquisti senza calcolare il pro rata per la cessione della partecipazione nella società Beta S.p.A., dalla stessa fatturata in esenzione.
A seguito del rigetto del ricorso di primo grado, la società Alfa S.p.A. proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale rigettava il gravame ritenendo che l’assunzione e la cessione delle partecipazioni detenute nella società Beta S.p.A. risultava diretta a realizzare l’oggetto sociale e non poteva dirsi estranea all’attività d’impresa esercitata, in quanto funzionale alla stessa.
Inoltre, si affermava che l’operazione di cessione di detta partecipazione costituiva un prolungamento diretto, permanente e necessario, dell’attività imponibile, con la conseguenza che tali operazioni finanziarie non potevano essere qualificate come accessorie od occasionali.
Seguiva pertanto il ricorso per Cassazione di Alfa S.p.A. affidato ad un unico motivo, mediante il quale si censurava la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 19-bis D.P.R. 633/1972, atteso che essa, a prescindere dalla previsione statutaria, non aveva mai effettuato, né prima né dopo la cessione, altre alienazioni di partecipazioni, sicché l’operazione contestata aveva natura occasionale.
Più precisamente, si evidenziava che il giudice d’appello avesse erroneamente assimilato l’assunzione di partecipazioni sociali con la loro cessione, nonostante tale ultima attività non rientrasse nell’oggetto sociale della società e inoltre, ai fini dell’applicazione del citato articolo 19-bis, non assumesse alcun rilievo il dato formale dell’attività indicata nello statuto come oggetto sociale, ma quello sostanziale, ovvero l’attività concretamente svolta.
Ebbene, tale doglianza è stata ritenuta fondata dalla Corte di Cassazione, la quale ha evidenziato innanzitutto l’errore nel quale è incorso il giudice di appello, che, partito dalla considerazione per la quale, al fine di valutare se l’attività di cessione delle partecipazioni azionarie costituisce prestazione occasionale o meno, dovesse fare esclusivo riferimento alle previsioni statutarie, ne ha dedotto che la cessione in parola costituiva una modalità diretta, permanente e necessaria, dell’attività d’impresa svolta.
Al contrario, si è ribadito il principio, già in precedenza affermato, secondo cui, per verificare se una determinata operazione attiva rientri o meno nell’attività propria di una società, ai fini dell’inclusione nel calcolo della percentuale detraibile in relazione al compimento di operazioni esenti, occorre avere riguardo non già all’attività previamente definita dall’atto costitutivo come oggetto sociale, ma a quella effettivamente svolta dall’impresa (cfr., Cass. sent. 9.03.2016, n. 4613; Cass. sent. 14.03.2014, n. 5970).
Ciò sulla base della considerazione per la quale ciò che rileva, ai fini dell’imposta, è il volume d’affari del contribuente, costituito dall’ammontare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi compiute, e quindi l’attività in concreto esercitata.
Venendo quindi alla questione se la cessione di partecipazione azionaria possa essere considerata o meno fuori campo Iva, la Suprema Corte ha richiamato la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, la quale aveva chiarito che: “le operazioni relative ad azioni o partecipazioni in una società rientrano nella sfera di applicazione dell’Iva quando vengono effettuate nell’ambito di un’attività commerciale di negoziazione titoli, al fine di realizzare un’interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società in cui si è realizzata l’acquisizione di partecipazioni, o quando costituiscono il prolungamento diretto, permanente e necessario, dell’attività imponibile” (cfr., CGUE, sent. 29 ottobre 2009, SKF, causa C-29/08).
Si è pertanto affermato che l’attività di cessione delle partecipazioni azionarie, conseguente all’attività di acquisizione delle medesime, può essere ritenuta non occasionale solo nel caso in cui sia accertato che, a sua volta, quest’ultima attività sia svolta per realizzare un’interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società di cui si è realizzata l’acquisizione di partecipazioni, o quando costituisce il prolungamento diretto, permanente e necessario, dell’attività imponibile.
Nel caso di specie, però, così come osservato dai giudici di vertice, tale verifica non è avvenuta, avendo il giudice d’appello valutato l’attività della società Alfa S.p.A. unicamente sulla base dell’oggetto sociale.
Pertanto, il ricorso è stato accolto e la sentenza cassata con rinvio alla CTR Lazio affinché si pronunci tenendo conto del principio di diritto sopra esposto.