10 Agosto 2018

Genericità delle fatture e indetraibilità dell’Iva

di Vincenzo Cristiano
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La genericità delle fatture non determina automaticamente l’indetraibilità dell’Iva e l’indeducibilità dei costi relativi ad esse, potendo supplire all’omessa o carente indicazione normativamente prevista della natura, qualità e quantità delle operazioni fatturate anche l’eventuale ulteriore documentazione fornita dal contribuente.

Purtuttavia, una fattura così integrata, alla stessa stregua di una formalmente regolare sin dall’origine in quanto comprensiva delle anzidette prescritte annotazioni, non è di per sé sufficiente a provare l’effettività delle operazioni, gravando sul contribuente l’onere di tale prova (anche presuntiva).

Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 31.05.2018, n. 13882.

In relazione al caso in commento, l’Amministrazione finanziaria competente contestava ad una società – mediante avviso di accertamento – l’indebita deduzione di costi ai fini delle imposte dirette e la conseguente indetraibilità dell’Iva relativa per difetto del principio di inerenza.

La società si opponeva tempestivamente e i giudici di prime cure annullavano gli avvisi di accertamento. Poiché nel prosieguo la sentenza veniva poi riformata in sede di appello, la società ha proposto ricorso in Cassazione lamentando, per quanto di interesse, la palese violazione dell’articolo 109 D.P.R. 917/1986.

Ed invero, a parere della ricorrente, i giudici avrebbero dichiarato l’indeducibilità dei costi per difetto del principio di inerenza avendo ritenuto necessaria, a tal fine, “la connessione dei costi agli specifici ricavi, invece che semplicemente sufficiente la correlazione di essi con attività, oggetto dell’impresa, potenzialmente idonee a produrre utili

Il ragionamento della Corte origina dall’affermazione contenuta nella sentenza d’appello impugnata, secondo la quale “il costo, per essere inerente, dovrebbe concorrere in modo diretto e chiaro alla determinazione dei ricavi”, perché contraria all’interpretazione prevalente in tema di principio di inerenza.

A dire il vero, se ci si limita ad una interpretazione meramente letterale dell’articolo 109 Tuir, non si ricava il principio dell’inerenza, ma semplicemente quello della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili.

Ma il punto è un altro. Il principio di inerenza si traduce nel nesso di riferibilità delle operazioni comportanti il sostenimento di costi all’esercizio dell’attività d’impresa.

In tal senso sono da ritenersi inerenti, secondo un giudizio quantitativo e qualitativo che spetta al giudice di merito, “anche costi attinenti ad atti di impresa che si collocano in un nesso di programmatica, futura o potenziale proiezione normale dell’attività stessa, senza correlazione necessaria con ricavi o redditi immediati”.

Specularmente non sono inerentile operazioni comportanti costi che – siano o meno idonee a recare vantaggio all’attività imprenditoriale, incrementandone ricavi o redditi – si riferiscano a una sfera non coerente o addirittura estranea all’esercizio dell’impresa.”

Al riguardo, l’articolo 21, comma 2, lett. g), D.P.R. 633/1972, nel prescrivere che la fattura deve indicare la “natura, qualità e quantità dei beni e servizi oggetto dell’operazione”, riporta su scala nazionale il principio contenuto nell’articolo 226, punto 6, Direttiva 2006/112/CE.

In tal senso, però, l’Amministrazione finanziaria non si può limitare all’esame della sola fattura, ma deve tener conto anche delle informazioni complementari fornite dal soggetto passivo, essendo assimilabili a una fattura tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale. Incombe, tuttavia, su colui che chiede la detrazione dell’Iva l’onere di dimostrare di soddisfare le condizioni per fruirne e, di conseguenza, di fornire elementi e prove, anche integrativi e succedanei rispetto alle fatture, che l’Amministrazione finanziaria ritenga necessari per valutare se si debba riconoscere, o no, la detrazione richiesta.

Ne discende che l’Amministrazione finanziaria, una volta che dal contribuente abbia ottenuto ogni documento accessorio, che consenta di accertare che i requisiti sostanziali siano stati soddisfatti e che non sussiste un “atteggiamento frodatorio” del contribuente, non può imporre limitazioni al diritto del soggetto passivo destinatario della fattura di detrarre l’imposta sull’operazione de quo.

Resta impregiudicato il potere dell’Amministrazione finanziaria di sanzionare l’infrazione commessa dal cedente prestatore per il mancato rispetto dei requisiti formali dell’articolo 21, comma 2, D.P.R. 633/1972.

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