Gestione antieconomica anche con bilancio in attivo
di Angelo GinexÈ legittimo l’avviso di accertamento fondato sull’antieconomicità della gestione aziendale, anche nella ipotesi in cui questa concluda il proprio esercizio annuale con un utile talmente esiguo, a fronte di ingenti investimenti sostenuti, da far ritenere senz’altro sconveniente il rischio d’impresa sopportato in rapporto al risultato conseguito. È questo l’innovativo principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 31814 del 05.12.2019.
La vicenda in esame trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento per antieconomicità della gestione d’impresa, con cui si contestavano ad una ferramenta maggiori ricavi, dal momento che essa, a fronte del sostenimento di costi pari ad euro 980.049, aveva dichiarato il conseguimento di un reddito d’impresa pari ad euro 10.104 e ricavi pari ad euro 809.905, quindi significativamente inferiori e insufficienti per remunerare il capitale impiegato.
A seguito di ricorso dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, detto avviso di accertamento veniva annullato. Pertanto, l’Agenzia delle Entrate proponeva appello, che veniva accolto sulla base della considerazione per la quale l’Ufficio finanziario aveva fondatamente ritenuto che sussistessero «gravi e numerosi indizi presuntivi di inattendibilità delle risultanze contabili» idonei a giustificare l’emissione di un accertamento ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973, dovendo in definitiva riscontrarsi una condotta antieconomica dell’operatore commerciale, a prescindere dalla regolarità formale della contabilità tenuta dall’impresa.
Avverso la decisione assunta dai giudici di seconde cure, la società contribuente proponeva ricorso per cassazione, lamentando innanzitutto che la gestione antieconomica non ricorrerebbe in considerazione di circostanze oggettive, in quanto impresa giovane, sorta in un territorio in cui la medesima attività di ferramenta incontra significativa concorrenza.
Ad adiuvandum, la medesima contestava che detta gestione antieconomica non ricorrerebbe anche in conseguenza di considerazioni soggettive, perché finalità dell’imprenditrice era in primo luogo quella di assicurare un lavoro a parenti acquisiti.
Da ultimo, la società contribuente escludeva che potesse parlarsi di gestione antieconomica perché la essa aveva comunque chiuso il bilancio annuale in attivo, ed altrettanto si era verificato nell’anno precedente e nel successivo.
Ebbene, nella pronuncia in commento, la Corte di Cassazione, rigettando il ricorso proposto dalla società, ha affermato expressis verbis che: «L’antieconomicità della gestione di un’impresa non può verificarsi sol quando essa concluda il proprio esercizio annuale con una perdita, ma anche quando chiuda il bilancio con un utile talmente esiguo, a fronte di ingenti investimenti sostenuti, da far ritenere senz’altro sconveniente il rischio d’impresa sopportato in rapporto al risultato conseguito».
In particolare, i giudici di legittimità hanno evidenziato che, nel caso di specie, considerato che la società, a fronte del sostenimento di costi pari ad euro 980.049, aveva dichiarato il conseguimento di un reddito d’impresa pari ad euro 10.104 e ricavi pari ad euro 809.905, quindi significativamente inferiori e insufficienti per remunerare il capitale impiegato, deve assolutamente confermarsi che la gestione aziendale si è rivelata antieconomica.
A tal proposito, si rammenta che solo un paio di mesi fa, con sentenza n. 24536 del 02.10.2019 la Corte di Cassazione, allargando il campo delle possibili difese dell’imprenditore cui venga contestata una gestione antieconomica, evidenziava come il comportamento antieconomico possa essere giustificato anche in caso di attività iniziata solo di recente.
Più nel dettaglio, con la pronuncia appena indicata, la Suprema Corte ammetteva “saggiamente” una possibile sproporzione tra costi e ricavi nella delicata fase di start up, in cui l’impresa che sta avviando il proprio business realizza importanti investimenti, così escludendo la legittimità di quelle rettifiche secondo cui dietro tale gestione si celerebbero operazioni evasive.
Nella decisione in rassegna, invece, la Suprema Corte, oltre a ritenere irrilevante la circostanza che l’accertamento riguardasse un’impresa giovane, ha altresì affermato, proprio in considerazione degli ingenti investimenti sostenuti nella fase iniziale, che nella sentenza n. 24536 del 02.10.2019 avevano legittimato la gestione antieconomica, senz’altro sconveniente il rischio d’impresa sopportato in rapporto al risultato conseguito.