Giochi ancora aperti per la Tremonti ambientale
di Luigi Scappini
L’articolo 6, commi 13-19 della Legge n. 388/00, abrogato a mezzo del DL n. 83/2012, prevedeva un’agevolazione fiscale, subito ribattezzata “Tremonti ambientale”, per tutte le Pmi che mettevano in atto investimenti ambientali, tra i quali potevano considerarsi anche gli impianti fotovoltaici destinati a ridurre il consumo di energia elettrica convenzionale da parte delle imprese.
Tuttavia, la previsione di incumulabilità di contributi statali con la cd. tariffa incentivante, prevista nei vari Conti energia, in passato ne rendeva dubbia la possibilità di fruizione. A porre fine all’incertezza è intervenuto l’articolo 19 del cd. V conto energia prevedendone la cumulabilità, pur nei limiti previsti dall’articolo 9, comma 1 del D.M. 19 febbraio 2007 (II conto energia). Di fatto, per effetto dell’ammissione di cumulabilità della Tremonti ambientale con la tariffa incentivante, il Legislatore aveva effettuato una sorta di fictio iuris in quanto l’agevolazione di cui all’articolo 6 della L. n. 388/00, non rappresenta(va) un contributo erogato alle imprese, bensì una detassazione.
Di recente la DRE del Veneto, con risposta protocollo n.907-12363/2014 è intervenuta sul tema, affermando come:
- il mancato invio nei termini della comunicazione, peraltro mai disciplinata nelle sue materiali modalità, relativa agli investimenti al MiSe, prevista all’articolo 6, comma 17, non comporta la decadenza;
- la mancata decadenza è desumibile dalle indicazioni fornite con la Risoluzione n.132/E/2010 in tema di Tremonti ter e che
- la mancata indicazione della deduzione entro il termine di presentazione della dichiarazione originaria non inibisce la possibilità di avvalersi di tale deduzione presentando una dichiarazione integrativa ex articolo 2, comma 8-bis del d.P.R. n.322/98 ovvero provvedendo alla correzione dei dati contabili secondo le modalità previste nella circolare n. 31/E/2013.
Con la circolare n. 31/E l’Agenzia delle Entrate ha chiarito le modalità con le quali, ai fini fiscali, i contribuenti possono correggere gli errori commessi in sede di applicazione del principio di competenza ex articolo 109 del Tuir.
Mal si comprende il richiamo fatto da parte dell’Agenzia delle Entrate alla circolare n. 31/E in quanto, in tal caso, il documento di prassi afferma il principio secondo cui, in caso di annualità oggetto di errore non più emendabile con la dichiarazione integrativa a favore, al contribuente deve essere comunque riconosciuta la possibilità di dare evidenza all’elemento di costo non dedotto, “poiché, come affermato dalla circolare, lo stesso, nell’anno di competenza ed eventualmente in quelli successivi, ha determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito”.
Per avvalersi di tale facoltà, il contribuente deve ricostruire tutte le annualità d’imposta interessate dall’errore, come avete fatto, risalendo fino all’ultima annualità d’imposta dichiarata.
La ricostruzione comporta la riliquidazione delle imposte dei singoli esercizi fino all’annualità emendabile (anche essa oggetto di rideterminazione). Solo per questa ultima annualità il contribuente presenterà una dichiarazione integrativa in cui quindi finiranno le risultanze delle liquidazioni rielaborate.
Ma, nel nostro caso, non si è in presenza di un costo non dedotto, bensì di una variazione in diminuzione non inserita in dichiarazione.
A tal fine, unica strada percorribile pare essere quella della dichiarazione integrativa prevista dall’articolo 2, comma 8-bis d.P.R. n.322/98, tuttavia, tale norma prevede, quale termine ultimo utile di presentazione, quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo.
L’Agenzia delle Entrate, con la richiamata risoluzione n. 132/E/2010 ha affermato come tale termine sia perentorio, offrendo, tra l’altro, quale via alternativa per il recupero di quanto indebitamente versato, nel caso in cui il termine sia scaduto, la presentazione di un’istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, il cui termine utile ultimo spira con i 48 mesi decorrenti dal termine per il pagamento del saldo di imposta.
Fin qui nulla questio, quel che sorprende è che nel caso oggetto di interpello, l’investimento ambientale era stato effettuato nel 2010, con la conseguenza che l’agevolazione doveva essere fruita in Unico 2011.
Ne deriva che, nel caso di specie, la DRE del Veneto apre a un’interpretazione “estensiva” del termine, considerando non perentorio, bensì ordinatorio.
Sul punto, tra l’altro, si segnala come Assonime, con la circolare n.18/2012, abbia invocato l’intervento delle Sezioni Unite per il ricomponimento della discrasia sussistente.
Sul unto, infatti, con sentenza n.5399/2012 è stato affermato che il termine deve considerarsi come perentorio al solo fine del successivo utilizzo in compensazione del credito nascente, mentre la successiva sentenza n.6218/2012 lo considera tale in senso assoluto.
In conclusione, si ritiene che la strada sicura sia quella dell’istanza di rimborso di cui all’articolo 38 del d.P.R. n. 602/1973 a cui nel caso di silenzio-rifiuto seguirà l’innesco del contenzioso.