Gli aspetti fiscali nella riforma dello sport
di Guido MartinelliLa L. 86/2019, recante le deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, professioni sportive e semplificazione, oggetto degli schemi di decreto attualmente in corso di approvazione, non contiene alcuna specifica norma di carattere fiscale. Anche per l’assoluta assenza di specifici finanziamenti stanziati a tal fine.
Ciò nonostante gli schemi di decreti delegati in corso di approvazione contengono alcuni passaggi di carattere fiscale che meritano alcune considerazioni. In particolare, ci riferiamo alla nuova disciplina finalizzata al riordino e alla riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché di lavoro sportivo.
L’articolo 11 rubrica “disposizioni tributarie” ma, letteralmente, riporta quelle previste dai commi 4, 5 e 8 dell’articolo 90 L. 289/2002 che vengono poi formalmente abrogati.
Al comma 1 conferma che i contributi erogati dal Coni, dalle Federazioni e dagli enti di promozione sportiva (si ricorda che lo schema di decreto non approvato dal Consiglio dei Ministri e oggetto della delega di cui all’articolo 1 L. 86/2019 riconosceva questa competenza non più in capo al Coni ma al dipartimento sport) non sono soggetti alla ritenuta del 4% prevista dall’articolo 28 D.P.R. 600/1973.
Perdura l’assenza, tra i soggetti titolati all’utilizzo di questa agevolazione, delle discipline sportive associate. Non vi è dubbio che trattasi di mera dimenticanza reiterata da parte del legislatore, ma sarebbe opportuno un chiarimento ministeriale in materia.
Il comma 2 conferma la norma dell’articolo 90 di assoggettamento ad imposta di registro in misura fissa degli atti costitutivi e di trasformazione delle associazioni e società sportive dilettantistiche e il terzo e ultimo comma conferma la presunzione di spesa pubblicitaria delle sponsorizzazioni di importi complessivi fino a 200.000 euro.
Risultano confermati quindi (in quanto non oggetto di espressa abrogazione) il comma 1 dell’articolo 90 L. 289/2002, che estende alle società di capitali sportive dilettantistiche le agevolazioni fiscali previste per le associazioni sportive, compresa la possibilità di applicare la L. 398/1991 (da una interpretazione letterale ne deriverebbe che le società di persone sportive dilettantistiche, di conseguenza, non potrebbero godere di alcuna agevolazione fiscale prevista per le associazioni) e il comma 3, che istituisce le collaborazioni coordinate e continuative di natura amministrativa-gestionale.
Non priva di riflessi fiscali potrà essere l’identificazione, che dovrà essere attuata con criteri e limiti che saranno previsti in un emanando decreto ministeriale, delle attività secondarie e strumentali previste dall’articolo 8.
Questo comporterà che dovranno essere ritenute “non sportive” e quindi andrà riesaminata la possibilità o meno di poter applicare ai proventi che ne conseguono le agevolazioni fiscali previste per le attività sportive dilettantistiche.
L’articolo 31 disciplina l’abolizione del vincolo sportivo e l’introduzione del premio di formazione tecnica. Quest’ultimo, mutuato dalla disciplina della L. 91/1981, prevede che, in caso di primo contratto di lavoro sportivo (e in questo caso si dovrà chiarire come dovrà intendersi l’apprendistato) le società sportive, sia professionistiche che dilettantistiche, dovranno riconoscere alle società presso le quali l’atleta ha svolto la propria attività giovanile un premio di formazione tecnica, determinato secondo un regolamento predisposto dalla Federazione di appartenenza.
Per le attività professionistiche, la L. 91/1981, sotto il profilo fiscale, le equiparava alle operazioni esenti da iva ex articolo 10 D.P.R. 633/1972.
Premesso che è previsto che la legge sul professionismo sia abrogata con l’entrata in vigore della riforma sul lavoro sportivo (al momento, dal 1° settembre 2021) rimane il tema della disciplina applicabile ai fini dei redditi su questo premio erogato dai sodalizi dilettantistici.
Si ritiene applicabile anche in questo caso la fattispecie illustrata dalla Agenzia delle Entrate nella sua famosa circolare 18/E/2018 sulla cessione dei diritti sulle prestazioni degli atleti.
Pare quindi esservi la possibilità di applicare la disciplina della decommercializzazione, ai fini reddituali, applicando il comma 3 dell’articolo 148 Tuir, e, ai fini Iva, si ritiene possibile qualificare l’importo fuori campo, proprio per la sua natura di premio determinato dalla Federazione.
Qualche “complicazione” potrebbe nascere nel caso in cui uno o entrambi i sodalizi dilettantistici in questione siano iscritti al Registro Unico Nazionale del Terzo settore e, come tali, esclusi dalla possibilità di utilizzare il comma 3 del citato articolo 148 Tuir.
In tal caso il rischio sarà che detto premio possa contribuire a incrementare i ricavi “commerciali” delle sportive che siano anche enti del terzo settore.
Da segnalare, in conclusione, che i compensi erogati ai “lavoratori sportivi” vedranno ai fini fiscali l’inquadramento previsto dalle singole fattispecie (lavoro autonomo, subordinato, co.co.co., prestazione occasionale), con l’avvertenza che non formano reddito i compensi fino alla fascia esente di 10.000 euro.
Problema maggiore ci sarà, invece, per le c.d. prestazioni amatoriali o di collaborazione amministrativo – gestionale.
Per queste, invece, ferma l’irrilevanza ai fini fiscali per ricavi fino ai 10.000 euro, al superamento della soglia, diversamente da quello che viene previsto per i lavoratori, diventerà imponibile, ai fini fiscali, tutto il compenso. Si porrà, quindi, il problema di dover sanare, con ritardo non voluto (il superamento dei 10.000 euro potrebbe essere del tutto casuale) l’omissione delle ritenute precedenti, su compensi che potrebbero essere stati erogati anche da committenti diversi.
Ci si augura che questo “pasticcio” sia risolto con una modifica del testo in sede di approvazione definitiva.