Gli associati degli enti del terzo settore
di Guido MartinelliCon la nota n. 1082 del 5 febbraio il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha ripreso la sua funzione di “chiarificatore” delle modalità applicative del codice del terzo settore, rispondendo a due quesiti: il primo, formulato dalla Regione Piemonte in merito alla composizione della base sociale/associativa degli enti del terzo settore ed il secondo, del forum del terzo settore, relativo alla possibile partecipazione delle imprese profit agli enti del terzo settore.
Nel documento di prassi amministrativa si ricorda che il codice del terzo settore prevede, per le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, requisiti precisi per la base associativa, al fine di non far venire meno le caratteristiche di queste due fattispecie disegnate dalla norma in esame.
Se il principio base è quello che gli associati di un Ets possono essere sia persone fisiche, sia soggetti collettivi (cioè enti o società), purché ciò sia previsto dallo statuto, senza vincoli particolari, sul presupposto di garantire la massima autonomia agli enti al fine di determinare l’assetto strutturale “maggiormente idoneo ad assicurare il perseguimento” delle finalità di interesse generale perseguite, ritroviamo che questo non vale per organizzazioni di volontariato e per le associazioni di promozione sociale dove, invece, sono presenti limiti ben precisi.
Infatti, ai sensi degli articoli 32 e 35 del codice del terzo settore, per tali enti le persone fisiche dovranno essere minimo sette e che, ove sia previsto negli statuti la possibilità di associare anche enti collettivi (enti del terzo settore o comunque enti senza scopo di lucro, quindi possibilità eventuale e solo se ed in quanto espressamente prevista) questi non potranno essere in misura superiore al 50% rispettivamente delle odv o delle aps aderenti.
Se detta proporzione non fosse rispettata la odv o aps associante dovrà richiedere l’iscrizione in altra sezione del Runts.
Viene espressamente chiarito, quindi, che, ferme le proporzioni per gli enti collettivi sopra indicate, nulla vieta di far coesistere nella compagine associativa sia persone fisiche che enti senza scopo di lucro, enti del terzo settore e, nello specifico, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale.
Il secondo quesito verte sulla possibilità, per gli Ets, “di accogliere all’interno della propria base associativa delle imprese e, in caso affermativo, se queste ultime possano o meno detenere il controllo dell’ente e, infine, se tale controllo possa essere esercitato da un’unica impresa o essere eventualmente esercitato in forma congiunta”.
Il dubbio trova origine dalla disciplina delle imprese sociali per le quali, invece, viene espressamente previsto dall’articolo 4 D.Lgs. 112/2017, che le imprese profit non possano detenere la direzione o il coordinamento o comunque il controllo di una impresa sociale.
Stante il rapporto di genere a specie esistente tra la disciplina del codice del terzo settore e quella della impresa sociale, il Ministero chiarisce che la disciplina di quest’ultima non può, come tale, essere applicata alla generalità degli enti del terzo settore.
Ne deriva (la nota ministeriale fa proprio anche il contenuto della circolare AdE 38/E/2011 in materia di Onlus) che le imprese profit possono costituire o partecipare successivamente alla base associativa degli ETS nonché detenerne il controllo.
Ovviamente dovrà comunque e sempre essere garantita, precisa la nota di prassi, la finalità di interesse generale e non lucrativa dell’ente di terzo settore partecipato da enti lucrativi.
Il potere di controllo, come viene indicato, spetterà agli uffici del Runts per gli aspetti attinenti alla sussistenza e permanenza dei requisiti necessari all’iscrizione al Runts medesimo, mentre saranno di competenza della Amministrazione finanziaria gli aspetti di natura tributaria.
Il documento di prassi amministrativa ci offre la possibilità di altre due considerazioni.
Si poneva il problema se, alla sezione del registro unico nazionale del terzo settore denominata “altri enti del terzo settore”, nel quale confluiscono anche “gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento senza scopo di lucro” di finalità di interesse generale, potessero accedere anche i consorzi.
Ricordiamo che, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 2602 cod. civ., sono tali quelle organizzazioni create da più imprenditori, “per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese”.
Se, fino ad oggi, il tema era stato trattato con estrema prudenza, si ritiene che adesso, alla luce del preciso chiarimento ministeriale, si debba intendere che un consorzio con attività esterna che svolga uno o più delle attività ritenute di interesse generale possa accedere anche al registro unico nazionale del terzo settore.
Ma il dubbio conclusivo è un altro ancora.
Qual è la ratio che esclude il controllo delle imprese sociali da parte delle imprese profit ma lo consente agli Ets che svolgono attività di impresa? Ci piacerebbe saperlo.