Gli effetti fiscali in capo alle società di persone delle plus/minusvalenza da recesso
di Stefano RossettiL’operazione di recesso da una società di persone, al pari delle società di capitali, comporta, se la quota non viene liquidata in denaro, l’assegnazione di uno o più beni al socio recedente.
Conseguentemente, in capo alla società può emergere una plusvalenza o una minusvalenza confrontando il valore normale del bene assegnato (o dei beni assegnati) con il relativo costo fiscale.
Sotto il profilo fiscale, sia in caso di emersione di una plusvalenza sia in caso di minusvalenza, anche per le società di persone si applicano rispettivamente le disposizioni contenute negli articoli 86, commi 1 e 4, e 101, comma 1, Tuir. Ciò in base al richiamo operato dall’articolo 56, comma 1, Tuir.
Tutto ciò premesso, se dall’operazione di assegnazione di beni ai soci dovesse emergere:
- una minusvalenza, tale componente negativo sarebbe indeducibile (articolo 101, comma 1, Tuir) in quanto si tratterebbe di una minusvalenza da valutazione;
- una plusvalenza, tale componente positivo sarebbe tassato ai sensi dell’articolo 86, comma 1, Tuir.
In relazione a quest’ultimo aspetto tuttavia, si sottolinea che il comma 4 dell’articolo 86 Tuir prevede che se il bene oggetto di cessione (in questo caso di assegnazione) è posseduto per un periodo non inferiore a tre anni, il contribuente può decidere in quante quote costanti desidera assoggettare la plusvalenza ad imposizione, fino ad un massimo di cinque, compreso il periodo d’imposta di realizzo (cinque quote costanti rappresenta la massima dilazione consentita, pertanto il contribuente è libero anche di assoggettare a tassazione la plusvalenza per un periodo inferiore). Tale scelta, in relazione alle plusvalenze realizzate nel periodo d’imposta 2020, deve essere effettuata compilando i righi da RS7 a RS10 del Modello RedditiSP 2021.
Sul tema, tuttavia, è opportuno segnalare la posizione della Suprema Corte (Cassazione n. 991/2015), la quale ha affermato che la scelta relativa alla rateazione, oltre che in dichiarazione dei redditi, può avvenire anche ai sensi dell’articolo 1 D.P.R. 442/1997, norma che disciplina l’opzione e la revoca di regimi contabili di determinazione dell’imposta e dei regimi contabili.
Ad avviso della Corte di Cassazione, dunque, è possibile fruire del beneficio della rateizzazione della plusvalenza anche mediante comportamento concludente, ovvero mediante la corretta imputazione delle variazioni in aumento e in diminuzione in dichiarazione dei redditi.
Per ciò che concerne l’obbligo di presentazione della dichiarazione fiscale al fine di fruire della rateizzazione della plusvalenza, è utile ricordare che la dichiarazione fiscale si intende validamente presentata se trasmessa all’Amministrazione finanziaria entro il termine previsto per legge; tuttavia, l’articolo 2, comma 7, D.P.R. 322/1998 considera valida (ma tardiva) la dichiarazione spedita entro il novantesimo giorno dal termine previsto dalla legge. Oltre tale termine la dichiarazione si considera omessa ma costituisce titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in essa indicati.
Da ultimo, si rammenta che la scelta della rateizzazione non può essere revocata dal contribuente presentando una dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 2, comma 8 del D.P.R. 322/1998 in quanto tale possibilità è riservata alla correzione “di errori od omissioni compresi quelli che abbiano comportato l’indicazione di un maggiore o minore imponibile, debito d’imposta o credito d’imposta”.
Attraverso la dichiarazione integrativa è possibile rimuovere errori od omissioni limitatamente ai dati contenuti nella dichiarazione di redditi che si qualificano come dichiarazioni di scienza, restando così esclusi gli errori legati a manifestazioni di volontà negoziale del contribuente tra cui figura la facoltà concessa al contribuente di rateizzare la plusvalenza ai sensi dell’art. 86, comma 4 del Tuir (vedasi Circolare n. 8/E/2010, Risoluzione n. 325/E/2002, Cassazione n. 14550/2018 e Cassazione n. 30172/2017).
Ciò è coerente con il fatto che a posteriori il contribuente potrebbe ritenere conveniente modificare la scelta effettuata in precedenza:
- modificando la durata della dilazione;
- revocando l’opzione;
- esercitando l’opzione in caso di tassazione integrale della plusvalenza.