Gli Ets e l’indifferenza urbanistica delle sedi
di Guido MartinelliL’articolo 71 del codice del terzo settore (D.Lgs. 117/2017) allarga a tutti gli enti del terzo settore una previsione che, in origine, era prevista dalla L. 383/2000 solo in favore delle associazioni di promozione sociale.
Infatti l’articolo 32, comma 4 della citata norma testualmente prevedeva che: “4. La sede delle associazioni di promozione sociale ed i locali nei quali si svolgono le relative attività sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica”.
Tale agevolazione era stata nel passato molto utilizzata, ivi compreso dalle associazioni sportive che, proprio a tal fine, assumevano anche la qualifica di associazioni di promozione sociale al fine di poter far ospitare la loro attività in immobili a qualsiasi fine destinati dalla pianificazione urbanistica territoriale.
La riforma riprende tale agevolazione ponendone, però, una serie di limiti.
Infatti, a fronte della possibilità per tutti gli enti del terzo settore di avvantaggiarsi della disposizione, prevede che questa si possa applicare soltanto per i locali “in cui si svolgono le relative attività istituzionali purché non di tipo produttivo”.
Sull’argomento vi sono stati recenti interventi interpretativi sia di prassi amministrativi che giurisprudenziali.
Il Ministero del Lavoro, con propria nota n. 3734 del 15.04.2019 aveva già chiarito come tale disposizione non fosse “certamente comprensiva di qualsiasi deroga alla sussistenza dei requisiti di agibilità… e alle misure minime di sicurezza”, precisando che la nuova formulazione ricavabile dalla citata disposizione del Codice del terzo settore presenta differenze non trascurabili: «…Se da un lato, infatti, amplia la platea dei potenziali beneficiari estendendola dalle sole APS agli Enti del Terzo settore, dall’altro sostituisce alla precedente definizione – che genericamente parlava di “attività” senza specificare se vi fosse distinzione tra quelle di promozione sociale e quelle “svolte in maniera ausiliaria e sussidiaria” di cui all’articolo 4 comma 1 lett. f) – quella alquanto più ristretta di “attività istituzionali purché non di tipo produttivo”, escludendone quindi oltre a queste ultime se a carattere produttivo, anche le attività “non istituzionali” (tra cui quindi quelle svolte ex articolo 6), che pertanto non potranno beneficiarne anche qualora siano strumentali alle prime….».
Quindi solo le attività di interesse generale potranno godere di tale vantaggio che non potrà, invece, cadere sulle attività diverse.
Lo stesso Ministero del lavoro, poi, con la recente nota n. 3959 del 22.03.2021 ha chiarito, sulla possibilità di applicare la norma anche alle imprese sociali, che: «…Con riferimento alle imprese occorre evidenziare che la disposizione di cui all’articolo 71 … esclude che si possano esercitare in regime di indifferenza urbanistica le attività istituzionali di tipo produttivo. Le imprese sociali al contrario esercitano in via stabile e principale un’attività di impresa … quanto sopra premesso … rende le disposizioni di cui all’articolo 71 ….. inapplicabili alle imprese sociali….».
Ma anche la giurisprudenza è intervenuta in materia di recente.
Il Tar Abruzzo (decisione n. 519 del 25.10.2019), ha statuito che la disciplina è applicabile per «…un’attività di campeggio purché riservata ai soci di un ente del terzo settore …. e per i soli scopi di interesse generale può beneficiare del principio di indifferenza urbanistica…».
Il presupposto appare essere l’attività non a mercato, ossia riservata esclusivamente a soggetti che siano già associati per l’associazione di promozione sociale o di volontariato o Onlus che gestisce l’attività.
Non si può, infatti, in questa sede fare a meno di ricordare che, fino alla definitiva operatività del registro unico del terzo settore, gli unici enti che possono già godere di detta agevolazione sono, appunto, aps, Onlus ed odv.
In senso conforme vedi anche Tar Lazio sentenza n. 1429 del 03.02.2021 e Consiglio di Stato n. 3803 del 15.06.2020.
Quest’ultimo, poi, recentemente (Consiglio di Stato n. 1737 del 01.03.2021) è intervenuto toccando un altro aspetto, ossia se possa assumere natura produttiva quella che dipende da un appalto pubblico: “Neppure può ravvisarsi nella specie un’attività «di tipo produttivo», atteso che quella prevista dalla Alfa presso l’immobile costituisce un’attività di realizzazione di una comunità educativo assistenziale per minori che ben rientra nelle finalità istituzionali di sostegno e assistenza sociale proprie della stessa Alfa quale ente del terzo settore, ed è dunque ben riconducibile alla ratio agevolativa e al perimetro applicativo dell’articolo 71, comma 1, D.Lgs. n. 117 del 2017, senza che la natura di tale attività possa ritenersi mutata ed essere qualificata come “produttiva” per il sol fatto che sarebbe eventualmente svolta in esecuzione di un appalto pubblico, rimanendo comunque pur sempre un’attività priva di carattere industriale o produttivo stricto sensu, né risultando peraltro connotata da criteri di stretta corrispettività nel rapporto con l’utenza…».
La natura, nel caso di specie, di cooperativa sociale del soggetto gestore, impresa per natura, avrebbe forse potuto far giungere a conclusioni diverse che, però, non mutano il principio che ci interessa di applicazione della norma sulla neutralità urbanistica.