Gli impianti fotovoltaici sono (erano) beni mobili con rimborso dell’Iva
di Leonardo Pietrobon
La Commissione Tributaria provinciale di Milano, con la sentenza n. 308/43/2013, depositata lo scorso 17 ottobre, ha affermato il principio secondo cui gli impianti fotovoltaici devono essere considerati beni mobili.
La vicenda, sulla quale i giudici di primo grado si sono espressi con la sopra citata sentenza, prende avvio da un diniego di una richiesta di rimborso Iva, presentata da una società che ha assolto l’imposta al momento dell’acquisto e dell’installazione di un impianto fotovoltaico su di un terreno di terzi.
Uno dei primi aspetti fondamentali messi in evidenza dai giudici milanesi è rappresentato dal concetto in base al quale “l’impianto costruito su terreni in affitto mantiene la sua autonomia e non può essere ricompreso nell’alveo dei beni immobili ma bensì in quelli mobili ammortizzabili”. In particolare, nella citata sentenza viene stabilito che “un impianto anche se realizzato su di un terreno di terzi condotto in affitto mantiene in ogni caso la propria individualità ed autonoma funzionalità tanto che ai termine dell’affittanza i pannelli potranno essere rimossi e riutilizzati”.
Tale qualifica “mobiliare” degli impianti fotovoltaici, in luogo di quella immobiliare, fino a prima della C.M. n. 36/E/2013, era confermata anche dall’Agenzia delle Entrate con le C.M. n. 46/E/2007 e C.M. 38/E/2010, nelle quali ha affermato che “l’impianto fotovoltaico situato su un terreno non costituisce impianto infisso al suolo in quanto, normalmente, i moduli che lo compongono (i pannelli solari) possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo, mantenendo inalterata la loro originaria funzionalità”, quindi l’impianto fotovoltaico va classificato come bene mobile a meno che per separarlo dall’immobile (terreno o fabbricato) non debbano essere “effettuati antieconomici interventi di adattamento”.
Con il recente documento di prassi (C.M. 36/E/2013), la cui analisi è già stata oggetto di recente approfondimento (L. Piertrobon “Le indicazioni della circolare n.36/E sui profili catastali e la fiscalità degli impianti fotovoltaici”) l’Agenzia, confermando la bontà delle scelte effettuate dagli operatori sino a quel momento, ha cambiato radicalmente opinione, ritenendo valide le indicazioni fornite dall’Agenzia del Territorio nel corso degli ultimi anni, secondo cui per la quasi totalità degli impianti fotovoltaici sussiste una rilevanza catastale-immobiliare, salvo alcune oggettive situazioni di esclusione.
Si ricorda, infatti, che l’Agenzia del Territorio con la Circolare n. 3/T/2008 ha dapprima affermato, in modo generalizzato, la natura immobiliare per gli impianti fotovoltaici, modificando poi la propria posizione con la nota n. 31892 del 22 giugno 2012, con la quale si è preoccupata di fornire alcune indicazioni “operative” utili all’individuazione di quelle ipotesi per le quali ritiene obbligatorio l’accatastamento di un impianto fotovoltaico quale opificio, nella categoria catastale D/1.
A parere dell’Agenzia del Territorio e ora anche dell’Agenzia delle Entrate si è in presenza di un’unità immobiliare se un immobile o una parte dello stesso gode di una propria autonomia funzionale e reddituale. L’Agenzia stabilisce, infatti, che l’autonomia funzionale e reddituale sono elementi inderogabili e sufficienti ai fini dell’individuazione dell’unità immobiliare oggetto di censimento catastale. In altri termini, nel momento in cui sussistono tali caratteristiche – quali sono l’autonomia funzionale e reddituale – si è in presenza di un’unità immobiliare, per la quale sussiste l’obbligo di accatastamento.
A sostegno della necessità di accatastamento, nella categoria catastale degli opifici (D/1) per gli impianti fotovoltaici, il Territorio afferma l’irrilevanza che i componenti degli impianti fotovoltaici, quali possono essere i moduli/pannelli fotovoltaici, siano facilmente amovibili. Così come, sempre a detta della stessa Agenzia, la circostanza che i medesimi componenti possono essere posizionati in altro luogo, mantenendo inalterata la loro originaria funzionalità, non fa venir meno l’obbligo catastale e l’attribuzione della relativa rendita.
Un secondo aspetto di sicuro interesse, preso in esame con la sentenza in commento, è rappresentato, a parere della CTP di Milano, dalla possibilità di chiedere e ottenere il rimborso dell’Iva assolta al momento dell’acquisto. A parere dei giudici di primo grado, sono proprio le caratteristiche di individualità e autonomia funzionale di un impianto rispetto a un bene immobile, che permettono di qualificare un impianto fotovoltaico come un “bene mobile ammortizzabile sulla base delle aliquote previste dal decreto ministeriale del 31/12/1998” e di ottenere, quindi, il rimborso dell’imposta assolta al momento dell’acquisto o costruzione.
Partendo, quindi, dall’assunto in base al quale gli impianti fotovoltaici sono beni strumentali mobili, se utilizzati nello svolgimento dell’attività d’impresa, in quanto, dotati di una propria autonomia funzionale, ai fini del rimborso dell’Iva assolta al momento dell’acquisto o costruzione, deve essere ritenuto valido il principio espresso nella prima parte della R.M. n. 179/E/2005, con il quale l’Agenzia ha affermato che il rimborso dell’Iva ex art. 30 D.P.R. 633/1972 è precluso solo alle opere e miglioramenti su beni di terzi, in quanto non qualificabili come beni ammortizzabili, bensì come oneri pluriennali. Qualifica, quest’ultima, che come è stato precedentemente argomentato non può essere attribuita agli impianti fotovoltaici. Di conseguenza, condividendo la tesi della CTP di Milano, l’Iva assolta al momento dell’acquisto o costruzione risulta essere rimborsabile, al sussistere di tutte le altre condizioni di cui all’art. 30 D.P.R. 633/1972.
Tale analisi, tuttavia, appare superata ancora una volta dalle indicazioni dell’Agenzia delle Entrate con la già citata C.M. n. 36/E/2013, secondo cui “non spetta il rimborso – ai sensi dell’articolo 30 del D.P.R. n. 633 del 1972 – dell’IVA assolta sull’acquisto o realizzazione di impianto fotovoltaico collocato su beni di terzi quando l’impianto non è separabile dal bene immobile cui si riferisce, non potendo essere rimosso al termine del periodo di utilizzo”.
In conclusione, quindi, a parere dell’Agenzia la circostanza che un impianto fotovoltaico sia collocato su un beni di terzi fa perdere allo stesso la qualifica di bene strumentale e la conseguente possibilità, per il soggetto che ha sostenuto tale costo, di chiedere il rimborso dell’Iva assolta al momento dell’acquisto.