Gli interessi passivi sono deducibili anche se privi di inerenza
di Fabio GarriniSecondo la Cassazione (sentenza n. 19430 del 20.07.2018) per le società di capitali la verifica della deducibilità degli interessi passivi non è soggetta ad alcun sindacato di inerenza; la deducibilità è infatti assicurata dall’articolo 109, comma 5, Tuir e le uniche limitazioni sarebbero quelle stabilite dalle norme specificamente introdotte.
L’inerenza e gli interessi passivi
Per i soggetti irpef (imprenditori individuali, imprese familiari, imprese coniugali, società in nome collettivo e società ad esse equiparate, società in accomandita semplice) la regolamentazione della deducibilità degli interessi passivi è prevista dall’articolo 61 Tuir, secondo il quale “gli interessi passivi inerenti l’esercizio d’impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto fra l’ammontare dei ricavi ed altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa o che non vi concorrano in quanto esclusi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi”.
Quindi, nello stabilire il tradizionale pro rata di deducibilità degli interessi con riferimento ai proventi tassati, in questa sede preme segnalare che per tali soggetti la rilevanza riguarda solo gli interessi inerenti, con la conseguenza che gli interessi privi dell’inerenza sono alla radice indeducibili.
Con riferimento ai soggetti Ires, al contrario, la disciplina fiscale risulta ben diversa; l’articolo 109, comma 5, Tuir, nell’introdurre un analogo pro rata di deducibilità, fa riferimento alle “spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi”.
Dal punto di vista sistematico la situazione presenta la sua razionalità: mentre ai fini Irpef è prevista la rilevanza deli interessi passivi, ai fini Ires vi sono delle specifiche regole limitative, quali l’articolo 96 Tuir che vincola la deducibilità all’ammontare degli interessi attivi a al Rol conseguito nel periodo d’imposta.
Come confermato dalla circolare AdE 19/E/2009, a seguito della riforma introdotta con la Finanziaria 2008, per i soggetti Irpef è stabilita una regola di semplificazione (quella dell’inerenza), che sostituisce la regola matematica e quantitativa prevista dall’articolo 96 Tuir per i soggetti Ires.
Quindi, a ben vedere, l’articolo 96 Tuir non sarebbe una norma specifica per le società di capitali che si aggiunge al requisito generale dell’inerenza; l’inerenza degli interessi passivi è invece una regola specifica dei soggetti Irpef che non interessa le società di capitali.
Su tale aspetto si è espressa la Cassazione nella citata sentenza, negando la possibilità di correlare gli interessi passivi ad una attività o ad un costo, facendo essi riferimento alla generale attività d’impresa: “gli interessi passivi sono, dunque, oneri generati dalla funzione finanziaria che afferiscono all’impresa nel suo essere e progredire, e dunque non possono essere specificamente riferiti ad una particolare gestione aziendale o ritenuti accessori ad un particolare costo, occorrendo sempre e comunque un collegamento tra reddito imprenditoriale e componente negativo detraibile, che non può rivolgersi ad un reddito ontologicamente diverso perché estraneo alla stessa attività di impresa.”
Si tratta di una posizione piuttosto radicata nel pensiero della Cassazione (alcune pronunce sono richiamate anche dalla sentenza in commento), anche se taluni affermano che l’inerenza sia un requisito che regola la determinazione del reddito d’impresa che prescinde da specifiche previsioni.
Per i giudici della Suprema Corte, al contrario, la formulazione dell’articolo 109, comma 5, Tuir “indica la chiara volontà legislativa di riconoscere un trattamento differenziato per gli interessi passivi rispetto ai vari componenti negativi del reddito di impresa, nel senso che il diritto alla deducibilità va riconosciuto sempre, senza alcun giudizio sulla inerenza, purché nei limiti quantitativi riconosciuti”.
Pertanto, se ad esempio una S.r.l. dovesse erogare un finanziamento infruttifero ovvero a tassi inferiori rispetto a quelli che mediamente subisce per la raccolta di mezzi finanziari, gli interessi passivi sostenuti non potrebbero essere in ogni caso oggetto di contestazione.
Va comunque ricordato che gli interessi passivi, oltre al citato limite quantitativo dell’articolo 96 Tuir, sono soggetti anche ad alcuni limiti qualitativi, quale quello relativo agli interessi di funzionamento per la gestione degli immobili patrimonio ex articolo 90 Tuir.
Questo aspetto non costituisce però una negazione di quanto fino ad ora affermato; anzi, poiché il legislatore attraverso l’articolo 1, comma 36, L. 244/2007 ha sentito la necessità di regolamentare una specifica indeducibilità degli interessi passivi, occorre concludere che la categoria degli interessi passivi è al contrario generalmente priva di limitazioni qualitative.