Gli interventi di recupero su opere di urbanizzazione
di Roberto CurcuSono in consultazione le bozze di vari testi unici, tra cui quello Iva; il riordino della disciplina è molto importante, in quanto vi è stata una stratificazione di norme che non sempre sono andate a modificare il D.P.R. 633/1972, e di cui si è perso traccia; la questione diventa, poi, particolarmente ostica, quando si interviene nell’Iva edilizia, in quanto spesso le norme del passato fanno riferimento a delle altre norme, che poi sono state modificate o sono addirittura confluite nella tabella Iva.
Una norma che non risulta inserita nella bozza di testo unico Iva, ma ancora vigente, è l’articolo 3, comma 11, D.L. 90/1990, secondo cui “L’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto prevista dall’articolo 8, primo comma, numeri 2), 4) e 5) del decreto legge 31 ottobre 1980, n. 693, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 1980, n. 891, relativa alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, deve intendersi applicabile anche se le opere sono realizzate al di fuori dell’ambito urbano; la medesima aliquota deve intendersi applicabile agli interventi di recupero di cui al numero 6) dell’articolo 8 del predetto decreto legge n. 693 del 1980, effettuati sulle stesse opere. Non si fa luogo a rimborso delle imposte pagate”.
Tale norma, ad oggi, risulta molto complicata da capire, in quanto essa è di interpretazione autentica di norme che sono confluite nell’attuale tabella; in sostanza, la norma, al primo periodo, stabilisce che l’aliquota del 10% prevista per la costruzione e la cessione di opere di urbanizzazione si applica anche se le stesse non sono all’interno del tessuto urbano, ma è sufficiente che siano al suo servizio. Il secondo periodo, invece, dispone che l’aliquota del 10% – prevista per gli interventi di recupero di cui alle lettere c), d), e), dell’articolo 3, del Testo Unico dell’edilizia – si applica anche alle opere di urbanizzazione; si tratta, quindi, degli interventi di restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e ristrutturazione urbanistica.
Premettiamo che i committenti di lavori di recupero su opere di urbanizzazione sono quasi sempre enti pubblici per i quali l’Iva è un costo, e conseguentemente fare applicare aliquote ordinarie in simili circostanze è abbastanza masochista, se si pensa che, a fronte del maggiore costo che sostiene un ente pubblico (che potrebbe essere lo Stato stesso), non ci sarà una uguale maggiore entrata di Iva, posto che una parte dell’imposta incassata (una volta dal cedente/prestatore, oggi dallo stesso ente pubblico con lo split payment) deve essere versata dallo Stato italiano alle autorità comunitarie. Detto ciò, il legislatore del 1990 intervenne con la norma di interpretazione autentica in discussione, per consentire di applicare l’aliquota ridotta agli interventi di recupero effettuati su opere di urbanizzazione che non sono costituiti da edifici (che gli interventi di recupero su opere di urbanizzazione costituite da edifici erano soggette ad aliquota ridotta era già chiaro).
Con la circolare n. 26/E/1990, il Ministero delle Finanze precisò, quindi, che “Con la seconda, viene inoltre stabilito che devono intendersi agevolati anche gli interventi di recupero di cui alle lettere b), c), d), e) dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, effettuati su tutte le opere di urbanizzazione primaria e secondaria. A tal fine giova ricordare che questa Amministrazione aveva ritenuto in passato che sulle opere di urbanizzazione, che non potevano essere qualificate come “edifici” o “complessi edilizi”, l’unico intervento di recupero agevolato era quello di ristrutturazione urbanistica previsto dalla lettera e) del citato art. 31. Con la menzionata norma interpretativa tale limitazione viene superata, con la conseguenza che ad esempio, anche le opere di manutenzione straordinaria e di risanamento, effettuate in relazione a strade e piazze, sono da ritenere operazioni agevolate, e cioè soggette all’Iva con l’aliquota ridotta del 4 per cento”. L’unica cosa che è cambiata rispetto al passato – oltre ai riferimenti normativi – sono che l’aliquota applicabile è quella del 10% e non del 4%, e che i lavori di manutenzione straordinaria non sono più tra quelli agevolati, richiamati oggi dal numero 127-quaterdecies della Tabella Iva.
Fino a che l’interpretazione della norma era demandata al Ministero delle Finanze, furono pubblicati documenti coerenti con la norma quali, ad esempio la risoluzione n. 431469/E/1992, mentre quando iniziò a pronunciarsi l’Agenzia delle entrate iniziarono i guai.
Il problema iniziò con la risoluzione n. 202/E/2008, nella quale l’estensore della stessa si “perse” la norma del 1990 e negò che gli interventi di recupero su opere di urbanizzazione potessero fruire di aliquota ridotta. Chi conosce il modo di scrive dell’Agenzia capì che tale risoluzione fu “tacitamente” smentita dalla successiva risoluzione n. 41/E/2009, nella quale ad un interpellante che riteneva di poter applicare l’aliquota ridotta su dei lavori di recupero (che lui riteneva “pesanti”) da effettuarsi su strade, l’Agenzia delle entrate rispose che la stessa era applicabile “solo qualora gli stessi presentino le caratteristiche necessarie per essere ricondotti tra gli interventi agevolabili nel senso sopra descritto”.
L’Agenzia delle entrate (Direzione centrale grandi contribuenti) riconobbe l’esistenza e la validità della norma con la risposta ad Interpello n. 122/2022 riguardo alla ristrutturazione di un impianto di trattamento di rifiuti liquidi, e con la risposta ad Interpello n. 144/2021, nella quale espressamente scrisse che “L’art. 3, comma 11, del decreto legge 27 aprile 1990, n. 90, estende il beneficio dell’aliquota IVA ridotta di cui al menzionato n. 127-quaterdecies anche agli interventi di recupero effettuati sulle opere di urbanizzazione primaria, sebbene dette opere non possano essere qualificate come “edifici” o “complessi edilizi”. In sostanza, in base all’articolato normativo sopra richiamato, l’aliquota del 10 per cento si applica alla realizzazione ex novo delle opere di urbanizzazione primaria, anche laddove effettuata a mezzo di contratti di appalto, alle cessioni di beni finiti forniti per la costruzione di dette opere, nonché ancora alle prestazioni di servizi concernenti contratti di appalto aventi per oggetto gli interventi di restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e ristrutturazione urbanistica che siano effettuati sulle medesime opere, restando invece esclusi gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria”. In tale risposta, inoltre, l’Agenzia cercò di spiegare come fare a capire se un intervento di recupero su opere di urbanizzazione (non costituito da edificio) sia da qualificare come “manutenzione” da assoggettare ad aliquota ordinaria o come intervento “pesante” da assoggettare ad aliquota ridotta.
In effetti, una volta capito che la norma del 1990 è in vigore e va applicata (cosa che non sembrano invece aver capito alla Direzione centrale persone fisiche dove sono state scritte le risposte ad Interpello n. 122/2022, n. 180/2022 e le risposte ad interpello n. 61/2024 e n. 80/2024 dove richiamano ancora la risoluzione n. 202/2008…) il problema diventa capire se – applicando l’articolo 3, del Testo Unico dell’edilizia, che è scritto per gli interventi di recupero su edifici – gli interventi di recupero effettuati su opere di urbanizzazione che non sono costituite da edifici (strade, impianti di illuminazione, reti di telecomunicazione, ferrovie, impianti di depurazione, ecc…) sono da equiparare ad interventi “leggeri” o “pesanti”.
Ad avviso di chi scrive, un elemento che potrebbe essere valutato è che, mentre gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria (“leggeri”) sono costituiti da “opere” ed “opere e modifiche”, gli interventi di recupero “pesanti” (restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia) sono sempre un “insieme sistematico di opere”. Dubbi, poi, non dovrebbero esserci riguardo al fatto che quando un’opera di urbanizzazione viene “spostata”, l’intervento di recupero è “pesante” e quindi soggetto ad aliquota ridotta, posto che anche la demolizione e ricostruzione di un fabbricato – per il testo unico dell’edilizia – non può certo essere qualificata una manutenzione ordinaria o straordinaria.