Gli intrecci fra voluntary disclosure e RW
di Nicola FasanoIn sede di compilazione dell’RW 2016 e dei connessi quadri reddituali è bene tenere presente, da un lato, le profonde differenze fra l’approccio tenuto in sede di voluntary disclosure e quello da seguire in sede di “compilazione ordinaria” dell’RW e, dall’altro, in particolare nei casi in cui la VD sia stata chiusa, potrà essere utile tenere conto di quanto definito con l’Ufficio.
Fra le differenze più significative sicuramente va annoverata la necessità che nel caso di più soggetti che hanno la contitolarità di assets esteri, in sede di RW ciascuno indica come valore finale l’intero ammontare dell’asset, specificando poi la relativa quota di possesso.
Allo stesso modo, in caso di delegati al prelievo su una relazione bancaria anche loro sono tenuti a indicare, ai fini del monitoraggio fiscale, l’intero ammontare di tale relazione.
Questo vuol dire che se qualcuno dei soggetti obbligati non compila l’RW è di fatto autonomamente sanzionabile sull’intero valore non riportato in RW.
In sede di voluntary, invece, sappiamo che il modello VD è stato compilato indicando la sola quota parte relativa a ciascun contitolare e/o delegato sui conti, stante la specifica previsione normativa di presunzione, salvo prova contraria, di ripartizione in parti uguali del valore degli assets in presenza di più soggetti che ne avevano la disponibilità, con conseguente equa “distribuzione” delle relative sanzioni.
Anche sotto il profilo reddituale, inoltre, va rimarcato che in sede di dichiarazione nessuna semplificazione purtroppo è concessa con riferimento alla determinazione dei redditi finanziari, compresi quelli provenienti da dossier titoli, mentre invece in sede di voluntary disclosure in presenza di attività finanziarie con un valore medio non superiore ai due milioni di euro, si poteva utilizzare il metodo forfettario basato sulla redditività presunta del 5% applicata all’ammontare del portafoglio alla data del 31.12 di ciascun anno e sulla conseguente tassazione con imposta sostitutiva del 27%.
Nulla di tutto ciò in sede di dichiarazione laddove è comunque necessario procedere alla determinazione analitica dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria. Proprio nel 2015, fra l’altro, potremmo avere un numero significativo di operazioni a seguito dell’integrale cessione/rimborso/riscatto degli strumenti finanziari in cui era investito il capitale, poi rimpatriato a seguito della voluntary.
Così come si deve tenere ben presente che, qualora, per qualsiasi ragione, pur essendovi tenuti, non si compila l’RW o lo si compila per valori inferiori a quelli dovuti, le sanzioni a cui ci si espone sono quelle ordinarie “extra-VD”: ad esempio, ai fini del monitoraggio fiscale, la sanzione minima in caso di capitali detenuti in Paesi Black list (compresi quelli “con accordo”, come per esempio Svizzera o Montecarlo) di cui ai D.M. del 1999 e del 2001 è pari al 6% (e non al 3% applicato invece in sede di VD con riferimento ai Paesi Black list con accordo, ricorrendone le relative condizioni). Tale aspetto va attentamente considerato anche qualora si opti per il ravvedimento operoso in merito ad anni pregressi nell’ambito del quale Paesi come la Svizzera sono considerati a tutti gli effetti “Black list”.
Fermo restando quanto sopra, ovviamente la voluntary disclosure, quando conclusa e in qualche modo “ratificata” dall’Ufficio, rappresenta pur sempre un buon viatico per la corretta compilazione dell’RW negli anni successivi al periodo di imposta 2013 (ultimo anno oggetto di VD), prendendo spunto proprio da quanto fatto in relazione al 2013 nella VD poiché è a partire da tale annualità (Unico 2014) che hanno trovato applicazione le nuove disposizioni sulla valorizzazione degli assets, sul concetto di titolare effettivo ecc., secondo quanto chiarito dalla circolare 38/E/2013.
Si pensi al caso in cui ci fossero dei dubbi sulla valorizzazione di un immobile o di una partecipazione non quotata: è chiaro che se l’Agenzia delle Entrate ha “ratificato” il valore proposto nella VD tale valore, a parità di condizioni, potrà essere utilizzato anche negli anni successivi.
A patto, ovviamente, che l’Agenzia delle Entrate abbia correttamente applicato la disciplina in vigore dal 2013, in quanto ben potrebbe accadere che il contribuente si sia “tappato il naso” in sede di VD per definire la procedura (rispetto alla quale l’ipotesi di intraprendere il contenzioso è più teorica che reale, visto che verrebbero meno tutti i benefici della procedura) pur in presenza di “forzature” pro-Fisco da cui in sede dichiarativa legittimamente potrebbe ritenere di discostarsi, sapendo che resterebbe pur sempre la carta del contenzioso “liberamente” esperibile in caso di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.