Gli investimenti e le attività detenuti all’estero dal Trust nel riquadro RW
di Luigi Ferrajoli
La legge 97/2013 (legge europea 2013) ha ampliato il numero dei soggetti che devono compilare il quadro RW del modello Unico, estendendo l’obbligo di compilazione ai titolari effettivi di investimenti ed attività estere, nonché eliminando la precedente soglia minima di diecimila euro sotto la quale non scattava l’obbligo.
La nuova legge europea ha modificato radicalmente il D.L. 167/1990 che ora prevede che qualsiasi investimento estero deve essere indicato nel quadro RW, se non affidato in gestione o amministrazione ad intermediari italiani e sempre che i relativi redditi siano assoggettati a tassazione alla fonte da parte dell’intermediario stesso.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 38/E del 2013, fornisce alcuni chiarimenti sul concetto di titolare effettivo che, come previsto dal nuovo articolo 4, D.L. 167/1990, è il soggetto obbligato alla dichiarazione; tale concetto è mutuato dalla normativa antiriciclaggio, per la quale rileva il soggetto che è il beneficiario ultimo dell’attività estera, a prescindere dalla formale intestazione di quest’ultima a entità giuridiche diverse.
L’Agenzia distingue i requisiti che devono sussistere anche con riferimento a società ed entità giuridiche, quali fondazioni e trust: in particolare, secondo l’Amministrazione finanziaria, in caso di entità giuridiche, quali fondazioni o trust, che amministrano e distribuiscono fondi, si considerano titolari effettivi, se già determinate, le persone fisiche beneficiarie del 25% o più del patrimonio; in caso di trust con beneficiari effettivi non ancora determinati, la categoria di persone nel cui interesse principale è istituita l’entità giuridica; la persona fisica o le persone fisiche che esercitano un controllo sul 25% o più del patrimonio di un’entità giuridica.
In mancanza di un titolare effettivo, la fondazione o il trust sono tenuti a monitorare direttamente gli investimenti o le attività estere.
Se le attività estere sono detenute tramite un trust, una fondazione o istituti giuridici similari, il titolare effettivo dovrà quindi inserire nel quadro RW tutte le attività estere del trust a lui riferibili, applicando l’approccio look through (cioè di trasparenza), indipendentemente dalla localizzazione delle attività estere.
La normativa si applica ai soggetti fiscalmente residenti nel territorio dello Stato; al riguardo si rammenta che, secondo l’articolo 73 del D.P.R. 917/1986, ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti – ivi compresi i trust – che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale, o la sede dell’amministrazione, o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.
Si considerano residenti in Italia, salvo prova contraria, anche i trust e “gli istituti aventi analogo contenuto” istituiti in Stati non appartenenti alla white list in cui almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari siano fiscalmente residenti in Italia; ai fini dell’attrazione della residenza, rileva quindi il fatto che un trust, caratterizzato da elementi collegati con il territorio italiano sia istituito, ossia abbia formalmente fissato la residenza, in un paese non incluso nella “white list”.
L’articolo 73 Tuir prevede inoltre che si debbano considerare residenti in Italia i trust istituiti in Stati esteri non “white list” nel momento in cui, successivamente alla costituzione del trust, un soggetto residente in Italia effettui a favore del trust medesimo un’attribuzione che comporti, alternativamente, il trasferimento della proprietà di beni immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari o ancora la costituzione di vincoli di destinazione sugli immobili; in tal caso, come precisato dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 48/E del 2007, è l’ubicazione degli immobili a creare il collegamento territoriale che giustifica la residenza in Italia.
Ai sensi dell’art. 73 Tuir si considerano inoltre residenti nel territorio dello Stato le società o enti il cui patrimonio sia investito in misura prevalente in quote di fondi di investimento immobiliare chiusi di cui all’articolo 37 del Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria e siano controllati direttamente o indirettamente, per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, da soggetti residenti in Italia; il controllo è individuato ai sensi dell’articolo 2359, commi 1 e 2, Cod. Civ., anche per partecipazioni possedute da soggetti diversi dalle società.
E’ bene rammentare che avverso tali presunzioni di residenza in Italia è comunque ammessa la prova contraria da parte del contribuente.