Holding di famiglia in forma di società semplice: pro e contro
di Angelo GinexLa holding di famiglia può essere costituita anche nella forma della società semplice. Tale veicolo si rivela particolarmente interessante poiché consente di avere una gestione unitaria del patrimonio familiare e di organizzare un ordinato passaggio generazionale.
Nella pratica professionale accade spesso che la società semplice venga concepita come holding “pura” finalizzata alla gestione del complessivo patrimonio delle famiglie imprenditoriali, realizzando un unico “contenitore” della ricchezza familiare, modulando le clausole statutarie sulla base di specifiche esigenze e pianificando il trasferimento del patrimonio alle future generazioni.
Occorre sottolineare che, pur essendo utile per la gestione mobiliare e immobiliare, la società semplice non può svolgere un’attività di godimento meramente passiva (ad esempio, non è possibile gestire l’abitazione in cui si vive senza alcuna locazione di immobili).
Invece è legittimo l’esercizio di un’attività non commerciale ma comunque economica e finalizzata a conseguire un utile, quindi svolta senza necessità di coordinamento dei mezzi della produzione, in assenza di qualsiasi organizzazione di tipo industriale, al fine vincolante di ricavarne un utile e con esclusione della possibilità per i soci di utilizzare direttamente i beni sociali (è il caso della società semplice proprietaria di una o più unità immobiliari destinate ad essere locate in maniera stabile, senza che siano erogati servizi accessori).
Non c’è dubbio che la scelta della società semplice presenti importanti vantaggi, così come è innegabile che tale istituto abbia anche determinati limiti.
Innanzitutto è agevole osservare come tale forma societaria si caratterizzi per una certa semplicità e leggerezza, atteso che essa non richiede forme particolari per la sua costituzione salvo che queste siano richieste dalla natura dei beni conferiti ex articolo 2251 cod. civ.
Inoltre la società semplice non è soggetta all’obbligo di tenuta della contabilità (sebbene averne una “ordinata” potrebbe essere molto utile in taluni casi), la compilazione della dichiarazione dei redditi non presenta particolari difficoltà, e, aspetto molto importante, è esclusa dalla disciplina delle società comodo.
Un altro vantaggio è rappresentato dalla flessibilità della struttura (articolo 2252 cod. civ.), ovvero dall’ampio margine di scelta che i soci hanno nella regolazione dei propri rapporti, potendo intervenire sul ruolo di amministratore e sulle conseguenti responsabilità (articolo 2257 cod. civ.). Ad esempio, tra le varie previsioni che possono essere inserite nei patti sociali, vi è la possibilità di annoverare quella del socio sovrano e del socio d’opera, nonché quella diretta a tutelare la famiglia di sangue nei trasferimenti mortis causa.
Come anticipato, però, la società semplice presenta anche taluni limiti, come, ad esempio, la responsabilità illimitata dei soci (articolo 2260 cod. civ.), atteso che in via generale a ciascuno di essi spetta il potere di amministrare. È comunque possibile derogare a tale previsione, escludendo la responsabilità per chi non agisce in nome della società mediante apposito patto che deve essere portato a conoscenza dei terzi altrimenti è inefficace (articolo 2267 cod. civ.).
Un punto dolente è rappresentato dalla responsabilità dei soci per debiti personali, poiché questa legittima i creditori particolari alla richiesta di liquidazione della quota del socio (articolo 2270 cod. civ.). Vi è comunque la possibilità di rendere impignorabili e insequestrabili le quote sociali, prevedendo un’apposita clausola che escluda la libera trasmissione delle stesse.
Anche sotto il profilo fiscale la società semplice non appare particolarmente efficiente, quantomeno in una fase iniziale. Sebbene nelle generalità dei casi la holding ha origine da un conferimento di quote societarie, nel caso della società semplice “conferitaria” è esclusa l’applicabilità del regime di conferimento a realizzo controllato di cui all’articolo 177, comma 2, Tuir.
D’altronde, laddove si aderisse alla tesi secondo cui la conferitaria può essere anche una società semplice, si porrebbe il problema relativo al comportamento contabile che deve assumere la conferitaria, che tuttavia non è desumibile in mancanza della contabilità.
Ne deriva che tale operazione è da considerarsi realizzativa e, quindi, occorre scontare l’imposta sostitutiva al 26 per cento sulla plusvalenza che si ottiene dalla differenza tra il valore di mercato e il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
Allo stesso modo è da escludere l’applicabilità del regime di neutralità fiscale previsto dall’articolo 176, Tuir, essendo questo riservato ai conferimenti di aziende.
Una possibilità potrebbe essere la cessione a pagamento delle quote previamente rivalutate mediante una delle tante leggi che periodicamente vengono riproposte dal legislatore, ma si tratta di una soluzione che presenta profili di incertezza per la remota contestazione di un abuso del diritto.
Da ultimo, in un’ottica di passaggio generazionale, sembrerebbe che anche la società semplice possa operare il trasferimento di quote in esenzione dall’imposta sulle donazioni ex articolo 3, comma 4-ter, D.Lgs. 346/1990.