10 Novembre 2014

I 100 rischi delle donazioni

di Ennio VialVita Pozzi
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Un’operazione che è spesso vista come una
adeguata soluzione alle esigenze di
tutela del
patrimonio e di passaggio generazionale dello stesso è la
donazione di azienda o di quote societarie.
Sotto il profilo fiscale ricordiamo, da un lato, la
neutralità garantita in relazione all’imposizione diretta dall’art. 58 Tuir e, dall’altro, l’esenzione dall’imposta di donazione contenuta nell’art. 3, comma 4-ter, del D. Lgs. 346/1990. Le due norme non sono perfettamente sovrapponibili, in quanto, mentre l’art. 58 non pone
particolari requisiti in capo al
donatario, l’art. 3, al contrario, impone che il donatario sia il
coniuge o un
discendente e che si impegni inoltre a detenere l’azienda per almeno un quinquennio.
Pur trattandosi di operazioni connotate da un regime fiscale di eccezionale favore, le stesse presentano,
civilisticamente parlando, una serie di
criticità. Innanzitutto, le operazioni di donazione sono facilmente
aggredibili con
l’azione revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 Cod. Civ.. Se il genitore dona l’azienda ai figli per
sfuggire a taluni
creditori è evidente che questi potrebbero lamentare il fatto che egli si è spossessato di un patrimonio e che quindi viene lesa la loro
tutela creditizia.
Inoltre, la donazione è un atto che presenta problematicità anche sotto il
profilo della legittima. Si deve ricordare che in Italia non è possibile diseredare gli eredi. La donazione fatta in vita costituisce un
acconto della successiva
eredità. Se viene donata l’azienda ad un solo figlio può essere che alla morte del genitore non vi sia il patrimonio sufficiente per coprire la legittima dei fratelli.
La donazione potrebbe dar luogo ad un obbligo di corrispondere gli
alimenti al
donante. I familiari sono obbligati a corrispondere degli alimenti se uno dei propri parenti si trova in una situazione di indigenza. Ebbene, il medesimo obbligo sussiste anche in capo al
donatario.
La donazione appare una operazione inadatta anche alla gestione della
protezione del
patrimonio. Quand’anche il genitore non fosse aggredito da terzi con l’azione revocatoria, lo spossessamento del patrimonio a favore della discendenza non fa altro che
trasferire da una
generazione all’altra il
rischio di
aggressione. Magari nessun problema sarebbe mai emerso in capo ai genitori, mentre i figli che hanno ricevuto il patrimonio rischiano di perderlo a causa di aggressioni di terzi.
In questo contesto si inserisce il
trust che, come la donazione, si colloca nell’alveo delle operazioni destinate a gestire e a
proteggere il
patrimonio, ma con il superamento di molti limiti intrinseci alla donazione.
Innanzitutto, viene
stemperato il problema della
lesione della legittima in quanto il trustee non è il donatario dei beni, ma solamente un soggetto che assume il compito di gestirli nell’interesse dei beneficiari. Quando il trust finirà, i beni saranno devoluti ai discendenti, ed il trustee si preoccuperà in quel momento di evitare lesioni di legittime. Il trust risulta
efficiente anche sotto il profilo della
protezione del patrimonio, in quanto determina un effetto segregativo che ovviamente manca nella semplice donazione. Il trust
protegge non solo il disponente, ma anche i
beneficiari.
Sotto il profilo dell’azione revocatoria, si può evidenziare come la segregazione in trust non possa escludere una simile aggressione dei creditori. Tuttavia, in alcuni casi,
l’azione esperibile è quella per gli atti a
titolo oneroso e non a titolo gratuito. Si pensi, per fare un esempio, al trust istituito in occasione di una separazione e magari imposto dall’avvocato della controparte.
Con il
trust sfuma anche la questione degli
alimenti in quanto per tutta la sua durata il trustee provvederà a soddisfare le esigenze dell’intera famiglia.
Infine, vogliamo evidenziare come i beni in trust non siano di provenienza donativa, in quanto si tratta di un
patrimonio affidato, per così dire fiduciariamente, ad un
trustee, affinché lo amministri in linea con le regole contenute nell’atto istitutivo.