9 Dicembre 2019

I 5 indici di settore per l’individuazione dei segnali di crisi – I° parte

di Fabio Landuzzi
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Il Cndcec, ai sensi del comma 2 dell’articolo 13 del Codice della Crisi d’impresa (CCI), ha, come noto, elaborato gli “indici” che “fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa”, contenuti nel documento pubblicato il 20 ottobre 2019 posto all’esame del MiSe per l’approvazione.

Già si è detto della c.d. struttura ad albero degli indici e del fatto che il ricorso ai c.d. “indici di settore” si abbia solo una volta che:

  1. il patrimonio netto della società è positivo; e
  2. l’indice del DSCR non è applicabile per via della indisponibilità di una base dati affidabile.

Gli indici di settore sono stati elaborati nella prospettiva di evitare i falsi positivi, ossia situazioni in cui l’impresa non è in stato di crisi pur non rispettando i valori degli indici posti a presidio; per questa ragione, le soglie proposte per ogni indice e per il rispettivo settore sono piuttosto critiche, nel senso che il contemporaneo verificarsi dello “sfondamento” dei valori di allerta per tutti i 5 indici, costituisce obiettivamente un indicatore piuttosto forte dell’esistenza di una situazione di crisi dell’impresa.

Per questa ragione, l’attenzione ad altri sintomi della crisi (si pensi soprattutto ai ritardi nei pagamenti “reiterati e significativi” di cui all’articolo 24 del CCI, citati all’articolo 13, comma 1) deve essere in ogni caso molto elevata, a prescindere dallo sfondamento dei 5 indici di settore.

Il primo degli indici di settore è quello di “sostenibilità degli oneri finanziari” che viene definito come rapporto fra:

  • al numeratore: interessi ed oneri finanziari di cui alla voce C.17 del conto economico
  • al denominatore: i ricavi netti di cui alla voce A.1 del conto economico.

Si tratta, essenzialmente, di un indicatore di performance economica dell’impresa perché misura l’assorbimento del costo del capitale di debito dell’impresa nel volume delle vendite della stessa.

Qualora l’impresa, infatti, mostrasse un peso specifico degli oneri finanziari sui ricavi di periodo piuttosto elevato, ciò sarebbe sintomo di una difficoltà dell’impresa a disporre delle risorse per remunerare gli altri fattori della sua produzione (quindi, pagare i fornitori, i dipendenti, ecc.), a pagare le imposte, ecc..

Come pure, un’elevata incidenza potrebbe essere rappresentativa di una minata capacità di ripagare il debito contratto.

Da un punto di vista aziendalistico, la significatività di un simile indicatore sarebbe senza dubbio ben maggiore ove lo stesso fosse associato ad un altro indice, quello che misura il rapporto fra gli oneri finanziari di periodo e l’Ebitda realizzato dalla società.

In questo modo, infatti, si ha un’immediata – anche se grezza – visione di quale sia la capacità dell’impresa di generare, attraverso la gestione corrente, margini in grado di assorbire gli oneri finanziari e consentire di disporre di ulteriori flussi per finanziare investimenti e ripagare il debito.

È, infatti, chiaro che, laddove il rapporto fra i due suddetti valori (oneri finanziari ed Ebitda) fosse prossimo ad 1, ciò significherebbe che i flussi di cassa operativi generati dall’impresa sono di fatto tutti destinati a pagare gli oneri del debito finanziario, il che evidentemente manifesta una situazione di criticità sulla capacità di ripagare il capitale preso a prestito e finanziare la gestione corrente.

Il secondo indice di settore è rappresentato dalla “adeguatezza patrimoniale” che si determina come rapporto fra:

  • al numeratore: il patrimonio netto, diminuito di crediti verso soci per versamenti ancora dovuti e di dividendi deliberati ma non pagati,
  • al denominatore: il totale dei debiti (voce D dello Stato patrimoniale) e dei ratei e risconti passivi (voce E).

Si tratta, evidentemente, di un indicatore di performance patrimoniale che vuole misurare il grado di indipendenza patrimoniale della società, non solo avuto riguardo al capitale finanziario di debito, bensì anche al debito operativo più in generale.

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