I chiarimenti sull’inquadramento previdenziale dei lavoratori agricoli
di Luigi ScappiniL’Inps, con la circolare n. 94 del 20 giugno scorso, ha offerto alcuni chiarimenti in merito all’assoggettamento a contribuzione agricola unificata nell’ipotesi di dipendenti di enti associativi.
Presupposto è che, come stabilito dall’articolo 49 L. 88/1989, i datori di lavoro che svolgono in via principale una delle attività di cui all’articolo 2135, comma 1, cod. civ., sono tenuti ad assolvere la suddetta contribuzione agricola anche per gli eventuali operai assunti alle proprie dipendenze.
L’Istituto ha ritenuto utile fornire i chiarimenti in ragione dell’evoluzione organizzativa delle strutture che operano nel settore agricolo.
Il documento focalizza, in particolare, l’attenzione sugli enti che esercitano non le attività agricole ex se di cui all’articolo 2135, comma 1, cod. civ. (coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali), ma quelle connesse individuate dal successivo comma 3 e che, quindi, sebbene attinenti il processo produttivo, le svolgono senza un legame con l’attività principale.
Come noto, l’articolo 1, comma 2, D.Lgs. 228/2001, considera imprenditori agricoli anche le cooperative di imprenditori agricoli e i loro consorzi nel caso in cui utilizzino per lo svolgimento delle attività connesse prevalentemente prodotti dei soci o, nel caso di erogazione di beni e servizi, lo facciano, sempre in via prevalente, verso i propri soci.
È di tutta evidenza che tali cooperative, per essere considerate a tutti gli effetti imprenditori agricoli, hanno l’obbligo di avere la propria compagine sociale composta da soli imprenditori agricoli, ovvero soggetti già in possesso della qualifica agricola, iscritti alla gestione previdenziale agricola per l’attività esercitata, oppure l’iscrizione alla gestione autonoma dei coltivatori diretti o degli Iap.
Al rispetto dei requisiti di cui sopra, le cooperative e loro consorzi sono tenute alla contribuzione unificata per gli operai dipendenti.
Analoghe considerazioni vanno fatte anche per le società che svolgono le attività “connesse” di manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli, che, ai sensi dell’articolo 1, comma 1094, L. 296/2006 (la Finanziaria per il 2007), sono considerate imprenditori agricoli a condizione che le attività di cui sopra siano effettuate solamente per i prodotti ceduti da parte dei soci.
Infatti, anche in questo caso è richiesto che i soci siano esclusivamente imprenditori agricoli.
Si ricorda, inoltre, che a prescindere dal rispetto dei requisiti sopra individuati, non sono mai considerate imprenditori agricoli le Spa.
La circolare 94/2019, ricorda che, con riferimento alle cooperative di trasformazione ex L. 240/1984, per effetto di quanto previsto dall’articolo 2, “qualora non si verifichi la condizione di cui all’articolo precedente (articolo 1, ndA), le imprese cooperative e loro consorzi, menzionati nell’articolo stesso, sono inquadrati, ai fini previdenziali, nel settore dell’agricoltura.”; e ciò si verificherà tutte le volte in cui l’attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione è prevalentemente svolta su prodotti agricoli e zootecnici propri o conferiti dai soci.
Resta fermo, precisa l’Istituto che, limitatamente alla cassa integrazione, alla cassa unica assegni familiari e all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, trovano applicazione le regole del settore industria.
Oggetto di analisi sono anche le organizzazioni di produttori (OP) come disciplinate dal D.Lgs. 102/2005 che, nell’ipotesi in cui rispettino una delle forme giuridiche ammesse – società di capitali aventi a oggetto la commercializzazione dei prodotti agricoli, società cooperative agricole e loro consorzi e società consortili ex articolo 2615-ter, cod. civ. – saranno inquadrate nel settore agricolo quando svolgeranno una delle attività connesse di cui all’articolo 2135, cod. civ..
In tutti i casi sin qui esaminati, per poter riconoscere la natura agricola, è necessario che le attività connesse siano effettuate direttamente dall’ente utilizzando i propri mezzi aziendali e con la direzione e il controllo degli operai occupati.
Al contrario, non potranno mai essere inquadrate nel settore agricolo quelle società o cooperative che “si limitano ad assumere la manodopera per poi metterla a disposizione dei soci”.
Da ultimo, l’Inps ricorda come esistano dei casi in cui, pur non essendo il datore di lavoro un imprenditore agricolo, i dipendenti assunti, agli effetti previdenziali e assistenziali, sono assicurati come lavoratori agricoli dipendenti.
Il riferimento è ai casi previsti dall’articolo 6 L. 92/1979 aventi a oggetto l’inquadramenti dei dipendenti di imprese operanti in settori economici diversi da quello agricolo ma che svolgono, oltre alle specifiche attività previste, anche una o più attività di cui all’articolo 6 richiamato, che introduce un’elencazione tassativa.
Ne deriva che, come affermato dalla circolare 94/2019, è “da escludere che le attività di servizi e di supporto al processo produttivo, quali ad esempio la potatura, la semina, la fornitura di macchine agricole, svolte da imprese non agricole, diano luogo all’iscrizione degli operai nella gestione agricola; questi ultimi devono quindi essere assicurati alla gestione previdenziale di appartenenza in base all’inquadramento aziendale (commercio o servizi)”.