17 Marzo 2016

I contratti transitori non sono i contratti turistici

di Leonardo Pietrobon
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A seguito dell’abrogazione dell’articolo 26 della legge di equo canone, la legge 431/98 ha introdotto una nuova disciplina delle locazioni turistiche ad uso abitativo. Nel nuovo regime le locazioni a uso turistico, al di là dell’obbligo della forma scritta – sancito dall’articolo 1, ultimo comma della richiamata legge 431/98 – sono esentate dal rispetto delle disposizioni vincolanti della legge, quanto alla definizione del canone, alla durata, al recesso delle parti, al termine per la disdetta, eccetera.

In particolare, mentre l’articolo 1, comma 2, lettera c), della legge 431/98 stabilisce che le relative disposizioni non trovano applicazione rispetto “agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche”, il successivo articolo 5, comma 1,  – dettato in tema di contratti transitori – dispone che “il decreto ministeriale di cui al comma 2 dell’articolo 4 definisce le condizioni e le modalità per la stipula di contratti di locazione di natura transitoria anche di durata inferiore ai limiti previsti dalla presente legge, per soddisfare particolari esigenze delle parti”.

Tale regime normativo ha avuto comunque un percorso abbastanza tortuoso. Infatti, nel regime precedente alla legge 431/98, le locazioni turistiche a uso residenziale rientravano tra le locazioni transitorie ed erano escluse, per effetto di quanto stabilito dall’articolo 26 comma 1 lettera a) della medesima legge, dall’ambito di applicazione della stessa, sicché erano ritenute locazioni libere, quanto a canone e durata. Tali locazioni erano caratterizzate da un uso discontinuo, da parte del conduttore, dell’immobile locato.

La giurisprudenza consolidatasi, nel regime della legge 392/78, aveva puntualizzato che “i contratti concernenti appartamenti per la sola villeggiatura o per soggiorni saltuari, nei quali manchi una dimora continuativa e stabile, rientrano fra le locazioni stipulate per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, con conseguente inapplicabilità della legge 392/78, indipendentemente dalla durata del contratto, essendo la transitorietà riferita non a tale durata, bensì alla natura della esigenza abitativa” (Cassazione 1° dicembre 1983, numero 7200). La giurisprudenza del passato aveva anche precisato che “le esigenze di natura transitoria di cui all’articolo 26, legge 392/78 non si caratterizzano alla luce del mero dato obiettivo positivo dell’esaurimento nel breve periodo, bensì secondo il dato negativo della loro intrinseca non meritevolezza di tutela per l’obiettiva diversità dall’esigenza abitativa primaria, attesone il carattere meramente sussidiario o voluttuario. Tali esigenze sussidiarie ben possono protrarsi anche considerevolmente nel tempo ed essere soddisfacentemente appagate mediante la protratta disponibilità di un alloggio, con la conseguenza che non può legittimamente ritenersi incompatibile con la qualificazione di una locazione in termini di transitorietà, l’istituto della rinnovazione tacita del contratto ai sensi dell’articolo 1597 del Codice civile” (Cassazione 7 luglio 1997, numero 6145).

Sulla base di tali considerazioni si può quindi affermare che le locazioni transitorie sono ben diverse dalle locazioni turistiche.

Con riferimento alla prima tipologia di contratti, si ricorda che l’articolo 5, L. 431/98, ammette la stipula di contratti di locazione di natura transitoria anche di durata inferiore rispetto ai limiti previsti dalla suddetta legge al fine di soddisfare particolari esigenze delle parti (comma 1), rinviando per la definizione di condizioni e modalità ad apposito decreto ministeriale.

Le regole generali per la stipula di detti contratti sono state quindi introdotte dal decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del 30 dicembre 2002, il quale, all’articolo 3, specificamente prevede che:

  1. i contratti di locazione di natura transitoria di cui all’articolo 5, comma 1, della L. 431/98, hanno durata non inferiore ad un mese e non superiore a diciotto mesi (comma 1, prima parte);
  2. tali contratti sono stipulati per soddisfare particolari esigenze dei proprietari e/o dei conduttori per fattispecie – con particolare riferimento a quelle derivanti da mobilità lavorativa – da individuarsi nella contrattazione territoriale tra le organizzazioni sindacali della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative (comma 1, seconda parte);
  3. il canone è liberamente determinato dalle parti ad eccezione dei contratti di locazione di natura transitoria ricadenti in undici aree metropolitane (Roma, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Torino, Bari, Palermo e Catania), nei comuni con esse confinanti e negli altri comuni capoluogo di provincia, in cui il canone è stabilito dalle parti all’interno di valori minimi e massimi definiti per fasce di oscillazione per le aree omogenee, come individuate per i contratti a canone amministrato ordinari (comma 2);
  4. detti contratti devono prevedere una specifica clausola che individui l’esigenza di transitorietà del locatore e/o del conduttore – da provare quest’ultima con apposita documentazione da allegare al contratto – i quali dovranno confermare il permanere della stessa tramite lettera raccomandata da inviarsi prima della scadenza del termine stabilito nel contratto (comma 4);
  5. in caso di inadempimento delle modalità di conferma delle esigenze transitorie stabilite nei tipi di contratto di cui al comma 6, ovvero nel caso in cui le esigenze di transitorietà vengano meno, i relativi contratti sono ricondotti alla durata legale (quattro anni con ordinaria proroga di analoga durata) (comma 5);
  6. i contratti di locazione sono stipulati utilizzando esclusivamente i tipi di contratto allegati al citato decreto ministeriale (comma 7).