I controlli da effettuare prima della notifica e del deposito di un ricorso tributario telematico
di Francesco Paolo FabbriCome noto, a partire dall’1.7.2019 è divenuta obbligatoria la modalità telematica di gestione del contenzioso tributario, divenuto infatti processo tributario telematico (c.d. PTT), eccezion fatta per le controversie di valore inferiore ad euro 3.000, per le quali è ancora possibile la proposizione in formato cartaceo/analogico, ai sensi dell’articolo 16, D.Lgs. 546/1992. Simile circostanza, sebbene abbia lasciato inalterata “l’impalcatura normativa” relativa alla tipologia di processo in materia fiscale – che continua difatti a seguire le regole del D.Lgs. 546/1992 nonché, in subordine, quelle del codice di procedura civile (articolo 1, comma 2, D.Lgs. 546/1992) – impone, ad oggi, una serie di accortezze, afferenti in particolare l’ambito prettamente tecnologico della procedura in esame, e che sono diversi a seconda del singolo elemento di interesse.
Più nello specifico, occorre premettere che, anche al fine di facilitare l’operatività dei soggetti che si occupano del contenzioso, garantendo infatti maggiore semplicità nelle pratiche di deposito degli atti relativi al PTT, il D.M. 21.4.2023 (pubblicato sulla G.U. n. 102 del 4.4.2023) ha recato alcune modifiche alle specifiche tecniche del precedente D.M. 4.8.2015 (si veda il comma 3 dell’articolo 3 D.M. 163/2013, recante “Regolamento recante la disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario in attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 39, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111”). Modifiche che trovano applicazione a partire dall’ 15.5.2023 e che si vedranno in seguito.
Partendo dal ricorso (in caso di impugnazione in primo grado, nonostante la stessa cosa valga per l’appello in secondo grado o per le memorie illustrative precedenti l’udienza), si può notare come quest’ultimo debba essere sempre nativo digitale, ossia predisposto su supporto informatico – tipicamente file word – senza, invece, che vi sia la possibilità di scansionare un documento stampato, salvo il citato caso di controversia di valore inferiore a 3.000 euro, per cui vale ancora la forma cartacea. Va, infatti, tenuto presente che la notifica, così come il deposito, di un atto non telematico, è stata dichiarata in più occasioni inammissibile (si veda, tra le altre, CTP Reggio Emilia sent. n. 24/1/2022); anche se, a ben vedere, non vi è alcuna previsione esplicita in tal senso a livello normativo.
Sempre con riguardo a quanto si è visto circa il ricorso presentato come documento scansionato, quindi non nativo digitale, si osserva, invece, come vi siano state pronunce contrapposte, alcune delle quali lo hanno ritenuto inammissibile (CTP Torino sent. n. 197/4/2021 e CTR Milano sent. n. 3609/22/2019), mentre altre sono state più permissive, giustificando il tutto con la necessità di interpretare in maniera restrittiva le cause di inammissibilità (es. CTP Bologna sent. n. 107/1/2022 – lo stesso principio è stato peraltro sostenuto, sebbene a livello specificamente penale, da Cassazione n. 5744/2023). Quest’ultima interpretazione più “morbida” si deve ritenere valida soprattutto nei casi in cui la firma digitale è stata in ogni caso apposta all’atto.
Vi sono poi ulteriori requisiti da rispettare per i richiamati atti principali del giudizio, in quanto gli stessi devono essere:
- in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b, che risulta normalmente elaborabile con facilità tramite il dispositivo elettronico del caso (di solito il computer);
- privi di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili;
- redatti attraverso software senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti, senza che sia ammessa la copia per immagine su supporto informatico di documento analogico;
- firmati digitalmente, tramite l’utilizzo degli appositi sistemi informatici sia con la firma “Cades” che “Pades” (solo nel primo caso viene aggiunta al file firmato l’estensione “.p7m”)– cosa che non vale invece più per gli allegati, come post modifiche del D.M. 21.4.2023.
PADES (PDF Advanced Electronic Signature) | modalità di sottoscrizione con firma digitale applicabile solo ai file in formato “.pdf” (PortableDocument Format) che consente di memorizzare le informazioni relative alla firma digitale senza alterareilformato del file originale |
CADES (Cryptographic MessageSyntaxAdvancedElectronic Signature) | le informazioni sulla firma digitaleinsiemeal documento originale e alle informazioni necessarieperlaverifica della validità della firma sono racchiuse in una “busta crittografata” (PKCS#7). Tale modalità di sottoscrizione si realizza in un unico file in formato “.p7m” |
Per la notifica, trattandosi per l’appunto di atti digitali, l’articolo 16-bis, D.Lgs. 546/1992, prescrive il ricorso alla PEC – utilizzando un testo libero per la descrizione dell’impugnazione che si intende proporre – nella stragrande maggioranza dei casi facente capo al difensore incaricato: sarà, dunque, necessario essere a conoscenza della PEC della controparte, che si può ordinariamente reperire nell’atto impugnato o, in caso contrario, rintracciare negli elenchi esistenti nell’IPA (www.indicepa.gov.it) e nell’INI-PEC (www.inipec.gov.it).
Peraltro, con riferimento al perfezionamento della notifica, bisogna tenere a mente che i sistemi delle varie caselle di posta elettronica certificata (Aruba, Infocert eccetera) generano due ricevute per i messaggi inviati, ossia:
- la ricevuta di accettazione, che dà conto della presa in carico della PEC da parte del gestore che fa capo al mittente;
- la ricevuta di consegna, che attesta invece la consegna del messaggio di posta al destinatario (in quanto il relativo gestore rilascia la ricevuta in esame).
Le predette ricevute vanno entrambe depositate per evitare possibili inammissibilità, come peraltro sostenuto dalla giurisprudenza di merito (CTR Roma sent. n. 653/10/2022 e da CTR Palermo sent. n. 2793/8/2021).
A riguardo l’articolo 5, comma 2, D.M. 163/2013, dispone il perfezionamento della notifica quando viene generata la ricevuta di consegna, nonostante il successivo articolo 8 dello stesso Decreto stabilisca che la notifica si considera effettuata, ai fini della decorrenza dei termini processuali per il mittente, nel momento in cui ha luogo l’invio al proprio gestore attestato dalla relativa ricevuta di accettazione.
Successivamente, in sede di deposito nel fascicolo elettronico del portale del Sistema Informativo della Giustizia Tributaria (SIGIT), che rappresenta la costituzione in giudizio, va tenuto in considerazione il limite dimensionale, pari a 10 MB, che ogni documento deve rispettare; limite che, evidentemente, è ben più stringente per gli allegati rispetto all’atto principale (che molto difficilmente supera simile soglia massima).
Inoltre, sempre in sede di costituzione in giudizio, andrà considerato il limite massimo complessivo di 50 MB per la somma dei documenti depositati. Rispetto al quale, in particolar modo per le impugnazioni complesse – in termini di documenti da produrre – è possibile rimediare con successivi depositi, in modo da ampliare lo “spazio” a disposizione.