19 Dicembre 2023

I controlli di fine anno del soggetto forfetario

di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

La pubblicazione della circolare 32/E/2023 sul tema delle conseguenze in caso di fuoriuscita immediata in corso d’anno dal regime forfettario, ripropone incidentalmente la questione delle verifiche da eseguire, per capire se il medesimo regime forfettario sia o meno applicabile nell’anno successivo. Al riguardo è opportuno dividere questa sorta di “check up”, che va eseguito a fine esercizio, in due macro aree:

  • i controlli da eseguire rispetto ad eventi accaduti nel 2023, analizzati in questo contributo;
  • In controlli che dovranno essere eseguiti rispetto ad eventi che accadranno nel 2024 (che saranno analizzati in un prossimo contributo).

 

I controlli “retroattivi” riferiti al 2023

Per capire se il contribuente potrà applicare il regime forfettario anche nel 2024 una serie di verifiche andranno eseguite, rispetto ad eventi accaduti nel 2023.

 

I ricavi o compensi

In primo luogo, va messo in risalto il tema dei ricavi o compensi, che non devono aver superato il tetto di euro 85.000 nel corso del 2023, mentre per il superamento del limite di euro 100.000, è già intervenuta massicciamente la circolare n. 32/E/2023, ma è altro tema oggetto di altri interventi. Tornando alla verifica del superamento della prima soglia di euro 85.000, la circolare n. 32/E/2023 conferma che il limite in rassegna deve essere analizzato in base al regime di determinazione del reddito applicabile nell’anno precedente; sicché, per il forfettario (che era già tale nel 2023) il criterio da utilizzare è quello di cassa, così come nel caso di chi, nel 2023, era semplificato di cassa senza l’opzione, di cui all’articolo 18, comma 5, D.P.R. 600/73. Invece, il semplificato di cassa, che ha esercitato l’opzione per dare valenza al momento della registrazione del documento contabile, assumerà il totale dei ricavi fatturati e registrati. Il contribuente in regime ordinario nel 2023 assumerà, invece, come criterio di computo, quello di competenza. Va segnalato che il tetto di euro 85.000 va ragguagliato ad anno per chi, nel 2023, non ha esercitato l’attività per l’intero anno solare; diversamente, nessun ragguaglio va eseguito, secondo la richiamata circolare n. 32/E/2023, sul tetto di euro 100.000 da assumere quale cifra assoluta.

 

Le spese per personale dipendente o assimilato

Il sostenimento di spese per personale dipendente o assimilato – comprendendo in tale dizione anche le prestazioni di lavoro eseguite dai familiari, ai sensi dell’articolo 60, Tuir – non deve aver superato il tetto di euro 20.000 annuo. Il termine “spese” induce a ritenere che debbano essere considerati anche elementi del costo del personale che non entrano nel reddito del percettore quali, ad esempio, i contributi ed i costi per mensilità aggiuntive o TFR.

 

Le partecipazioni societarie

La fattispecie di cui all’articolo 1, comma 57, lett. d), L. 190/2014 va idealmente divisa in due fattispecie:

  • la partecipazione in società di persone (controllo retroattivo);
  • la partecipazione in Srl (controllo in corso di esercizio).

Per quanto attiene alla prima ipotesi (controllo retroattivo), alla luce del modificato orientamento interpretativo inserito nella circolare n. 9/E/2019 (rispetto alla precedente circolare n.10/E/2016) è necessario che, all’1° gennaio dell’anno in corso, non sia presente alcuna partecipazione in società di persone, se si vuole applicare il regime forfettario. Fa eccezione, a tale previsione, la partecipazione in società semplice (che è ammessa), purché da essa non si ritragga reddito professionale, bensì reddito fondiario (immobiliare o agrario). Va ricordato che questo esame deve essere esteso anche alle partecipazioni in impresa familiare.

Il discorso cambia per le partecipazioni in Srl, di cui si dirà in un prossimo contributo.

 

Percezione di reddito da lavoro dipendente

Con la lett. d ter), del citato comma 57, è stata inserita la causa ostativa della percezione di reddito da lavoro dipendente (o assimilato) per ammontare superiore a euro 30.000. Tale importo va monitorato, non solo nel caso di rapporto di lavoro dipendente classico (incluso il reddito da pensione), ma anche per alcune fattispecie di reddito assimilato che sono frequenti nella prassi operativa quali i rapporti di cui alla lett. c bis), dell’articolo 50, Tuir, cioè i compensi spettanti (e percepiti) dall’organo amministrativo. È importante considerare che il tetto soglia non si applica nel caso in cui il rapporto di lavoro sia cessato nell’anno precedente (non nell’anno in corso nel quale si vorrebbe applicare il regime forfettario in base alla tesi sostenuta nella circolare n. 10/E/2016, par. 2.3 sul vecchio limite riproposto dalla L. 160/2019), a meno che la cessazione non sia seguita dall’avvio di un nuovo rapporto di lavoro sussistente al 31 dicembre (o sussistente il reddito da pensione). Non vanno considerati, nel tetto soglia, i redditi da lavoro dipendente soggetti a tassazione separata (classico esempio il TFR, così come chiarito dalla risposta ad Interpello n. 102/2020), mentre rilevano quelli rappresentati da premio di risultato, ancorché assoggettati ad imposta sostitutiva, in base al dettato della risposta ad Interpello n. 398/2020.

Il caso particolare del dipendente –  che ha dato le dimissioni in un anno X, ma che ha dovuto mantenere in essere il rapporto di lavoro fino all’anno X + 1  (per rispettare  l’obbligo di preavviso) –    è stato esaminato nella risposta ad Interpello n. 368/2021 che non ha tenuto conto della obbligatorietà della prestazione insita nel preavviso, affermando che il rapporto di lavoro non poteva ritenersi cessato  e, quindi, che operava a pieno titolo il tetto di euro 30.000, realizzandosi la causa ostativa all’applicazione del regime forfettario.

Con la risposta ad Interpello n. 257/2021, l’Agenzia delle entrate ha esaminato, infine, l’ipotesi del soggetto che ha svolto prestazioni lavorative a beneficio di un datore di lavoro estero, arrivando alla conclusione che, nonostante il datore di lavoro sia un soggetto non residente, si è manifestato, comunque, un reddito da lavoro dipendente che entra, a pieno titolo, nell’ammontare del tetto soglia di euro 30.000 sicché, ove tale tetto sia superato, il contribuente dovrà abbandonare il regime forfettario.