I corrispettivi del forfettario nei mercatini dell’usato
di Clara PolletSimone DimitriL’Agenzia delle entrate si è occupata, con una risposta ad interpello, della certificazione dei corrispettivi da parte di un rivenditore in regime forfetario, in occasione delle vendite nei mercatini dell’usato. Si tratta di un’attività nella quale il rivenditore trattiene nel caso specifico il 50% del ricavato e riversa l’altro 50% al proprietario del bene venduto.
Non possono avvalersi del regime forfetario (di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, L. 190/2014) le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfetari di determinazione del reddito (circolare 9/E/2019).
In questo caso l’incompatibilità con il regime forfetario è in re ipsa, ogni qualvolta il regime speciale Iva o di determinazione dei redditi sia un regime obbligatorio ex lege.
Come già specificato con circolare 10/E/2016, paragrafo 2.3, non sono compatibili con il regime in esame i regimi speciali Iva e imposte sui redditi riguardanti ad esempio l’attività di rivendita di beni usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione (articolo 36 D.L. 41/1995).
L’esercizio di un’attività esclusa dal regime forfetario, in quanto soggetta a un regime speciale Iva o espressiva, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, di un reddito d’impresa o di lavoro autonomo determinato con modalità forfetarie, preclude l’applicazione della disciplina agevolata per tutte le altre attività anche se non soggette a un regime speciale.
L’attività svolta, nel caso della risposta n. 232 del 31.07.2020, è di agenzia di affari – consistente nella rivendita di beni terzi usati di proprietà di soggetti privati. Detta attività è soggetta a vigilanza, ai sensi l’articolo 115 R.D. 773/1931 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di seguito Tulps), sicché l’esercente ha l’obbligo di tenere un “registro giornale degli affari“ in cui sono annotate le generalità dei proprietari, i beni in vendita, il prezzo pattuito, nonché di “tenere permanentemente affissa nei locali dell’agenzia, in modo visibile, la tabella delle operazioni alle quali attendono, con la tariffa delle relative mercedi.” (cfr. articolo 120 Tulps).
È noto a chi acquista che i c.d. “mercatini dell’usato” commerciano i beni di soggetti terzi, cui è possibile risalire attraverso il controllo incrociato tra il numero seriale indicato sul cartellino del bene ed il numero di registrazione indicato nel registro degli affari. L’attività in argomento può essere ricondotta ad una cessione di beni di terzi secondo le regole del mandato con rappresentanza di cui all’articolo 1704 cod. civ..
Premesso che Il mandato con rappresentanza è affidato da soggetti privi di partita Iva, la cessione di un bene al cliente finale non è rilevante ai fini Iva e, quindi, può essere documentata dall’istante mediante una semplice quietanza. Delle somme incassate e custodite per conto terzi ne va tenuta traccia in appositi registri.
Ugualmente può essere documentato con una semplice quietanza il riversamento dell’importo pattuito al committente, da quest’ultimo sottoscritta.
È, invece, rilevante ai fini Iva il compenso spettante all’agente di affari (50% del prezzo di vendita) – sebbene, nel caso di specie, non soggetto alla rivalsa, secondo quanto previsto dal regime forfetario di cui all’articolo 1, comma 58, L. 190/2014 – e va dunque documentato con fattura, ordinaria o semplificata, in formato analogico oppure, facoltativamente, elettronico (articolo 1, comma 3, D.Lgs. 157/2015).
Diverso comportamento è da adottare nell’ipotesi in cui il bene da rivendere sia come da accordi tra le parti (mancata vendita e ritiro dopo un certo numero di giorni) trattenuto come omaggio: la successiva cessione dovrà essere certificata ordinariamente.
L’agente in affari deve dotarsi in questo caso del registratore telematico, oppure in alternativa, utilizzare la procedura web “documento commerciale online” – regolamentata dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 182017 del 28.10.2016, al fine di memorizzare e trasmettere telematicamente i corrispettivi ed emettere il documento commerciale. Vi è la facoltà – ovvero l’obbligo, a richiesta del cliente – di emettere fattura, ordinaria o semplificata, in formato analogico oppure, facoltativamente, elettronico.
L’Agenzia delle entrate risponde anche al quesito ai fini dell’imposizione diretta, circa l’assoggettamento ad imposta dell’intera somma incassata rispetto alla somma trattenuta.
Nel regime forfetario la base imponibile su cui applicare l’imposta sostitutiva è determinata, conformemente a quanto disposto dall’articolo 1, comma 64, L. 190/2014, applicando ai ricavi del periodo d’imposta – pari alle sole provvigioni concordate con i proprietari dei beni, ovvero all’intero corrispettivo incassato per la cessione dei beni acquisiti gratuitamente in proprietà – il coefficiente predefinito dal legislatore in considerazione della redditività di ciascuna attività.
Le spese sostenute rilevano, dunque, in base alla percentuale di redditività attribuita, in via presuntiva, all’attività effettivamente esercitata (circolare n. 9/E/2019, paragrafo 4.3).