I limiti dei poteri istruttori del giudice tributario
di Angelo GinexA differenza di quanto previsto dal codice di rito per il processo civile, nel contenzioso tributario, che è denominato a “istruzione esaurita”, non è contemplata una vera e propria fase istruttoria, in quanto eventuali ordinanze istruttorie sono emanate nel corso dell’udienza di discussione.
Tra i poteri istruttori del giudice tributario previsti dall’articolo 7 D.Lgs. 546/1992 (rubricato “Poteri delle commissioni tributarie”) vi sono quello di richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell’amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici compreso il corpo della Guardia di Finanza, nonché quello di disporre consulenza tecnica, quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità.
Con specifico riferimento alla consulenza tecnica è d’uopo sottolineare che la giurisprudenza è più volte intervenuta a precisarne regole e limiti di ammissione, onde evitare un suo utilizzo improprio e/o un ribaltamento degli oneri probatori delle parti.
Più nel dettaglio, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 6549/2008, inaugurando un orientamento giurisprudenziale che ancora oggi è condiviso, ha chiarito che la facoltà di disporre la consulenza tecnica deve essere interpretata alla luce del c.d. giusto processo di cui all’articolo 111 Cost., il quale non consente al giudice «di sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi oneri probatori, con la conseguenza che tale potere può essere esercitato soltanto ove sussista un’obiettiva situazione di incertezza, al fine d’integrare elementi di prova già forniti dalle parti, e non anche nel caso in cui il materiale probatorio acquisito agli atti imponga una determinata soluzione della controversia».
Altrimenti detto, il citato articolo 7 attribuisce al giudice tributario il potere di disporre l’acquisizione d’ufficio di mezzi di prova non per sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi oneri probatori, ma soltanto in funzione integrativa degli elementi di giudizio, il cui esercizio è consentito ove sussista una situazione obiettiva di incertezza e laddove la parte non possa provvedere per essere i documenti nella disponibilità della controparte o di terzi (Cfr. Cass., sent. n. 955/2016).
Successivamente, è stato altresì chiarito che la consulenza tecnica non è, dal punto di vista processuale, un mezzo di prova, bensì uno strumento di ausilio al patrimonio conoscitivo del giudice.
Infatti, i Giudici di vertice hanno precisato che la consulenza tecnica non è un mezzo istruttorio in senso proprio, come tale sottratto alla disponibilità delle parti, ma è un mezzo rimesso al potere discrezionale del giudice, al quale spetta stabilire se essa sia necessaria od opportuna, nel rispetto del duplice limite del divieto di servirsene per sollevare le parti dall’onere probatorio e dell’obbligo di motivare il rigetto della relativa richiesta (Cfr. Cass. sent. n. 24903/2013; Cass. sent. n. 2663/2013).
In tale consolidato indirizzo interpretativo si inserisce la recente sentenza n. 25261 del 9.10.2019, con cui la Corte di Cassazione, nel rammentare i suesposti principi, ha affermato che: «la consulenza tecnica d’ufficio non è un mezzo istruttorio in senso proprio, bensì un mezzo ausiliario ed integrativo di conoscenza e valutazione del giudice di merito. In quanto tale, spetta a quest’ultimo stabilire se – con riguardo all’emersione in corso di causa di particolari profili extragiuridici di natura tecnica o scientifica – essa sia necessaria ovvero opportuna al fine del decidere».
Nel caso di specie, il contribuente, destinatario di un avviso di rettifica e liquidazione, ai fini dell’imposta di registro, del valore di un immobile oggetto di compravendita, ricorreva per cassazione lamentando la nullità della sentenza d’appello per avere disposto la CTR una consulenza tecnica d’ufficio che non era servita a dirimere questioni di particolare complessità.
Nell’applicare i mentovati principi, la Suprema Corte ha osservato che la CTR ha fatto buon governo della norma contenuta nell’articolo 7 D.Lgs. 546/1992, dacché, fermo restando l’onere probatorio delle parti, «spetta al giudice di merito stabilire se la consulenza tecnica d’ufficio sia necessaria od opportuna» al fine di acquisire specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche, non essendo un mezzo istruttorio in senso proprio.
In definitiva, deve ritenersi pacifico il principio secondo cui il giudice tributario, in ragione delle contrastanti posizioni difensive delle parti, può disporre, nell’esercizio del suo potere discrezionale, la consulenza tecnica con l’intento di trarre elementi chiarificatori ai fini della decisione.