I luoghi dove vengono organizzati gli eventi e le manifestazioni sportive: i profili di responsabilità civile per gli organizzatori
di Arash BahavarCon sentenza n. 6806/2025 la Cassazione ha ribaltato la doppia pronuncia conforme di condanna nei confronti di un legale rappresentante di un sodalizio sportivo a seguito di infortunio occorso a un minore in occasione di un torneo di calcio mentre si trovava nei pressi del campo da gioco atteso che, per un verso, l’impianto sportivo non può essere qualificato ai sensi del D.Lgs. 81/2008 (c.d. TU) come luogo di lavoro in senso stretto e, per un altro, il legale rappresentante non può propriamente definirsi datore di lavoro.
La recente pronuncia della Corte di Cassazione
Con sentenza n. 6806/2025 la Cassazione ha ribaltato la doppia pronuncia conforme di condanna nei confronti di un legale rappresentante di un sodalizio sportivo a seguito di infortunio occorso a un minore in occasione di un torneo di calcio mentre si trovava nei pressi del campo da gioco atteso che, per un verso, l’impianto sportivo non può essere qualificato ai sensi del D.Lgs. 81/2008 (c.d. TU) come luogo di lavoro in senso stretto e, per un altro, il legale rappresentante non può propriamente definirsi datore di lavoro.
Dovendosi dare atto che il capo d’imputazione è unico e che i fatti risalgono al 2017, la Cassazione rileva che secondo consolidata giurisprudenza: “nella nozione di luogo di lavoro, rilevante ai fini della sussistenza dell’obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui viene svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità – sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro – della struttura in cui essa si svolge e dell’accesso ad essa da parte di terzi estranei all’attività lavorativa”.
Nella nozione di “luogo di lavoro”, rientra, quindi, ogni luogo in cui viene svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro e in cui il lavoratore deve o può recarsi per provvedere a incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività.
Nella specie, a prescindere dall’indifferenza delle finalità perseguite, nel luogo in cui è accaduto l’incidente non veniva svolta alcuna attività implicante prestazioni di lavoro, in alcun modo individuata dalle conformi decisioni di merito.
La sentenza in esame escludeva, quindi, che il campo sportivo fosse luogo di lavoro: alla luce di essa si poteva pertanto concludere che nessun profilo di responsabilità potesse ricorrere nei confronti del sodalizio organizzatore di un evento e/o manifestazione sportiva; lo stesso non si può invece dire oggi, alla luce della Riforma.
L’impatto della Riforma dello sport in materia di salute e sicurezza sul lavoro
L’articolo 33, comma 1, D.Lgs. 36/2021 nella prima parte prevede che: “Per tutto quanto non regolato dal presente decreto, ai lavoratori sportivi si applicano le vigenti disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, in quanto compatibili con le modalità della prestazione sportiva”.
A questo punto è doveroso precisare che:
- per lavoratore sportivo, ai sensi dell’articolo 25, comma 1, D.Lgs. 36/2021, deve intendersi l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico, il direttore di gara, nonché ogni tesserato che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, sulla base dei regolamenti dei singoli enti affilianti, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale;
- l’attività di lavoro sportivo, ai sensi dell’articolo 25, comma 2, D.Lgs. 36/2021, può costituire oggetto di un rapporto di lavoro subordinato o di un rapporto di lavoro autonomo, anche nella forma di collaborazioni coordinate e continuative (ex articolo 409, c.p.c.);
- le disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro si applicano, alla luce della lettura in combinato disposto dei commi 4 e 7, articolo 3, D.Lgs. 81/2008, ai lavoratori subordinati, autonomi e ai collaboratori coordinati e continuativi. Nel caso di questi ultimi, viene precisato, che il D.Lgs. 81/2008 trova applicazione qualora la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente dovendosi quindi affermare che l’applicazione del Decreto è limitata ai collaboratori che svolgono l’attività lavorativa entro i luoghi di pertinenza del committente dovendosi quindi escludere:
“quei collaboratori che, pur prestando l’attività esternamente, comunque vengono a contatto e (sopratutto) utilizzano strumenti di parte committente”[1].
Quanto detto non deve far cadere l’interprete in errore atteso che l’ultima parte dell’articolo 33, comma 1, D.Lgs. 36/2021, di fatto limita l’applicazione del D.Lgs. 81/2008 prevedendo nei confronti dei collaboratori con compenso annuo inferiore a 5.000 euro che i sodalizi sportivi siano tenuti ad adempiere solamente agli obblighi di cui all’articolo 21, comma 2, D.Lgs. 81/2008, previsto per i lavoratori autonomi ordinari e le imprese familiari.
Da ciò discende che i sodalizi che hanno solo volontari, lavoratori autonomi e/o collaboratori con compenso inferiore ai 5.000 euro non ricadranno in tutte le misure previste dal D.Lgs. 81/2008.
Tale aspetto tuttavia “non esclude l’eventuale responsabilità civile e penale del sodalizio per gli infortuni occorsi ai propri volontari/lavoratori autonomi, ma solo l’inapplicabilità, da parte degli organi di vigilanza, delle sanzioni legate agli obblighi prevenzionistici di cui al predetto Decreto”[2], con la diretta conseguenza che quanto previsto dalla sentenza n. 6806/2025 non può essere considerato “applicabile” per i fatti accaduti successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. 36/2021.
Le figure rilevanti dell’organizzazione dell’evento sportivo
L’organizzatore di eventi/manifestazioni sportive è colui il quale: “assumendosene tutte le responsabilità (civili, penali e amministrative) nell’ambito dell’ordinamento giuridico dello Stato, promuove “l’incontro” di uno o più atleti con lo scopo di raggiungere un risultato in una o più discipline sportive, indipendentemente dalla presenza o meno di spettatori e, dunque, a prescindere dal pubblico spettacolo”[3].
Preliminarmente è doveroso precisare che:
- il dominus dell’evento sportivo può assumere ogni forma consentita dall’ordinamento: ovverosia, una persona fisica o una persona giuridica (ad esempio, sodalizi sportivi od organismi sportivi)[4];
- gli organizzatori in relazione al loro rapporto con la programmazione dell’ordinamento di settore facente capo Coni possono essere ripartiti in[5]:
- organizzatori di diritto, ovvero soggetti affiliati a un organismo sportivo e da questi regolarmente autorizzati a organizzare eventi e/o manifestazioni (si pensi alle gare di campionato organizzate da un sodalizio sportivo);
- organizzatori di fatto, ovvero soggetti non affiliati a un organismo sportivo e quindi da questi non autorizzati (si pensi a un torneo di pallacanestro di bambine e bambini organizzato da un ETS iscritto solamente al Runts);
- organizzatori pro tempore, ovvero soggetti non affiliati a un organismo sportivo ma da questi autorizzati all’organizzazione di un evento sportivo.
- le caratteristiche che contraddistinguono l’organizzatore sono la finalità di promuovere la competizione e il potere di controllo e di direzione della stessa. È per tale ragione che:
“l’organizzatore, in linea di principio, incarna anche la figura di colui che potrà essere chiamato a rispondere dei pregiudizi eventualmente arrecati ai partecipanti alla gara, oppure a terzi, quali spettatori od estranei”[6].
Gli obblighi dell’organizzatore (cenni)
L’organizzatore di un evento/manifestazione sportiva è tenuto a osservare, al fine di assolvere i propri obblighi di controllo, una pluralità di disposizioni, finalizzate alla realizzazione della sicurezza dell’evento sportivo, quali essenzialmente:
a) prescrizioni di legge in senso stretto;
b) norme regolamentari sportive;
c) principi generali di comune prudenza.
Ne deriva che il rispetto delle prescrizioni regolamentari sportive non è sufficiente, ma è necessaria sia l’osservanza delle regole generali e particolari della materia sia l’osservanza delle comuni norme di prudenza e diligenza[7].
Ciò detto per un verso l’estensione degli obblighi di controllo facenti capo all’organizzatore risulta parametrata all’attività organizzativa richiesta[8] e, per un altro, l’essenzialità dell’attività di controllo dell’organizzatore risulta strumentale all’eliminazione dei fattori di rischio che incidano rispettivamente su:
- l’idoneità e la sicurezza del luogo in cui si svolge la manifestazione e degli impianti che vengono utilizzati;
- l’adeguatezza, la pericolosità e la conformità ai principi di sicurezza dei mezzi tecnici utilizzati dagli atleti, nonché curarsi della sicurezza di ogni altro partecipante, quali direttori di gara, arbitri, volontari e quant’altro[9];
- l’idoneità dell’atleta a partecipare alla competizione sia in ragione della sua esperienza sia in virtù delle sue condizioni psicofisiche.
Da ciò discende che l’organizzatore dovrà predisporre tutte le misure idonee a evitare il danno. Risulta coerente alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale[10], l’accettazione di criteri di prevedibilità che operino ex ante, con una previsione a priori di potenziali rischi di eventi lesivi originati dall’espletamento dell’attività o della manifestazione sportiva in svolgimento. Ciò si sostanzia in attività programmatorie mediante la previsione “di tutto il prevedibile, al di la delle prescrizioni statuali e regolamentari di settore e con una valutazione in concreto di ogni strumento volto a contenere il rischio nei limiti confacenti alla specifica attività sportiva” (c.d. rischio consentito)[11].
Sebbene si disponga un giudizio di valutazione di prevedibilità ex ante, per cui la produzione dell’evento lesivo sarebbe di per sé indice di prevedibilità, su un piano pratico, spesso si è assistito a una valutazione dei rischi a posteriori, soprattutto in sede giurisprudenziale, valutando il singolo caso concreto[12].
I profili di responsabilità
In continuità con quanto sopra, si può affermare che da un punto di vista civilistico l’organizzatore di un evento si assume ogni responsabilità per la propria attività, nei confronti di ogni soggetto interessato, rispondendo civilmente sia in via contrattuale sia in via extra contrattuale.
Per quanto concerne la responsabilità contrattuale, affinché venga a configurarsi deve sussistere un rapporto giuridico preesistente tra organizzatore e danneggiato (ad esempio, la partecipazione all’attività sportiva promossa dal sodalizio sportivo).
In applicazione del regime probatorio disposto dall’articolo 1218, cod. civ., norma applicabile per quanto qui interessa, il danneggiato deve provare che il danno si sia verificato nel corso dello svolgimento del rapporto; all’organizzatore, invece, incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa a lui non imputabile[13].
Passando alla responsabilità extra contrattuale: “chiunque subisca un danno ingiusto, derivante dall’evento sportivo e causato da dolo o colpa di chi ha organizzato, deve esser risarcito. Il risarcimento è condizionato dalla prova del danno patito, del nesso di causalità tralo stesso e l’evento che si assume dovuto a una condotta dolosa e colposa dell’organizzatore (così l’art. 2043 c.c.)”[14].
Richiamando quanto sopra riportato l’organizzatore risponde sia per le proprie scelte sia per l’operato dei suoi ausiliari (c.d. responsabilità vicaria ex articolo 2049, cod. civ.), siano questi dipendenti o collaboratori a titolo gratuito. In questo caso, la centralità della colpa, quale elemento caratterizzante della responsabilità extra contrattuale, è: “derogata in favore di ipotesi che, per parte della dottrina, sono da qualificarsi come responsabilità oggettiva, per altra parte come responsabilità aggravata, in ogni caso connessa alla presunzione assoluta di culpa in eligendo vel in vigilando, e, comunque, giungono sino all’organizzatore per via mediata dalle scelte operate da soggetti a lui riferibili”[15].
Per dispensare l’organizzatore dalle responsabilità per eventi dannosi eventualmente riconducibili alle proprie condotte e/o alla posizione di garanzia, non basterà, quindi, il rispetto dei regolamenti sportivi e delle prescrizioni amministrative (la cui mancanza, peraltro, non è automaticamente indice della responsabilità)[16] e civilistiche, ma sarà necessaria un’attività di specifica programmazione anche in ordine alla sicurezza dell’evento, mediante la previsione di tutto il prevedibile, al di là delle prescrizioni statuali e regolamentari di settore e con una valutazione in concreto di ogni strumento volto a contenere il rischio nei limiti confacenti alla specifica attività sportiva.
Riprendendo le attività di controllo di cui sopra è dunque possibile, a parere dello scrivente, affermare quanto segue:
- con riferimento l’idoneità e la sicurezza del luogo in cui si svolge l’attività sportiva l’organizzatore è tenuto a rispettare i requisiti stabiliti dalla normativa prevista dagli organismi sportivi affilianti, predisponendo comunque tutte le misure necessarie affinché l’uso di tali attrezzi non possa divenire pericoloso. L’organizzatore sarà perciò ritenuto responsabile se, a causa dell’inadeguatezza di questi attrezzi o anche della loro non corretta custodia, si cagionerà un danno[17];
- con riferimento all’adeguatezza, la pericolosità e la conformità ai principi di sicurezza dei mezzi tecnici utilizzati, in prima istanza si richiede il possesso delle condizioni di agibilità, in modo da garantire il regolare svolgimento della competizione nonché la sicurezza di atleti e spettatori. In tal caso la responsabilità dell’organizzatore si interseca con quella, simile, del gestore dell’impianto, dovendosi precisare che in tal caso è da escludersi la responsabilità dell’utilizzatore di un impianto – organizzatore di una gara – atteso che:
“il potere di utilizzazione della cosa è derivato all’utilizzatore da chi ha l’effettivo potere di ingerenza, gestione ed intervento sulla cosa (e cioè dal custode) e questi, per specifico accordo o per la natura del rapporto o anche più semplicemente per la situazione fattuale che si è determinata, ha conservato effettivamente la custodia nei termini sopra detti, la disponibilità della cosa che ne ha l’utilizzatore non comporta ad esso il trasferimento della custodia”[18]
- con riferimento all’idoneità fisica dell’atleta l’obbligo di vigilanza viene ottemperato mediante la presunzione semplice di idoneità per la presenza di certificazione medico-sportiva in regola con le vigenti leggi. L’organizzatore, pertanto, deve includere l’atleta nella manifestazione soltanto rilevata la sussistenza della certificazione, ma non può addentrarsi in approfondimenti ulteriori circa l’effettivo stato di salute al momento della gara e non risponde degli eventuali errori o falsità presenti nel certificato stesso.
L’applicazione dell’articolo 2050, cod. civ. all’organizzazione di eventi sportivi
Oltre a quanto previsto in precedenza, il codice civile prevede varie figure di responsabilità, c.d. speciali, in base alle quali il danneggiante risponde del danno cagionato anche in assenza di colpa, ovvero a condizioni, addirittura, aggravate rispetto all’ipotesi normale di cui all’articolo 2043, cod. civ..
Oltre alla responsabilità vicaria sopra accenta, il codice civile prevede all’articolo 2050 la species relativa all’esercizio delle attività pericolose.
Al riguardo giova rammentare che le attività pericolose sono non solo quelle qualificate tali dalle leggi di pubblica sicurezza o da altre leggi speciali, ma anche quelle che, per la natura dei mezzi usati e le circostanze concrete del loro uso, comportino una rilevante probabilità di concretizzazione del danno; una valutazione rimessa in sede di merito, alla stregua degli elementi acquisiti in giudizio “in base alle concrete circostanze di fatto in cui si è venuta svolgendo, tenendo conto sia della specifica capacità di chi è chiamato a svolgerla sia della potenzialità di danno che essa comporta”[19].
La giurisprudenza in più occasioni ha applicato la norma dell’articolo 2050, cod. civ., alle attività sportive, in modo da fondare una responsabilità sia nei confronti dei terzi sia nei confronti dei partecipanti all’evento, al fine di garantire agli stessi l’incolumità e la sicurezza in tutto l’arco temporale di svolgimento della manifestazione.
Considerando, però, che l’attività di organizzazione di attività sportive presenta caratteristiche neutre, si è potuto sostenere l’applicabilità dell’articolo 2050, cod. civ., nei confronti dell’organizzatore di manifestazioni e/o eventi sportivi nel caso in cui è stato possibile identificare, con una valutazione ex ante, una potenzialità dannosa dell’attività svolta.
In queste ipotesi, il concetto di fatto dannoso: “produttivo dell’obbligo di riparare, risulta essere più ampio della nozione di fatto illecito, sancito nell’art. 2043 c.c., in quanto il dovere di riparazione viene collegato anche a fatti che non rivestono la qualifica di illiceità, e cioè non dipendono dal dolo o dalla colpa del soggetto”[20]..
Si consideri che la giurisprudenza ha sempre manifestato una certa diffidenza nell’applicare l’articolo 2050, cod. civ., ai danni patiti dagli atleti durante lo svolgimento di eventi e/o manifestazioni sportive, ritenendo che gli iscritti, ponendo in essere la propria attività, accetterebbero il rischio a questa connesso[21].
Questo atteggiamento derivava: “dalla considerazione secondo la quale, in virtù dell’accettazione del rischio, da parte di coloro che partecipano all’attività agonistica, dei danni rientranti nell’alea normale del gioco, gli organizzatori, al fine di sottrarsi alla pretesa risarcitoria avanzata nei loro confronti, avrebbero il solo onere di dimostrare di aver adottato le normali cautele atte a contenere il suddetto rischio nei limiti della specifica attività sportiva in quanto, d’altro canto, non potrebbero assolutamente controllare il comportamento dei singoli partecipanti”[22].
Deve pertanto ritenersi che: “l’incidenza dell’accettazione del rischio sull’individuazione della disciplina applicabile nei rapporti tra organizzatore e agonista, trovi il suo fondamento nel fatto che, tra i soggetti protetti dall’art. 2050c.c., non possono ricomprendersi coloro che con la loro condotta contribuiscono allo svolgimento dell’attività ovvero, come nel caso degli atleti, pongono in essere tale attività. Ne deriva che, se non emergono specifici profili di responsabilità nell’attività dell’organizzatore della competizione sportiva, deve escludersi a monte che l’inevitabile rischio accettato dagli atleti consenta di ritenere pericolosa la propria condotta. Nei confronti degli spettatori, invece, un orientamento maggioritario ha ritenuto di qualificare l’attività dell’organizzatore come pericolosa. … Infatti, l’organizzatore dovrà assicurare allo spettatore da un lato, la prestazione pattuita (ovvero il diritto al godimento dello spettacolo sportivo) e dall’altro, dovrà tenerlo indenne da qualsiasi danno che possa verificarsi per non aver adottato le misure idonee ad evitarlo. Inoltre, nell’adempimento dei doveri posti a suo carico, l’organizzatore dovrà anche garantire la presenza delle Forze dell’Ordine, le quali devono collaborare con l’organizzatore nel caso in cui le intemperanze del pubblico possano turbare omettere in pericolo il corretto andamento della competizione e l’incolumità della generalità degli spettatori”[23].
[1] L. Fantini, M. Tiraboschi, “Il testo unico della salute e sicurezza sul lavoro dopo il correttivo (D.Lgs. n.106/2009)”, Milano, 2009, pag. 402.
[2] G. Anastasio, “Salute e sicurezza nel lavoro sportivo”, Associazioni e sport n. 2/2024.
[3] P. Dini, “L’organizzatore e lecompetizioni: limiti alla responsabilità”, in Riv. Dir. Sport., 1971.
[4] La questione non è prettamente teorica atteso che la natura giuridica dell’organizzatore ha importanti conseguenze anche in ordine all’assunzione di responsabilità per l’attività espletata a seconda che l’ente sia dotato o meno di personalità giuridica.
[5] Tale suddivisione rileva solamente ai fini dell’omologazione dei risultati con la diretta conseguenza che se l’organizzatore ha posto in essere una condotta penalmente o civilisticamente rilevante risponderà del suo operato davanti al giudice ordinario.
[6] E. Caggiano, “Responsabilità dell’organizzatore e responsabilità dei delegati alla sicurezza”, in www.figc.it.
[7] Tribunale Busto Arsizio, 22 febbraio 1982.
[8] S. Indraccolo, “L’organizzazione di eventi sportivi”, in Manuale di diritto sportivo, a cura Di Nella, Napoli,2010, pag. 177 e ss..
[9] In tema di responsabilità civile per lesioni cagionate nel contesto di un’attività agonistica, non possono considerarsi partecipanti solo gli atleti in gara ma anche tutti coloro che sono posti al centro o ai limiti del campo di gara per compiere una funzione indispensabile allo svolgimento della competizione, così Cassazione n. 20908/2005.
[10] Cassazione n. 20908/2005.
[11] Tribunale Patti 15 luglio 2010.
[12] Tribunale Roma n.1393/1992.
[13] Cassazione n. 3589/2016 e n. 3680/2011.
[14] S. Galligani e A. Piscini, “Riflessioni per un quadro generale della responsabilità civile nell’organizzazione di un evento sportivo”, in Rivista diritto ed economia dello sport, volume III, 2007, pag. 116.
[15] S. Galligani e A. Piscini, op. ult. cit., pag. 117.
[16] Cassazione n. 207/1975.
[17] Tribunale Rovereto 10 dicembre 1971.
[18] Cassazione n. 1948/2003.
[19] Tribunale Novara n. 241/2011.
[20] M. Sanino, F. Verde, “Il diritto sportivo”, Milano, Roma, 2008, 495.
[21] F. Di Ciommo, “Il punto sulla R.C. dell’organizzatore di eventi sportivi e sui (nuovi?) rapportitra CONI e Federazioni alla luce del d.lgs. 242/1999”, in Danno e Resp., n. 6, 2000, 614.
[22] A. Cerbara, “Natura dell’attività di predisposizione del campo di gara” in Rivista Diritto ed economia dello sport, volume I, 2009, pag.116. In giurisprudenza si veda Cassazione n. 1564/1997.
[23] A. Cerbara, op. ult. cit., pag. 117.
Si segnala che l’articolo è tratto da “Associazioni e sport”.





