I non residenti sono sostituti di imposta?
di Ennio VialVita PozziUna domanda apparentemente banale è la seguente: i non residenti devono operare la ritenuta a titolo di acconto del 20% sui compensi corrisposti ad un professionista italiano? La risposta scontata appare quella negativa. I soggetti non residenti opereranno eventualmente una ritenuta dovuta in base alla loro disciplina interna, ma sicuramente non sono sostituti di imposta in Italia a meno che, ovviamente, non abbiano una stabile organizzazione nel nostro territorio.
La questione merita tuttavia un approfondimento. Un risalente intervento sul punto è costituito dalla Nota n. 12/649 dell’8 luglio 1980. Il caso affrontato è stato quello degli Enti non residenti senza stabile organizzazione in Italia i quali, pur non essendo in proprio soggetti d’imposta nel nostro Paese, si avvalgono di collaboratori dipendenti od autonomi residenti nel territorio nazionale. Si chiede se possano esimersi dall’essere considerati “sostituti d’imposta” e di conseguenza non obbligati agli adempimenti previsti a carico di tali soggetti dalla vigente legislazione tributaria.
In quell’occasione è stato evidenziato come l’art. 4 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 dispone che le società od enti che non hanno la sede legale o amministrativa nel territorio dello Stato debbono indicare nella dichiarazione dei redditi l’indirizzo della stabile organizzazione nel territorio dello Stato in quanto vi sia e, in ogni caso, le generalità e l’indirizzo in Italia di un rappresentante per i rapporti tributari. Si evidenzia come il citato articolo sia stato abrogato dal “decreto semplificazioni” – D. Lgs. n. 175/2014 – pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 277 del 28 novembre 2014.
Le conclusioni di quella nota sono le seguenti: se il soggetto non residente è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi, allora opera anche come sostituto di imposta. Diversamente, se gli enti non residenti non sono tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi nel nostro Paese in quanto non soggetti d’imposta, nei confronti di tali enti mancherebbero i presupposti per attribuire loro la funzione di sostituto d’imposta. La motivazione di tale esclusione discenderebbe dal fatto che, pur essendo ricompresi nell’art. 23 del D.P.R. n. 600/1973, ne vengono oggettivamente esclusi per ovvii motivi attinenti alla delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato.
Le tesi esposte nella Nota non paiono condivisibili, in quanto sembrano distinguere il caso in cui il soggetto non residente ha una presenza significativa nel nostro Paese pur in assenza di una stabile organizzazione. Potrebbe trattarsi, a titolo di esempio, di un ufficio di rappresentanza, dove magari viene assunto un dipendente o un collaboratore a progetto e dove ci si avvale di consulenti terzi con partita iva in pianta stabile.
Diverso, invece, è il caso di un soggetto non residente che paga una parcella ad un notaio per l’acquisto di un immobile in Italia. In questo caso, come fa il soggetto a sapere se deve presentare la dichiarazione dei redditi? Certamente, i fabbricati sono da dichiarare nel quadro RB ma l’adempimento avverrà l’anno successivo; inoltre potrebbero esserci o intervenire discipline che escludono la tassazione ai fini reddituali (ad esempio in presenza di un effetto assorbente dei redditi in capo ad imposte patrimoniali).
Il ruolo di sostituto di imposta non può essere legato al mero fatto che un soggetto non residente sia obbligato a presentare una dichiarazione dei redditi, quanto piuttosto per il fatto che egli abbia una presenza come una base fissa, che tuttavia non costituisce una stabile organizzazione.
In tal senso, peraltro, depone anche la più recente e nota C.M. n. 326/E/1997 la quale, oltre a non richiamare la Nota del 1980, pur elencando tra i sostituti di imposta anche i soggetti non residenti, precisa espressamente (anche se con una formulazione non proprio felice) che risultano sostituti “per i redditi corrisposti da loro sedi fisse in Italia”.
Sembra quindi richiesta una presenza con un minimo di consistenza nel nostro Paese, che non può configurarsi per la mera presenza di qualche immobile o per l’effettuazione di una prestazione occasionale che non subisce una ritenuta alla fonte da parte del committente italiano pagatore.
In questo caso, la presentazione del Modello Unico non può implicare sic et simpliciter l’assunzione del ruolo di sostituto di imposta nel caso di un acquisto di un servizio da un professionista residente.