I nuovi obblighi di fattura elettronica per forfettari ed enti non commerciali
di Roberto CurcuIl prossimo 1.1.2024 scatterà l’obbligo generalizzato di emissione di fattura elettronica, anche per i soggetti ad oggi ancora esclusi, quali soggetti minimi, forfettari, ed enti non commerciali che applicano le disposizioni della L. 398/1991.
Tali soggetti, lo ricordiamo, sono stati esclusi dall’obbligo di emissione della fattura elettronica fino alla fine del 2023, se l’ammontare dei loro ricavi o compensi (ragguagliato ad anno) relativo all’anno 2021, non avesse superato l’importo di euro 25.000.
L’obbligo di fattura elettronica, come detto, scatterà dal prossimo 1.1.2024. Chiaramente, il soggetto che emetterà entro il 31.12.2023 una fattura “analogica” inviandola, ad esempio, attraverso una mail al cessionario o committente, rispetterà la normativa, e tale documento allegato alla mail (da considerarsi come fattura analogica) rispetterà in pieno la normativa.
Ma come comportarsi per quei documenti datati 2023 ed inviati/ricevuti nel 2024?
Guardando la norma, la fattura si considera emessa quando viene consegnata, spedita, trasmessa o messa a disposizione del cessionario o committente (articolo 21, comma 1, ultimo periodo, D.P.R. 633/1972). In conseguenza di ciò, una fattura cartacea spedita per posta ordinaria il 31.12. e ricevuta dal cliente il 5.1., si considera emessa in dicembre, in quanto fa fede la data di spedizione, cioè il momento in cui si consegna ad un vettore (es. le poste) la cosa da trasportare. Emessa in dicembre sarà, altresì, la fattura consegnata, cioè passata di mano dal cedente/prestatore al cessionario/committente entro la fine dell’anno. Una fattura digitalizzata in un file, spedito per posta elettronica in gennaio 2024, invece, si considererà emessa nel 2024, e, quindi, la cosa non dovrebbe essere considerata regolare; mancando, infatti, una regolare “emissione” del documento entro il 31.12.2023, dal 2024 l’invio del documento via mail non è più consentito, dovendo provvedere all’invio del file XML tramite SdI.
Questo problema, peraltro, lo si riscontrò anche nel gennaio 2018, quando l’obbligo di fattura elettronica coinvolse la maggior parte dei contribuenti. Allora, l’Agenzia delle entrate, in una risposta ancora presente sul suo sito internet, rispose alla domanda di chi riceveva, nel 2019, fatture datate 2018, non in formato elettronico, ma cartaceo o via mail. La risposta fu la seguente: L’obbligo di fatturazione elettronica scatta, in base all’art. 1, comma 916, della legge di Bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017 n. 205), per le fatture emesse a partire dal 1° gennaio 2019. Pertanto, il momento da cui decorre l’obbligo è legato all’effettiva emissione della fattura. Nel caso rappresentato, se la fattura è stata emessa e trasmessa nel 2018 (la data è sicuramente un elemento qualificante) in modalità cartacea ed è stata ricevuta dal cessionario/committente nel 2019, la stessa non sarà soggetta all’obbligo della fatturazione elettronica. Ovviamente, se il contribuente dovesse emettere una nota di variazione nel 2019 di una fattura ricevuta nel 2018, la nota di variazione dovrà essere emessa in via elettronica.
In definitiva, se la fattura o la nota di variazione riporta una data dell’anno 2018, la fattura potrà non essere elettronica; se la fattura o la nota di variazione riporta una data dell’anno 2019, la fattura dovrà essere elettronica.
Si evidenzia che l’ultima frase fu introdotta in un momento successivo, in quanto la lettura della sola prima frase portava autorevole dottrina a ritenere che una fattura datata 2018 e ricevuta per PEC nel 2019 doveva considerarsi emessa nel 2019.
Ipotizzando che, anche per il nuovo obbligo di fattura elettronica che scatterà nel 2024 si possano applicare questi principi, un suggerimento potrebbe essere quello di limitare questo atto di tolleranza concesso dall’Agenzia delle entrate a minimi e forfettari, i quali – come noto – emettono documenti sui quali non c’è addebito di Iva e, quindi, per il cessionario o committente, imposta da detrarre.
Per quanto riguarda, invece, le fatture degli enti non commerciali, che riportano degli addebiti di Iva che sono in genere detraibili per i committenti, la questione rischia di essere un po’ più delicata per due ordini di motivi.
Il primo, è che la detrazione dell’Iva deve essere esercitata nell’anno di ricezione della fattura, e quindi – considerate quelle trasmesse con mezzi elettronici – l’anno di emissione e quello di ricezione dovrebbero coincidere.
Il secondo problema è quello di non incorrere in possibili anomalie (leggi perdite di tempo) legate al fatto che, nel 2024, si è portata in detrazione una imposta su un documento diverso da fatture elettroniche transitate da Sdi e bolle doganali (gestite verosimilmente sempre dai sistemi informatici dell’Agenzia). Insomma, non ci sarebbe da stupirsi se la detrazione di un documento cartaceo, da una liquidazione 2024, portasse un domani l’Agenzia all’emissione di avvisi di irregolarità.