I presupposti oggettivi della composizione negoziata: l’insolvenza reversibile
di Francesca Dal PortoIl nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, nel testo entrato in vigore il 15 luglio scorso, si occupa della composizione negoziata della crisi di impresa nel titolo II della parte prima, agli articoli 12 e ss..
Tra i presupposti oggettivi per l’accesso al nuovo istituto, si ricorda che lo stesso articolo 12 del CCII prevede l’esistenza di una situazione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che renda probabile la crisi o l’insolvenza dell’impresa e risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento della stessa.
Il concetto di situazione di squilibrio economico-finanziario era già stato utilizzato nella prima versione del codice della crisi, per definire la “crisi” stessa. Ma con il D.Lgs. 83/2022, la definizione di “crisi” di cui all’articolo 2 del CCII è stata riscritta come “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”.
La nuova procedura di composizione è stata introdotta con l’articolo 2 D.L. 118/2021, convertito con la L. 147/2021 e la definizione dei presupposti, oggi contenuta nell’articolo 12 del CCII, è stata ripresa dall’articolo 2 D.L. 118/2021.
Già in quella sede, si era aperto un dibattito relativo all’interpretazione da darsi ai presupposti necessari per l’accesso all’istituto.
In particolare, ci si chiedeva se l’insolvenza dovesse considerarsi come uno stato irreversibile o meno, stante la definizione di cui all’articolo 2 del CCII e se, nel caso in cui si potesse considerare come stato reversibile, fosse in questo caso possibile l’accesso alla composizione negoziata.
Alcune pronunce giurisprudenziali, successive all’entrata in vigore del D.L. 118/2021 e quindi del Codice della Crisi nella versione definitiva, hanno cercato di dirimere la questione.
In particolare, una volta accertato lo stato di insolvenza dell’impresa prima della presentazione dell’istanza di accesso alla composizione negoziata, ci si chiede se la stessa possa essere ugualmente presentata.
Una tesi più ancorata alla definizione letterale dei presupposti tende ad escludere tale possibilità, dovendosi ritenere precluso l’accesso all’istituto a quelle imprese che risultino già decotte al momento di presentazione della domanda.
Tale tesi è coerente con la finalità della composizione negoziata che è quella di determinare una emersione precoce della crisi: consentire l’accesso all’istituto a imprese insolventi parrebbe snaturare tale volontà.
In realtà c’è chi ha fatto notare che tale obiettivo è in buona parte stato depotenziato, con l’eliminazione di tutto quel complesso sistema di strumenti di allerta originariamente previsto dal legislatore nel codice della crisi, non più presente nella versione definitiva del Codice.
Questa, in particolare, è l’interpretazione del Tribunale di Bologna con la sentenza del 08.11.2022: per valutare la possibilità di accesso alla composizione negoziata, va posto il focus non tanto sulla situazione di insolvenza in cui versa l’impresa, quanto sulla circostanza che risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento.
Questa situazione, che deve essere verosimilmente documentata e dimostrata con elaborazione di piani previsionali idonei, può far sì che anche una situazione di insolvenza diventi reversibile.
Lo stesso articolo 21, comma 1, CCII contempla il caso in cui, nel corso delle trattative, risulti che l’imprenditore sia insolvente: da più parti tale precisazione è stata interpretata nel senso di ritenere possibile che l’insolvenza, emergente durante le trattative, fosse in realtà già sussistente prima dell’avvio della composizione stessa.
D’altro canto, anche l’applicazione del test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’articolo 13 del CCII contempla, tra i possibili esiti, situazioni già ampiamente compromesse.
Il test ha l’obiettivo di misurare la sostenibilità del debito, rapportando l’entità del debito da ristrutturare con i flussi finanziari liberi pisti annualmente al servizio dello stesso.
Il debito è sostenibile quando l’impresa è in grado di generare flussi di cassa sufficienti a fronteggiare sia il fabbisogno finanziario derivante dalla normale operatività, sia quello relativo all’obbligo di restituzione dei finanziamenti ottenuti, comprensivi dei relativi oneri finanziari.
Il rapporto può dare risultati molto diversi: in particolare quando sia particolarmente elevato (superiore a 5 o 6) o quando addirittura ci sia disequilibrio economico, all’impresa non è preclusa la possibilità di presentare domanda di accesso alla composizione negoziata.
In questo caso, l’impresa, nel piano di risanamento, dovrà prevedere interventi in discontinuità molto significativi, fino ad arrivare alla cessione dell’azienda stessa se necessario, tali da far sì che si possa ragionevolmente prevedere il risanamento dell’attività.